Il diritto di sciopero e la CEDU: ammesse le restrizioni che non privano di contenuto il diritto di associazione sindacale

18 Marzo 2024

La Corte EDU, con la decisione della Grande Camera, del 14 dicembre 2023, Humpert e altri c. Germania, ric. nn. 59433/18, n. 59477/18, 59481/18 e 59494/18, ha dichiarato che le sanzioni disciplinari conservative inflitte a quattro insegnanti tedeschi muniti dello status di funzionari pubblici per avere partecipato a scioperi indetti dal sindacato di appartenenza, e, più in generale, il divieto di partecipazione a scioperi imposto ai funzionari pubblici dal diritto tedesco, su cui le sanzioni si fondano, non violano l'art. 11 CEDU. Nel respingere i ricorsi, la Corte ha affermato che lo sciopero non è un elemento essenziale della libertà di associazione sindacale, tutelata dall'art. 11 CEDU, e pertanto il suo esercizio può essere soggetto a restrizioni a condizione che tali restrizioni non svuotino di contenuto il diritto di associazione sindacale.

Massime (non ufficiali)

Il diritto di sciopero è uno strumento importante che consente al sindacato di far sentire la propria voce e di proteggere gli interessi dei suoi membri e consente agli stessi membri di difendere i loro interessi (§ 104).

L’azione di sciopero è protetta dall’art. 11 CEDU [1] se indetta dal sindacato (§ 104).

Il divieto di sciopero deve essere considerato una restrizione del potere del sindacato di proteggere gli interessi dei suoi membri e costituisce quindi una limitazione della libertà di associazione del sindacato e dei suoi membri (§ 105).

La questione se un divieto di sciopero incida su un elemento essenziale della libertà sindacale, perché rende quest'ultima priva di sostanza, dipende dal contesto e non può essere risolta in astratto o considerando il divieto di sciopero isolatamente (§ 109).

Al fine di decidere se un divieto di sciopero incida sul contenuto essenziale della libertà sindacale occorre valutare tutte le circostanze del caso, considerando la totalità delle misure adottate dallo Stato convenuto per garantire la libertà sindacale, eventuali mezzi alternativi – o diritti – concessi ai sindacati per far sentire la loro voce e proteggere gli interessi professionali dei loro membri, e i diritti concessi ai membri del sindacato per difendere i loro interessi (§ 109).

Un divieto di sciopero esteso ad un intero settore di lavoratori può essere conforme all’art. 11 § 2 se “previsto dalla legge”, se “necessario in una società democratica” per il perseguimento di uno o più fini legittimi e se proporzionato al fine legittimo perseguito, tenuto conto della totalità delle misure adottate dallo Stato interessato al fine di garantire la libertà sindacale, ferma la sua ampiezza di apprezzamento (§ 115).

Il divieto di sciopero imposto dalla legge tedesca ai dipendenti muniti dello status di funzionario pubblico non pregiudica, nel suo contenuto essenziale, la libertà sindacale dei lavoratori garantita dall'art. 11 della Convenzione (§ 146) tenuto conto:

  • della natura e dell'estensione della restrizione al diritto di sciopero;
  • delle altre misure adottate dalla legislazione tedesca per consentire ai sindacati dei funzionari pubblici e ai funzionari pubblici stessi di proteggere i loro interessi professionali;
  • degli obiettivi perseguiti dal divieto di scioperi dei funzionari pubblici;
  • degli ulteriori diritti compresi nello status di funzionario pubblico;
  • della possibilità di lavorare alle dipendenze dello Stato con status e contratto di diritto privato;
  • della proporzione delle sanzioni disciplinari previste per il caso di violazione del divieto.

Il caso

Quattro insegnanti con lo status di funzionario pubblico vengono sanzionati [2] dalle amministrazioni datrici di lavoro per avere partecipato durante l'orario di lavoro a scioperi organizzati dai sindacati ai quali erano iscritti, per protestare contro il peggioramento delle condizioni di lavoro degli insegnanti [3].

Le sanzioni si fondano sul divieto di sciopero previsto dal diritto tedesco per i dipendenti di amministrazioni pubbliche muniti dello status di funzionario pubblico [4] e i ricorrenti lamentano l'illegittimità delle sanzioni, affermando che il divieto di sciopero previsto dalla legislazione nazionale si ponga in contrasto con l'art. 11 CEDU.

La tesi dei ricorrenti

I ricorrenti ritengono che le sanzioni inflitte e, più in generale, il divieto di sciopero per i funzionari pubblici pregiudichino la libertà di riunione e associazione e di svolgere attività sindacale ai sensi dell'art. 11 CEDU, vieppiù considerato che il divieto di sciopero non è espressamente sancito né dalla Legge fondamentale né dalla legge ordinaria tedesca [5].

Secondo la prospettazione dei ricorrenti, il diritto alla contrattazione collettiva è elemento essenziale della libertà di associazione ex art. 11 CEDU e implica necessariamente il diritto di scioperare, quale strumento indispensabile della contrattazione collettiva.

Dal comma 2 dell'art. 11 CEDU deve altresì desumersi che sono ammesse limitazioni al diritto di associazione sindacale solo per coloro che sono “membri dell'amministrazione dello Stato”.

Quest'ultimo riferimento andrebbe inteso in senso restrittivo, dovendosi escludere dal novero dei “membri dell'amministrazione dello Stato” gli insegnanti, anche se con lo status di funzionari pubblici, i quali non esercitano l'autorità pubblica in nome dello Stato. Ciò sarebbe confermato dal fatto che gli insegnanti possono essere assunti in Germania anche senza lo status di dipendente pubblico.

