Interpretazione della clausola compromissoria: arbitrato rituale o irrituale?

La Redazione
22 Marzo 2024

Non è sempre chiaro e immediato stabilire se con la clausola compromissoria le parti abbiano inteso affidarsi a un arbitrato rituale o irrituale. In questa pronuncia la Cassazione chiarisce criteri e modalità di interpretazione della clausola stessa e, inoltre, richiamando il proprio orientamento consolidato, ribadisce quali sono le differenze tra i due diversi tipi di arbitrato.

In tema di clausola compromissoria, al fine di valutare se la stessa contenga un patto di deferimento della controversia ad un arbitrato di tipo rituale ovvero irrituale, occorre non solo tener conto dell'intero contesto della scrittura compromissoria, ma anche interpretare la clausola medesima con riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti e al comportamento complessivo delle stesse, senza che il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell'arbitrato rituale deponga univocamente nel senso dell'irritualità dell'arbitrato.

Nello specifico, al comportamento complessivo delle parti va attribuita la rilevanza di cui all'art. 1362 c.c., che consente di prenderlo in considerazione in via sussidiaria, ove i risultati dell'interpretazione letterale e logico-sistematica non siano appaganti.

La pronuncia in commento offre anche l'occasione alla Suprema Corte di ribadire quali siano gli elementi distintivi tra l'arbitrato rituale e irrituale. Sicuramente entrambi i tipi di arbitrato sono riconducibili all'autonomia negoziale ed alla legittimazione delle parti a derogare alla giurisdizione per ottenere una decisione privata della lite. La differenza tra l'uno e l'altro non può fondarsi sul rilievo che, con l'arbitrato rituale, le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, ma va ravvisata nel fatto che:

  • nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all' art. 825 c.p.c.., con l'osservanza delle regole del procedimento arbitrale;
  • nell'arbitrato irrituale, esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà.

Nel caso concreto, il tenore della clausola compromissoria inserita in uno statuto di società recitava:

Le controversie insorgenti tra la società e i soci, l'organo amministrativo ed il liquidatore, in dipendenza delle presenti norme di funzionamento della società, purché compromettibili, saranno decise dalla Camera Arbitrale presso la CCIAA competente per territorio. Il Collegio arbitrale funzionerà con poteri di amichevole compositore e provvederà anche sulle spese e competenze spettanti agli arbitri.

La Cassazione, all'esito del suo esame, ha interpretato nel senso che le parti abbiano inteso dare vita ad un arbitrato irrituale, non potendo attribuirsi alcuna valenza di segno contrario a quello che è stato il comportamento degli Arbitri, con le scelte procedimentali da questi ultimi seguite (in tal senso anche Cass. 18 novembre 2015 n. 23629 ).

Il riferimento ai "poteri di amichevole compositore" rivela chiaramente la volontà delle parti di ricorrere a strumenti esclusivamente negoziali, proponendo alla Camera Arbitrale domanda di arbitrato irrituale.

Inoltre - sottolinea la Corte - non risultano evocate nella clausola sopra riportata specifiche attività procedimentalizzate degli arbitri  puntuali criteri di nomina degli stessi tali da poterne inferire l'oggettivo carattere di terzietà , infine, risulta compiutamente precisato l'oggetto dell'attività concretamente affidata al collegio arbitrale, stante il generico richiamo a controversie sorte "in dipendenza delle presenti norme di funzionamento della società".

La Suprema Corte ha affermato, pertanto, la natura irrituale dell'arbitrato voluto dalle parti non solo per il fatto che le funzioni attribuite agli arbitri fossero quelle di "amichevole compositore" , ma anche per tutti gli altri elementi sopra esposti, da cui emerge l'intenzione delle parti di pervenire alla pronuncia di un lodo irrituale, inidoneo a produrre gli effetti di cui all' art. 825 c.p.c., tant'è che nessuna delle parti ne ha richiesto l'esecutività.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.