Trattamento illecito di dati: Europol e lo Stato UE coinvolto in un’attività di indagine rispondono solidalmente ai fini del risarcimento del danno all’interessato

La Redazione
14 Marzo 2024

Nella causa del 5 marzo C-755/21 P, la CGUE ha affermato che se nell'ambito di un'attività di cooperazione tra Europol e lo Stato membro interessato si è verificato un trattamento illecito di dati personali, le due entità rispondono in solido di tale danno. L'interessato che intenda ottenere il risarcimento integrale del danno da Europol o dallo Stato membro coinvolto nell'attività di indagine transfrontaliera  deve soltanto dimostrare che, in occasione della cooperazione tra i due soggetti, è stato effettuato un trattamento illecito di dati che gli ha arrecato un pregiudizio. Non è necessario che egli dimostri altresì a quale di dette entità tale trattamento illecito è imputabile.

A seguito dell'assassinio in Slovacchia, il 21 febbraio 2018, di un giornalista slovacco e della sua fidanzata, le autorità slovacche hanno condotto un'indagine su vasta scala. Su richiesta di tali autorità, l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) ha estratto i dati memorizzati su due telefoni cellulari che sarebbero appartenuti al giornalista.

Europol ha trasmesso alle suddette autorità le proprie relazioni scientifiche ed ha consegnato loro un disco rigido contenente i dati criptati estratti. Nel maggio 2019, la stampa slovacca ha pubblicato delle informazioni relative al giornalista ricavate dai suoi telefoni cellulari, e segnatamente alcune trascrizioni di sue comunicazioni di natura intima. Inoltre, in una delle sue relazioni, Europol ha indicato che il giornalista si trovava in stato di detenzione dal 2018 per un presunto reato finanziario e che il suo nome era, in particolare, direttamente collegato agli «elenchi cosiddetti mafiosi» ed ai «Panama Papers».

Il giornalista ha presentato dinanzi al Tribunale dell'Unione Europea una domanda di risarcimento per un ammontare di EUR 100 000 al fine di veder ristorato da Europol il danno morale che egli ritiene di aver subito a causa del trattamento illecito dei suoi dati. Con sentenza del 29 settembre 2021 (T-528/20), il Tribunale ha respinto il suo ricorso. Esso ha concluso, da un lato, che il giornalista non aveva fornito la prova di un nesso di causalità tra il danno fatto valere e il comportamento di Europol e, dall'altro, che egli non aveva provato che gli «elenchi cosiddetti mafiosi» fossero stati elaborati e tenuti da Europol.

 Il giornalista ha proposto un'impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia.

Nella sua sentenza, la Corte giudica che il diritto dell'Unione istituisce un regime di responsabilità in solido di Europol e dello Stato membro nel quale si è prodotto il danno a seguito di un trattamento illecito di dati verificatosi nell'ambito di una cooperazione tra essi. In una prima fase, la responsabilità in solido di Europol o dello Stato membro interessato può essere chiamata in causa, rispettivamente, dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione Europea o dinanzi al giudice nazionale competente. Eventualmente, una seconda fase può svolgersi davanti al Consiglio di amministrazione di Europol al fine di stabilire la «responsabilità finale» di Europol e/o dello Stato membro interessato per il risarcimento corrisposto alla persona fisica lesa.

Per far sorgere tale responsabilità solidale nell'ambito della prima fase, la persona fisica interessata deve soltanto dimostrare che, in occasione di una cooperazione tra Europol e lo Stato membro interessato, è stato effettuato un trattamento illecito di dati che gli ha causato un danno. Contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, non è necessario che tale persona dimostri in aggiunta a quale di queste due entità detto trattamento illecito è imputabile.

Di conseguenza, la Corte annulla la sentenza del Tribunale su tale punto. Statuendo essa stessa sulla controversia, la Corte giudica che il trattamento illecito di dati, rappresentato dalla divulgazione a persone non autorizzate di dati relativi a conversazioni intime tra il giornalista e la sua amica, ha portato a rendere tali dati accessibili al pubblico mediante la stampa slovacca. La Corte ritiene che tale trattamento illecito abbia violato il diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata e familiare nonché delle sue comunicazioni ed abbia pregiudicato il suo onore e la sua reputazione, ciò che gli ha causato un danno morale. La Corte concede al giornalista un risarcimento di un ammontare di EUR 2 000 a titolo di ristoro di tale danno.