L'estensione del divieto di sciopero a tutti i funzionari pubblici, indipendentemente dal fatto che esercitino o meno l'autorità pubblica sarebbe pertanto incompatibile con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e con il diritto internazionale.

I ricorrenti contestano la tesi secondo cui gli insegnanti eserciterebbero un servizio pubblico essenziale, perché in tal caso il divieto dovrebbe operare per tutti gli insegnanti, indipendentemente dal loro status, mentre le corti tedesche hanno ancorato il divieto di sciopero allo status di dipendente pubblico.

Nessuna sanzione è stata difatti inflitta ai docenti, privi dello status di funzionari pubblici, che avevano partecipato allo stesso sciopero al quale avevano partecipato i ricorrenti.

Il divieto di sciopero non potrebbe ritenersi infine compensato da misure equivalenti alla contrattazione collettiva: la mera consultazione delle organizzazioni sindacali nel processo legislativo non può essere equiparata alla contrattazione collettiva, in quanto inidonea ad incidere effettivamente nella determinazione delle condizioni di lavoro.

La tesi del Governo della Repubblica Federale di Germania

Il Governo tedesco argomenta la legittimità del divieto di sciopero imposto ai funzionari pubblici alla luce dell'art. 11§2, prima frase, della Convenzione, affermando che tale divieto, se riferito agli insegnanti con lo status di funzionari pubblici, è previsto dalla legge ed è volto a proteggere il diritto all'istruzione e a garantire il buon andamento della pubblica amministrazione.

Il pregiudizio derivante dal divieto sarebbe compensato dalle condizioni di particolare favore derivanti dal suddetto status e inoltre gli insegnanti interessati ad esercitare il diritto di sciopero sarebbero liberi di svolgere la loro attività rinunciando allo status di funzionario pubblico e operando come dipendenti statali con contratto di diritto privato.

Il divieto di sciopero rientrerebbe nel “pacchetto” di diritti e doveri tra loro interdipendenti e inscindibili e che costituisce il concetto tedesco di funzione pubblica.

I funzionari pubblici godono, in particolare, del diritto all'impiego a vita e a una retribuzione adeguata (Alimentationsprinzip), il che comporta uno stipendio netto migliore a causa di prelievi significativamente inferiori, un migliore regime pensionistico e migliori condizioni per l'assistenza sanitaria. Ogni dipendente pubblico ha il diritto soggettivo di avviare azioni giudiziarie per la revisione della adeguatezza della sua remunerazione. Come conseguenza, il concetto tedesco di funzione pubblica implica alcuni doveri in capo ai funzionari pubblici, come il dovere di fedeltà e il divieto di sciopero.

Il divieto di sciopero, in ogni caso, non inciderebbe sugli elementi essenziali della libertà di associazione sancita dall'art. 11 CEDU, non essendovi mai stato incluso dalla Corte europea.

La decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo

La decisione della Corte parte dall'osservazione secondo cui il diritto di associazione sindacale non è, nel quadro delineato dalla Convenzione, un diritto autonomo, ma un aspetto specifico del diritto di associazione riconosciuto dall'art. 11 [6].

L'evoluzione della giurisprudenza della Corte in merito al contenuto del diritto di associazione in ambito sindacale è contrassegnata da due principi guida [7]:

  1. la Corte tiene in considerazione la totalità delle misure adottate dallo Stato interessato al fine di garantire la libertà sindacale, ferma la sua ampiezza di apprezzamento;
  2. non possono essere ammesse restrizioni alla liberà sindacale che colpiscano gli elementi essenziali della libertà stessa, svuotandola della sua sostanza.

Elementi essenziali della libertà sindacale sono stati considerati dalla Corte il diritto di formare e aderire a un sindacato [8], il divieto di monopolio sindacale [9], il diritto del sindacato di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare ciò che ha da dire a nome dei suoi membri [10] e il diritto di contrattare collettivamente con il datore di lavoro [11].

Lo sciopero viene definito dalla Corte uno strumento a disposizione delle organizzazioni sindacali per realizzare i propri scopi a tutela degli interessi dei propri iscritti. In quanto tale, l'esercizio dello sciopero è protetto dall'art. 11 CEDU e, conseguentemente, il divieto di sciopero deve considerarsi una restrizione del potere d'azione del sindacato e costituisce una limitazione della libertà di associazione del sindacato stesso.

Il diritto di sciopero non è assoluto e può essere soggetto a condizioni e restrizioni. In questo contesto, occorre considerare che lo sciopero non è l'unico strumento a disposizione dei sindacati, i quali possono disporre di altri mezzi per adempiere alla funzione di proteggere gli interessi dei loro iscritti. È per questo motivo che per valutare se una limitazione al diritto di sciopero sia compatibile con l'art. 11 CEDU, occorre considerare la totalità delle misure adottate dallo Stato per garantire la libertà sindacale [12].

Non è pertanto possibile affermare in via generale e astratta se il divieto di sciopero incida o meno su un elemento essenziale della libertà sindacale svuotandola di contenuto, occorrendo, al fine di poter svolgere tale valutazione, esaminare tutte le circostanze del caso, considerando la totalità delle misure adottate dallo Stato contraente per garantire la libertà sindacale, eventuali mezzi alternativi – o diritti – concessi ai sindacati per far sentire la loro voce e proteggere gli interessi professionali dei loro membri, e i diritti concessi ai membri del sindacato per difendere i loro interessi.

La Corte procede dunque ad esaminare se l'interferenza sul diritto di associazione sindacale, rappresentata dal divieto di sciopero sancito dal diritto tedesco, sia conforme al disposto dell'art. 11§ 2, prima frase, come sostenuto dal Governo tedesco.

