Validità del ricorso nativo digitale privo di firma: la pronuncia delle Sezioni Unite

La Redazione
14 Marzo 2024

Le Sezioni Unite si sono espresse per la validità di un ricorso nativo digitale, ma privo di firma, dal momento che il difensore aveva provveduto a depositarne una copia analogica sottoscritta, da cui era possibile desumere con certezza la paternità dell’atto.

Nella vicenda in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla validità di un ricorso redatto in originale informatico, ma privo di sottoscrizione digitale a cui era seguito il deposito in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dal difensore. La questione è se tale vizio comporti l'inesistenza (non sanabile) dell'atto o la sua nullità, passibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo.

Il dettato dell'art. 365 c.p.c. che impone che il ricorso per cassazione sia “sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto in apposito albo”, comporta un deficit strutturale dell'atto che sia privo di firma, mancando un elemento indispensabile per la sua formazione e, nella vicenda in oggetto, l'ordinanza interlocutoria richiamava un orientamento consolidato secondo cui il difetto di sottoscrizione di atti da parte del difensore è riconducibile alla categoria dell'inesistenza, in applicazione del c.d. principio generale di inesistenza della sentenza priva di sottoscrizione del giudice, sancito dall'art. 161, comma 2, c.p.c.

Secondo Cass. n. 14338/2017, la nullità del ricorso privo di firma digitale deriva dall'equiparazione di quest'ultima alla firma autografa, come stabilito dal d.lgs. n. 82/2005, per cui costituisce un “requisito dell'atto introduttivo […] in formato analogico”.

Cass. sez. un. n. 22438/2018 ha affermato il principio secondo cui il ricorso predisposto in originale come documento informatico deve essere sottoscritto con firma digitale, a pena di nullità dello stesso, salvo che sia possibile ascriverne comunque la paternità certa, in applicazione del diverso principio di raggiungimento dello scopo. Ciò risponde al principio di effettività della tutela giurisidizionale, secondo l'esigenza che la correttezza formale sia sempre funzionale al valore sostanziale e non costituisca un obiettivo autonomo, capace di invalidare un atto sulla cui paternità non sussistono dubbi e che abbia raggiunto il proprio scopo.

La S.C. evidenzia come sia necessario tenere conto dei diversi regimi venutisi a creare dapprima, con la facoltatività del deposito telematico (a partire dal 31 marzo 2021) nel giudizio di cassazione e, in seguito, con la sua obbligatorietà a partire dal 1° gennaio 2023 (art. 196-quater disp. att. c.p.c.).

In questo contesto, non potendosi procedere in cassazione al deposito telematico del ricorso nativo digitale era onere della parte attestare la conformità all'atto processuale della copia analogica notificata (art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994) e la sopracitata sentenza n. 22438/2018 ha ribadito che la mancanza di sottoscrizione costituisce un vizio idoneo a determinare la nullità dell'atto, salvo che sia possibile desumerne aliunde la paternità, proprio in ragione del principio del raggiungimento dello scopo. E la stessa giurisprudenza di legittimità assegna all'elemento formale della sottoscrizione la funzione di nesso tra il testo e il suo apparente autore, a dimostrazione di detta paternità.

Tale essenziale funzione di accertamento può essere assolta anche tramite ulteriori elementi qualificanti, diversi dalla firma, ma che consentano di avere certezza su chi sia l'autore dell'atto.

L'orientamento giurisprudenziale maggioritario si fonda sul principio di effettività della tutela giurisdizionale (ex artt. 24 e 111 Cost.; art. 27 Carta di Nizza; art. 19 Trattato sull'Unione europea; art. 6 CEDU), secondo cui eventuali restrizioni del diritto della parte ad accedere a un tribunale debbano rispettare i criteri fondamentali di ragionevolezza e proporzionalità. Da qui l'esigenza che i vincoli formali siano strumentali al merito e non ostacolino inutilmente lo scopo che l'atto ha prefisso.

Sulla scorta di quanto sopra esposto deve ritenersi che la notifica dell'atto nativo digitale inviato da casella PEC censita nel registro Reginde e il deposito di copia dello stesso in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dal difensore rappresentino elementi univoci da cui poter desumerne con certezza la paternità e l'eccepito vizio di mancata sottoscrizione debba perciò considerarsi sanato.

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