In base a tale disposizione, l'interferenza, per essere conforme alla Convenzione, deve essere “prevista dalla legge” e deve essere “necessaria in una società democratica” per il perseguimento di uno o più fini legittimi. Occorre, inoltre, che l'interferenza sia proporzionata al fine legittimo perseguito, e che sia pertanto frutto di bilanciamento degli interessi dell'individuo con gli interessi della collettività.

In primo luogo, la Corte ritiene che il divieto di sciopero sia desumibile dall'art. 33 § 5 della Legge fondamentale tedesca, letto sistematicamente con le disposizioni della Legge sul pubblico impiego (Bundesbeamtengesetz, BBG) e della legge dei funzionari pubblici dei singoli L änder, che stabiliscono doveri dei funzionari pubblici e il divieto di assenza dal lavoro senza autorizzazione. Così l'art. 33 § 5 della Legge fondamentale tedesca è stato univocamente interpretato dalla Corte costituzionale tedesca.

Per quanto riguarda il fine perseguito dal divieto in parola, la Corte accoglie la tesi del Governo tedesco, secondo cui il divieto di sciopero per il dipendente pubblico persegue l'obiettivo generale di garantire il buon andamento dell'amministrazione e l'espletamento delle funzioni demandate alla funzione pubblica, al fine di garantire la protezione degli interessi generali della popolazione e dei diritti sanciti dalla CEDU. Nel caso di specie, il divieto di sciopero è altresì finalizzato a garantire il funzionamento del sistema scolastico e quindi a salvaguardare il diritto all'istruzione protetto dall'art. 7 § 1 della Legge fondamentale tedesca e dall'art. 2 Prot. n. 1 della Convenzione.

La corte afferma, poi, la necessità dell'interferenza in esame nella società democratica tedesca.

La nozione di “necessità in una società democratica” attiene al profilo della proporzione dell'interferenza rispetto al fine perseguito. Tale requisito va indagato tenendo conto dell'intero contesto fattuale e giuridico in cui sono state adottate le misure impugnate.

La Corte giunge alla conclusione secondo cui l'interferenza è proporzionata rispetto al fine perseguito, sulla base delle seguenti considerazioni:

  • nel diritto tedesco, il divieto di sciopero per i funzionari pubblici, compresi gli insegnanti con tale status, è assoluto; tuttavia, per verificare se un divieto di tale estensione svuoti di qualunque contenuto la libertà sindacale dei funzionari pubblici in Germania, occorre valutare l'intero contesto fattuale e giuridico;
  • lo sciopero è, infatti, uno strumento importante a disposizione del sindacato per proteggere gli interessi dei suoi iscritti [13] e, in quanto tale, è protetto dall'art. 11 nella misura in cui è indetto dal sindacato [14];
  • il divieto di sciopero integra una restrizione del potere del sindacato di tutelare gli interessi dei propri iscritti e costituisce, pertanto, una limitazione della libertà di associazione del sindacato [15]; il divieto costituisce altresì una limitazione della libertà di associazione degli iscritti [16];
  • lo sciopero, tuttavia, non è l'unico strumento di azione sindacale: gli Stati contraenti sono liberi di decidere quali misure adottare al fine di garantire il rispetto dell'art. 11, pur assicurando che le restrizioni imposte non privino di sostanza la libertà sindacale;
  • nel caso di specie, il divieto di sciopero non priva la libertà sindacale di contenuto, in quanto:
    1. ) i funzionari pubblici hanno diritto di formare e di aderire a sindacati per difendere i loro interessi professionali; i ricorrenti si sono avvalsi di tale diritto, aderendo al Sindacato “Istruzione e la Scienza” [17]; il sindacato più grande dei funzionari pubblici, l'Associazione dei funzionari pubblici e per la contrattazione collettiva [18] rappresenta circa il 50 % di tutti i funzionari pubblici, percentuale considerevolmente superiore alla media del tasso di sindacalizzazione generale in Germania, che si attesta al 16,5 %;

b) in Germania, le condizioni di lavoro dei funzionari pubblici, compresa la remunerazione, sono regolate dalla legge e non da accordi collettivi; le organizzazioni sindacali rappresentative dei funzionari pubblici hanno il diritto di partecipare alla stesura delle leggi, a protezione degli interessi dei funzionari pubblici, secondo modelli di informazione e consultazione; tale diritto compensa l'assenza di contrattazione collettiva e il divieto di sciopero;

c) rappresenta un principio tradizionale del pubblico impiego [19] quello per cui al dipendente pubblico deve essere riconosciuto un trattamento economico adeguato; a tal fine il diritto tedesco prevede meccanismi di aggiornamento costante della retribuzione dei funzionari pubblici;

d) in base al § 117 del Bundesbeamtengesetz (BBG) [20] deve essere garantita la rappresentanza dei funzionari pubblici (Personalvertretung); specifiche disposizioni di legge prevedono poteri di codecisione in capo a tali rappresentanze su questioni inerenti al personale, sociali e organizzative.

  • il divieto di sciopero per i funzionari pubblici, unitamente considerato al complesso dei diritti fondamentali, persegue il fine di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione; in particolare, la restrizione oggetto di ricorso persegue il fine di garantire la prestazione del servizio di istruzione nelle scuole pubbliche e quindi il diritto all'istruzione, come garantito dall'art. 7 della Costituzione tedesca e dall'art. 2 Prot. 1 della CEDU e da altri fonti di diritto internazionale e il diritto all'istruzione, indispensabile per la promozione dei diritti umani, svolge un ruolo fondamentale in una società democratica;
  • oltre ai diritti riconosciuti ai funzionari pubblici e ai sindacati connessi alla difesa degli interessi professionali, la legge tedesca concede ai funzionari pubblici diversi diritti basati sullo status di funzionario pubblico, quali il diritto all'impiego a tempo indeterminato e il diritto alla retribuzione adeguata (principio riferito anche alla pensione);
  • in Germania non vige un divieto totale di sciopero da parte dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, vigendo il divieto solo per i dipendenti con lo status di funzionario pubblico e non per i dipendenti assunti con contratto di diritto privato (dipendenti che raggiungono il 62% di tutto il personale impiegato nelle amministrazioni pubbliche);
  • le sanzioni applicate sono ritenute dalla Corte proporzionate e non eccessive.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la Corte respinge i ricorsi, ritenendo le sanzioni applicate (e il presupposto divieto di sciopero) compatibili con l'art. 11 CEDU.

Il divieto di sciopero per i funzionari pubblici previsto dal diritto tedesco rappresenta sì una restrizione “forte”.

Tuttavia, sebbene il diritto di sciopero sia una componente importante della libertà sindacale, lo sciopero non è l'unico mezzo attraverso il quale i sindacati e i loro membri possono proteggere gli interessi professionali e gli Stati contraenti sono in principio liberi di decidere quali misure adottare al fine di garantire il rispetto dell'art. 11, purché ciò assicuri che la libertà sindacale non diventi priva di sostanza in conseguenza delle restrizioni imposte.

In considerazione della totalità degli strumenti che consentono ai sindacati dei funzionari pubblici e ai funzionari pubblici stessi di difendere efficacemente i loro interessi professionali, il divieto di sciopero nel sistema giuridico tedesco non rende priva di sostanza la libertà sindacale dei funzionari pubblici. Pertanto, tale divieto non pregiudica un elemento essenziale della libertà sindacale dei dipendenti civili garantita dall'art. 11 della Convenzione.

Considerazioni conclusive

La decisione in commento si inserisce in un percorso giurisprudenziale della Corte europea volto a delineare il contenuto del diritto di associazione sindacale, quale aspetto del diritto di associazione tutelato dall'art. 11 CEDU.

Tale percorso ha portato la Corte ad individuare, nel tempo, alcune componenti del diritto di associazione sindacale ritenute essenziali, quali il diritto di formare e aderire a un sindacato, il divieto di monopolio sindacale, il diritto del sindacato di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare ciò che ha da dire a nome dei suoi membri e il diritto di contrattare collettivamente con il datore di lavoro. Restava, invece aperta la questione se il diritto di sciopero potesse considerarsi anch'esso elemento “essenziale” della libertà sindacale o quale elemento “importante” [21].

L'utilità della distinzione tra elementi essenziali ed elementi importanti della libertà sindacale si ritrova nella sentenza Demir [22], con la quale la Corte, mutando il proprio precedente orientamento, ha inserito il diritto alla contrattazione collettiva tra gli elementi essenziali della libertà sindacale, precisando che la Corte non accetta restrizioni che incidano sugli elementi essenziali della libertà sindacale, senza i quali tale libertà diventerebbe priva di sostanza.  

In altri termini, lo Stato contraente, pur essendo in principio libero di decidere quali misure intende adottare al fine di garantire il rispetto dell'art. 11, deve tenere conto degli elementi considerati essenziali dalla giurisprudenza della Corte.

Nella stessa decisione da ultimo citata, si precisa che l'elenco degli elementi essenziali della libertà sindacale non è chiuso. Al contrario, l'elenco deve ritenersi soggetto a evoluzione, a seconda degli sviluppi delle relazioni nel mondo del lavoro. Precisa ancora la Corte, che la Convenzione è uno strumento vivente che deve essere interpretato alla luce delle condizioni attuali e in conformità con gli sviluppi del diritto internazionale, in modo da riflettere lo standard sempre più elevato richiesto nell'ambito della protezione dei diritti umani, rendendo quindi necessaria una maggiore fermezza nella valutazione delle violazioni dei valori fondamentali delle società democratiche. In altre parole, le limitazioni ai diritti devono essere interpretate in modo restrittivo, in modo da garantire una protezione pratica ed efficace dei diritti umani [23].

Con specifico riferimento al diritto di sciopero, taluni commentatori hanno ritenuto che la Corte ne avesse implicitamente affermato la natura essenziale con la sentenza Enerji [24] del 21 aprile 2009.

Si legge, invero, in tale decisione, che lo sciopero, che permette a un sindacato di far sentire la sua voce, costituisce un “aspetto importante” per i membri di un sindacato nella protezione dei loro interessi [25]. Nondimeno si è osservato che, nonostante tale qualificazione, la Corte ha in quel caso pronunciato l'illegittimità del divieto senza verificare se eventuali altri mezzi attraverso i quali il sindacato avrebbe potuto far sentire la sua voce nell'interesse dei suoi membri sarebbero stati sufficienti. La Corte è giunta direttamente alla conclusione che il divieto di partecipazione allo sciopero costituisse un'ingerenza nel diritto alla libertà di associazione, un'ingerenza che doveva essere giustificata ai sensi del comma 2 dell'art. 11, trattando di fatto lo sciopero come elemento essenziale della libertà di associazione [26].

Tale interpretazione del caso Enerji è stata tuttavia smentita dalla sentenza National Union of Rail, Maritime and Transport Workers dell'8 aprile 2014 [27]. Si osserva con tale pronuncia che quando la Corte, nella decisione Enerji, fa riferimento al diritto di sciopero quale corollario inscindibile dal diritto di associazione sindacale, lo fa citando la posizione espressa dagli organi dell'OIL, e non al fine di fornire un'interpretazione evolutiva dell'art. 11 CEDU. La decisione National Union of Rail, Maritime and Transport Workers lascia quindi aperto il tema della qualifica del diritto di sciopero quale elemento essenziale o elemento importante della libertà sindacale.

È stata interpretata dalla dottrina [28] nel senso di includere il diritto di sciopero tra gli elementi essenziali della libertà sindacale anche la decisione Junta Rectora Del Ertzainen Nazional Elkartasuna del 21 aprile 2015 [29] che, analogamente a quanto accaduto nel caso Enerji, ha sì affermato che il diritto di sciopero è uno strumento importante a disposizione dei membri di un sindacato per la protezione dei loro interessi, precisando, però, che le restrizioni legali al diritto di sciopero devono definire il più chiaramente e strettamente possibile le categorie di funzionari interessati. Con ciò, la decisione lascerebbe intendere che l'esclusione totale dello sciopero come “arma” a disposizione delle organizzazioni sindacali non è più compresa nel “margine di apprezzamento” degli Stati, il che equivarrebbe a dire, secondo l'interpretazione richiamata, che il diritto di sciopero dovrebbe oramai intendersi incluso, secondo questa pronunzia, nel novero degli “elementi essenziali” della libertà di associazione.

La decisione in commento pare porre fine a ogni possibile dubbio in ordine alla esclusione del diritto di sciopero dal novero degli elementi essenziali della libertà sindacale.

La sentenza Humpert ribadisce che il diritto di sciopero è una componente importante della libertà di associazione sindacale e che la conformità di una tale restrizione deve essere valutata alla luce della totalità delle misure adottate dallo Stato interessato al fine di garantire la libertà sindacale, ferma l'ampiezza del margine di apprezzamento rimesso allo Stato, con ciò negando che il diritto di sciopero possa considerarsi a priori come componente essenziale del diritto di associazione sindacale.

La formula dubitativa sulla definitività dell'accertamento della Corte appare dovuta per un duplice ordine di ragioni.

Il primo motivo che induce a fa pensare (ed auspicare) un futuro ripensamento della Corte sul punto attiene allo iato che la pronuncia in commento genera con il diritto internazionale.

Si richiamano, sul punto, le osservazioni conclusive del Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (del 12 ottobre 2018) [30] e del Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (del 30 novembre 2021) [31] sui rapporti presentati dalla Germania, rispettivamente, in merito all'attuazione del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali [32] e del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici [33], che evidenziano la preoccupazione per la libertà sindacale in Germania, eccessivamente pregiudicata dal divieto generalizzato dei funzionari pubblici di scioperare, compresi gli insegnanti [34].

La Convenzione n. 87 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla libertà sindacale e la tutela del diritto di organizzazione del 1948 ("Convenzione n. 87"), inoltre, non prevede espressamente il diritto di sciopero, ma è stata interpretata dagli organi di supervisione principali dell'OIL, la Commissione di Esperti per l'applicazione delle Convenzioni e Raccomandazioni ("CEACR") e il Comitato della Libertà Sindacale ("CFA"), nel senso dell'affermazione implicita del diritto di sciopero sulla base degli artt. 3 [35] e 10 [36].

Anche in questo caso, l'organo di controllo sull'attuazione della convenzione, la Commissione di Esperti per l'applicazione delle Convenzioni e Raccomandazioni, nel 2021 ha ritenuto che la sentenza della Corte costituzionale tedesca del 12 giugno 2018, ovvero la sentenza che ha dato origine alla decisione Humpert, non fosse in linea con la CEDU, in quanto confermava la legittimità di un divieto generale del diritto di sciopero dei funzionari pubblici in base al loro status, indipendentemente dalle loro mansioni e responsabilità, e in particolare un divieto del diritto di sciopero dei funzionari pubblici che non esercitano autorità in nome dello Stato (come insegnanti, lavoratori postali e ferroviari) [37].

In seno al Consiglio d'Europa, vanno ancora richiamate le conclusioni XXI-3 del Comitato europeo dei diritti sociali, che nel valutare il rispetto da parte della Germania della Carta Sociale Europea [38], il 24 gennaio 2019 ha dichiarato: «Il Comitato ha in passato constatato che la situazione in Germania non è conforme in quanto il divieto di sciopero per i dipendenti pubblici costituisce una restrizione eccessiva al diritto di sciopero. Non sono intervenute modifiche sul punto. Pertanto, il Comitato ribadisce le sue conclusioni precedenti.

Il Comitato ricorda che il diritto di sciopero è uno dei mezzi essenziali a disposizione dei lavoratori e delle loro organizzazioni per la promozione e la protezione dei loro interessi economici e sociali […] il diniego del diritto di sciopero a tutti i dipendenti pubblici, indipendentemente dal fatto che esercitino o meno autorità pubblica, costituisce una restrizione eccessiva al diritto di sciopero».

Il Comitato ha ribadito tale posizione nelle sue Conclusioni XXI-3 del 20 gennaio 2023 [39].

Sempre nell'ambito del Consiglio d'Europa, si richiamano le due risoluzioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, la no. 2033 (2015) del 28 gennaio 2015 e la no. 2147 (2017) del 25 gennaio 2017.

Con la prima, l'Assemblea ha affermato che: «Il diritto di organizzarsi, di contrattare collettivamente e di scioperare – tutte componenti essenziali di questo dialogo – non sono solo principi democratici sottostanti ai moderni processi economici, ma diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo […] e dalla Carta sociale europea (revisionata) […].

[…]

L'Assemblea invita quindi gli Stati membri a prendere le seguenti misure per garantire i più alti standard di democrazia e buon governo nella sfera socio-economica:

7.1. proteggere e rafforzare il diritto di organizzarsi, di contrattare collettivamente e di scioperare».

Con la seconda, l'Assemblea ha richiamato gli Stati membri a «mantenere le limitazioni legali al diritto alla contrattazione collettiva e al diritto di sciopero al minimo rigoroso, come previsto dagli standard ben consolidati dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) e dell'Unione Europea» [40].

Il secondo motivo per cui si auspica un ulteriore corso evolutivo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo riguarda l'apprezzamento non del tutto soddisfacente della stretta correlazione tra diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero. Correlazione che bene viene messa in luce sia dall'art. 6, comma 2, della Carta sociale europea [41], sia dall'art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea stabilisce che «i lavoratori e datori di lavoro o le rispettive organizzazioni hanno, in conformità al diritto dell'Unione e alle leggi e pratiche nazionali, il diritto di negoziare e concludere accordi collettivi ai livelli appropriati e, in caso di conflitti di interesse, di intraprendere azioni collettive per difendere i loro interessi, compresa l'azione di sciopero» [42].

Sul punto appaiono difficilmente contestabili le osservazioni riportate dal giudice Serghides nella dissenting opinion stesa in calce alla sentenza Humpert in commento, con riferimento al “collegamento funzionale” tra diritto di sciopero e contrattazione collettiva, collegamento che è stato il presupposto logico essenziale nell'ordinamento italiano per addivenire, poi, alla ulteriore conseguenza che ha individuato nel diritto di sciopero uno «strumento di sviluppo della personalità umana dei lavoratori e di emancipazione di essi dallo stato di disuguaglianza sociale in cui versano» [43].

Note

[1] «1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà d'associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire a essi per la difesa dei propri interessi.

2. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. Il presente articolo non osta a che restrizioni legittime siano imposte all'esercizio di tali diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato».

[2] Con un richiamo, la prima ricorrente, con la multa di euro 100 il secondo e il terzo ricorrente e con la multa di euro 1500 (in ragione del periodo protratto di assenza dal lavoro), poi ridotta in appello a euro 300, il quarto ricorrente.

[3] Sulla sentenza della Corte costituzionale tedesca, BVerfG, 2. Senato, sent. 12 giugno 2018 - 2 BvR 1738/12, 2 BvR 646/15, 2 BvR 1068/14, 2 BvR 1359/13, che ha dato poi luogo al ricorso alla Corte EDU, si v. D. Butturini, F. Palermo, La giurisprudenza costituzionale tedesca nel biennio 2017-2018, in Giur. cost., 1° ottobre 2019, fasc. 5, 2747.

[4] Il diritto tedesco prevede che un dipendente possa essere assunto da un'amministrazione pubblica con contratto di diritto pubblico, acquisendo lo status di funzionario pubblico (Beamte) regolato dal Beamtenstatusgesetz (BeamtStG) o, in alternativa, con contratto di diritto privato. Si v. sul punto, A. Cassatella, C. Fraenkel-Haeberle, La selezione del personale amministrativo: un raffronto fra Italia e Germania, in Riv. trim. dir. pubbl., 1° settembre 2022, fasc. 3, 765.

[5] L'art. 33 §5 della Legge fondamentale della Repubblica Federale di Germania prevede infatti che: «I rapporti giuridici di pubblico impiego devono essere regolati tenendo conto dei princìpi tradizionali del rapporto d'impiego professionale» (Das Recht des öffentlichen Dienstes ist unter Berücksichtigung der hergebrachten Grundsätze des Berufsbeamtentums zu regeln und fortzuentwickeln); nondimeno la Corte Costituzionale tedesca ha da sempre incluso il divieto di sciopero dei funzionari pubblici tra i principi tradizionali che regolano il rapporto di pubblico impiego in base all'art. 33 §5 citato.

[6] Corte EDU, Sez. III, 16 giugno 2015, Manole e "Romanian Farmers Direct" c. Romania, n. 46551/06, § 57,

[7] Corte EDU, Grande Camera, 12 novembre 2008, Demir e Baykara c. Turchia, n. 34503/97, § 154.

[8] Corte EDU, Sez. II,  21 febbraio 2006, Tüm Haber Sen e Çınar c. Turchia, ric. n. 28602/95, § 40. 

[9] Corte EDU, Grande Camera, 11 gennaio 2006, Sørensen e Rasmussen c. Danimarca, ric. nn. 52562/99 e 52620/99, § 64 e 75.

[10] Corte EDU, Sez. II, 2 luglio 2002, Wilson, National Union of Journalists e altri c. Regno Unito, ric. nn. 30668/96, 30671/96 et 30678/96, § 44.

[11] Corte EDU, Sez. V, 10 giugno 2021, Norwegian Confederation of Trade Unions (LO) and Norwegian Transport Workers' Union (NTF) c. Norvegia, ric. n. 45487/17, § 95; Corte EDU, Grande Camera, 9 luglio 2013, Sindicatul "Păstorul cel Bun" c. Romania, ric. n. 2330/09, § 135; e n. 34503/97, cit., § 145 e 154.

[12] Corte EDU n. 34503/97, cit., § 154 ss., in relazione al diritto alla contrattazione collettiva; Corte EDU, Sez. II, 21 febbraio 2006, Tüm Haber Sen e Çınar c. Turchia, ric. n. 28602/95 per quanto riguarda il diritto di formare e aderire a un sindacato; Corte EDU, Grande Camera, 11 gennaio 2006,  Sørensen e Rasmussen c. Danimarca, ric. nn. 52562/99 e 52620/99, § 64-65 e 76, in relazione agli accordi closed-shop; n. 45487/17, cit., § 94.

[13] Corte EDU, Sez. I, 27 novembre 2014, Hrvatski liječnički sindikat c. Croazia, n. 36701/09, § 59; Corte EDU, Sez. III, 27 giugno 2002, Federation of Offshore Workers' Trade Unions and Others c. Norway (dec.), n. 38190/97; Corte EDU, Sez. III, 20 novembre 2018 Ognevenko c. Russia, ric. n. 44873/09, § 70, che enfatizzano l'importanza del diritto di sciopero come strumento di azione per i sindacati; si v. altresì Corte EDU, Sez. III, 21 aprile 2009, Enerji Yapı-Yol Sen c. Turchia, ric. n. 68959/01 § 24, e Corte EDU, Sez. III, 21 aprile 2015, Junta Rectora Del Ertzainen Nazional Elkartasuna (ER.N.E.) c. Spagna, ric. n. 45892/09 § 32, nelle quali la Corte ha posto l'accento sull'importanza del diritto di sciopero per i membri del sindacato; si v. anche, in generale, n. 44873/09, cit., § 55, che sottolinea la natura duplice dell'azione sindacale come diritto del sindacato e dei singoli membri.

[14] Corte EDU, Sez. IV, 8 aprile 2014, National Union of Rail, Maritime and Transport Workers c. Regno Unito, ric. n. 31045/10 § 84, e Corte EDU, Sez. II, 15 maggio 2018, Association of Academics c. Islanda, ric. n. 2451/16, § 24; e Corte EDU, Sez. II, 14 dicembre 2021, Barış and Others c. Turchia, ric. n. 66828/16 e altri, § 45.

[15] Corte EDU, Sez. III, 10 gennaio 2002, UNISON c. Regno Unito, n. 53574/99, e Corte EDU, Sez. I, 27 novembre 2014, Hrvatski liječnički sindikat c. Croazia, n. 36701/09, § 49.

[16] Corte EDU, Sez. V, 2 ottobre 2014, Veniamin Tymoshenko e altri c. Ucraina, n. 48408/12, § 77.

[17] Gewerkschaft Erziehung und Wissenschaft (GEW).

[18] DBB Beamtenbund und Tarifunion.

[19] V. supra, nota n. 5.

[20] Legge federale sul pubblico impiego.

[21] In dottrina, sul punto si v. G. Raimondi, Il diritto di sciopero è elemento essenziale della libertà di associazione? Evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Lavoro Diritti Europa, 2019, n. 1.

[22] V. supra, nota n. 7, § 144. Sulla rilevanza della sentenza Demir and Baykara c. Turchia, n. 34503/97, e della sentenza Enerji Yapi - Yol Sen c. Turchia, n. 68959/01, si v. G. Bronzini, Diritto alla contrattazione collettiva e diritto di sciopero entrano nell'alveo protettivo della Cedu: una nuova frontiera per il garantismo sociale in Europa?, in Riv. it. dir. lav., 2009, fasc. 4, 975.

[23] V. supra, nota n. 7, § 146.

[24] Corte EDU, Sez. III, 21 aprile 2009, Enerji Yapı-Yol Sen c. Turchia, ric. n. 68959/01; parla di «velato e “silenzioso” ribaltamento della logica giuridica usata dalla Corte in precedenza» P. Digennaro, I diritti sindacali nella giurisprudenza della corte europea dei diritti dell'uomo, in Lav. giur., 2015, n. 5, 505. Contra, M. d'Aponte, La tutela dei diritti umani nel rapporto di lavoro, in Riv. it. dir. lav., 1° dicembre 2021, fasc. 4, 373.

[25] Decisione Enerji Yapı-Yol Sen c. Turchia, n. 68959/01, cit., § 24.

[26] F. Ebert e M. Oelz, Bridging the gap between labour rights and human rights: The role of ILO law in regional human rights courts, IILS Discussion paper DP/2/212/2012, ILO, Ginevra, 2012.

[27] Corte EDU, Sez. IV, 8 aprile 2014, National Union of Rail, Maritime and Transport Workers c. Regno Unito, ric. n. 31045/10 § 84. Aderisce a tale impostazione Corte EDU, Sez. I, 27 novembre 2014, Hrvatski liječnički sindikat c. Croazia, n. 36701/09, § 49.

[28] G. Raimondi, Il diritto di sciopero è elemento essenziale della libertà di associazione? Evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Lavoro Diritti Europa, 2019, n. 1.

[29] Corte EDU, Sez. III, 21 aprile 2015, Junta Rectora Del Ertzainen Nazional Elkartasuna (ER.N.E.) c. Spagna, ric. n. 45892/09 §§ 32-33.

[30] Nelle sue osservazioni conclusive del 12 ottobre 2018 sul rapporto dello Stato presentato dalla Germania in merito all'attuazione del Patto (documento E/C.12/DEU/CO/6), il CESCR ha dichiarato, in ordine al diritto di sciopero dei funzionari pubblici, quanto segue:

«44. Il Comitato resta preoccupato per il divieto da parte dello Stato di scioperi da parte di tutti i funzionari pubblici con lo status di funzionario pubblico, compresi gli insegnanti con questo status. Questo va oltre le restrizioni consentite dall'articolo 8 (2) del Patto, poiché tutti i funzionari pubblici non possono ragionevolmente essere considerati fornitori di un servizio essenziale (art. 8).

45. Il Comitato ribadisce la sua precedente raccomandazione (E/C.12/DEU/CO/5, par. 20) affinché lo Stato prenda misure per rivedere la portata della categoria di servizi essenziali al fine di garantire che tutti quei funzionari pubblici i cui servizi non possono ragionevolmente essere considerati essenziali abbiano diritto allo sciopero in conformità con l'articolo 8 del Patto e con la Convenzione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sulla libertà sindacale e la tutela del diritto di organizzazione del 1948 (n. 87 dell'OIL)».

[31] Anche il Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, nelle sue osservazioni conclusive del 30 novembre 2021 sul rapporto dello Stato presentato dalla Germania in merito all'attuazione del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, ha dichiarato:

«50. Il Comitato è preoccupato per il divieto assoluto agli operatori del settore pubblico di scioperare all'interno dello Stato, basato sulla valutazione che tutti tali lavoratori, compresi gli insegnanti, sono essenziali (art. 22).

51. Il Comitato ribadisce la raccomandazione del Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali [nelle sue osservazioni conclusive del 12 ottobre 2018] secondo cui lo Stato dovrebbe adottare misure per rivedere la portata della categoria di servizi essenziali al fine di garantire che tutti quei funzionari pubblici i cui servizi non possono ragionevolmente essere considerati essenziali abbiano diritto allo sciopero, anche in conformità con l'articolo 22 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici”

[32] L'art. 8 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali prevede che: «Gli Stati Parti del presente Patto si impegnano a garantire: […]

d) il diritto di sciopero, purché esso venga esercitato in conformità alle leggi di ciascun Paese.

2. Il presente articolo non impedisce di imporre restrizioni legali all'esercizio di questi diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato».

[33] L'art. 22 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, in materia di libertà di associazione e di associazione sindacale non prevede espressamente il diritto di sciopero, ma il Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ricava in via interpretativa tale diritto dall'articolo citato.

[34] Entrambe le osservazioni sono richiamate dalla decisione Humpert, in commento, § 53 e 54.

[35] «1. Le organizzazioni di lavoratori e datori di lavoro hanno il diritto di elaborare i propri statuti e regolamenti amministrativi, di eleggere liberamente i propri rappresentanti, di organizzare la loro gestione e attività e di formulare il proprio programma d'azione. 2. Le autorità pubbliche devono astenersi da qualsiasi intervento di natura tale da limitare tale diritto o da pregiudicarne l'esercizio legale».

[36] «Nella presente convenzione, il termine «organizzazione» significa ogni organizzazione di lavoratori o di datori di lavoro che persegue la finalità di promuovere e tutelare gli interessi dei lavoratori o dei datori di lavoro».

[37] Le osservazioni del CEACR sono richiamate dalla decisione Humpert, § 56.

[38] La Carta Sociale Europea del 1961 prevede all'art. 6: «Per garantire l'effettivo esercizio del diritto di negoziazione collettiva, le Parti […] riconoscono: 4) il diritto dei lavoratori e dei datori di lavoro d'intraprendere azioni collettive in caso di conflitti d'interesse, compreso il diritto di sciopero, fatti salvi gli obblighi eventualmente derivanti dalle convenzioni collettive in vigore».

L'art. G prevede: «I diritti ed i principi enunciati nella parte I, quando saranno effettivamente attuati, e l'esercizio effettivo di tali diritti e principi come previsto nella parte II [che include l'art. 6], non potranno essere oggetto di restrizioni o di limitazioni non specificate nelle parti I e II ad eccezione di quelle stabilite dalla legge e che sono necessarie, in una società democratica, per garantire il rispetto dei diritti e delle libertà altrui o per proteggere l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la salute pubblica o il buon costume».

[39] Le conclusioni sono riportate al § 60 della sentenza Humpert.

[40] Entrambe le risoluzioni sono citate da Corte EDU, Sez. III, 20 novembre 2018, Ognevenko c. Russia. Ric. n. 44873/09, § 27 e 28, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2018, II, 607, con nota di D'Ascola, Il licenziamento del ferroviere scioperante e la CEDU.

[41] V. supra, nota n. 38.

[42] Sull'incidenza della Carta di Nizza nella giurisprudenza della Corte EDU, v. G. Bronzini, Diritto alla contrattazione collettiva, cit., 975; A. Guazzarotti, I diritti sociali nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2013, fasc. 1, 9.

Nonostante la formulazione dell'art. 28 riportata nel testo, la Corte di Giustizia, con le ben note sentenze Viking, Laval e Ruffert, ha riconosciuto come diritto fondamentale quello di intraprendere azioni collettive, ivi compreso lo sciopero, in funzione di garanzia dell'effettività della libertà sindacale. Tuttavia, la stessa Corte non ha individuato tale diritto in senso assoluto, ritenendo lo stesso suscettibile di limitazioni, in contemperamento con le altre libertà economiche riconosciute nell'Unione.

Sui noti casi Viking e Laval (CGUE 11 dicembre 2007, causa C-438/05, Viking Line, e 18 dicembre 2007, causa C-341/05, Laval un Partneri Ltd), si vedano; Colucci, L'Unione Europea in un delicato equilibrio fra libertà economiche e diritti sindacali nei casi Laval e Viking: quando il fine non giustifica i mezzi, in Dir. rel. ind., 2008, fasc. 1, 239; F. Lunardon, in F. Carinci e A. Pizzoferrato (a cura di), Diritto del lavoro dell'Unione europea, Torino, 2021, 468; S. Giubboni, Diritti e solidarietà in Europa. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo, Bologna, 2012, 66 ss.; S. Sciarra, Notions of Solidarity in Times of Economic Uncertainty, in ILJ, 2010, vol. 39, n. 3, 235; M.V. Ballestrero, Le sentenze Viking e Laval: la Corte di giustizia “bilancia” il diritto di sciopero, in Lav. dir., 2008, n. 2, 371 ss.; S. Sciarra, L'Europa e il lavoro. Solidarietà e conflitto in tempi di crisi, Roma-Bari, 2013, 67 ss.

[43] Mengoni, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, in AA.VV., Sciopero e serrata nei paesi della CECA, Servizi pubblicazioni delle Comunità europee, Lussemburgo, 1961, 40.

Sul tema, si rimanda a Sciopero dei dipendenti pubblici: l'adozione di misure disciplinari non viola la libertà sindacale se previste garanzie istituzionali per difendere efficacemente gli interessi professionali