Sicurezza sul lavoro: non vi è concorso di colpa del lavoratore nella causazione della malattia professionale se ha acconsentito alla retribuzione a cottimo

27 Marzo 2024

Con la pronuncia in commento il Tribunale di Trento coglie l'occasione non solo per ribadire i confini del dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c., ma altresì per stabilire se il consenso prestato dal lavoratore all'applicazione del sistema di retribuzione a cottimo possa configurare in capo allo stesso un concorso di colpa rilevante nella causazione dell'evento ex art. 1227 co. 1 c.c.

Massime

L'art. 2087 c.c. è norma di chiusura del sistema normativo antinfortunistico che impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità psico fisica del lavoratore in base al parametro della più elevata sicurezza tecnologica.

Dal consenso all'applicazione del sistema di retribuzione a cottimo non deriva a carico del lavoratore un concorso di colpaex art. 1227 co. 1 c.c. nell'aver cagionato le malattie di asserita origine professionale, da cui afferma di essere affetto.

Il caso

Malattia professionale derivante da lavorazione del porfido e risarcimento dei danni

La controversia da cui trae origine la sentenza in commento vede come protagonista un lavoratore avente mansioni di operaio manovale addetto alla cernita e prima lavorazione presso la cava di porfido situata nella località di M. Il ricorrente lamenta di aver contratto diverse patologie muscolo - scheletriche nello svolgimento dei suoi compiti alle dipendenze della società convenuta e della sua dante causa in ragione dell'omessa adozione, da parte di entrambe, delle misure idonee a prevenire l'insorgenza delle malattie professionali de quibus, in violazione degli obblighi ex artt. 2087 c.c. e 168 d.lgs. n. 81/2008 e, per l'effetto, chiede la condanna al risarcimento dei danni – patrimoniali e non – dallo stesso subiti.

Le questioni

Il dovere di sicurezza del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. e il consenso alla retribuzione a cottimo quale condizione per la configurabilità di un concorso di colpa del lavoratore ex art. 1227 co. 1 c.c.

Nel caso di specie, due sono le questioni che vengono affrontate dal Tribunale di Trento.

La prima concerne la corretta individuazione della portata dell'art. 2087 c.c. che impone al datore di lavoro di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure necessarie, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro.

La seconda riguarda la possibilità di ravvisare nel consenso del lavoratore all'applicazione del sistema di retribuzione a cottimo un concorso di colpaex art. 1227 co. 1 c.c. nella causazione della malattia professionale da cui risulta affetto.

Le soluzioni giuridiche

Il parametro della più elevata sicurezza tecnologicamente possibile e l'esclusione del concorso di colpa del lavoratore al di fuori dei casi di rischio elettivo

Con riguardo alla prima delle due questioni summenzionate, il Tribunale di Trento – previa analisi dei criteri di distribuzione degli oneri probatori ai fini dell'accertamento della responsabilità datoriale – ravvisa un adempimento tardivo da parte della società cedente dell'obbligo di ricorrere a mezzi appropriati al fine di evitare, o quantomeno limitare, la movimentazione manuale dei carichi durante lo svolgimento delle attività di cernita e lavorazione ai sensi dell'art. 48 d.lgs. n. 626/1994 (ora art. 168 d.lgs. n. 81/2008).

Ed invero, la stessa avrebbe così provveduto solo nel biennio 2008-2009, pur sussistendo già nel 1998 e nel 2003 studi medici che raccomandavano l'adozione di attrezzature meccaniche funzionali ad attenuare lo sforzo lombare.

Risulta parimenti violato l'art. 2087 c.c. che, quale norma di chiusura del sistema normativo antinfortunistico applicabile anche rispetto a situazioni non considerate dal legislatore al momento della sua formulazione (in questi termini, ex multis, Cass. civ., sez. lav., ord. 24 febbraio 2022, n. 6156; Cass. civ., sez. lav., ord. 25 febbraio 2021, n. 5255; Cass. civ., sez. lav., 18 giugno 2021, n. 17576), impone al datore di lavoro – nella individuazione delle misure necessarie alla tutela della integrità psico-fisica del lavoratore – di avvalersi non del parametro della sicurezza ragionevolmente praticabile alla luce dei costi aziendali, ma di quello della più elevata sicurezza tecnologicamente possibile.

È infine ravvisata la violazione dell'art. 4 co. 5, lett. b) d.lgs. n. 626/1994 (ora art. 18 co. 1 lett. z) d.lgs. n. 81/2008) a mente del quale il datore di lavoro «aggiorna le misure di prevenzione... in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione».

Rispetto alla società convenuta il Tribunale si pronuncia nel senso del mancato adempimento degli oneri probatori sulla stessa incombenti.

Quanto al sistema di retribuzione a cottimo, nella sentenza è evidenziato come – seppure lo stesso abbia di certo indotto il ricorrente a lavorare più intensamente – è parimenti fuor di dubbio che esso sia risultato vantaggioso in primo luogo per l'azienda datrice, così in grado di assicurarsi livelli di produttività molto elevati da parte del proprio dipendente. Peraltro, si aggiunge come la disponibilità all'adozione di tale modalità di retribuzione – pur non essendo obbligatoria (sulla obbligatorietà del cottimo cfr. Cass. civ., sez. lav., 2 luglio 1992, n. 8100) – fosse di fatto un “requisito di assunzione”.

Il Tribunale esclude, quindi, che dal consenso alla sottoposizione al sistema de quo – caratteristico del settore del porfido – possa discendere la configurabilità di un concorso di colpa del ricorrente nella causazione della malattia professionale. Ed invero, si osserva come la giurisprudenza sia consolidata nel ritenere che, ove il datore di lavoro ometta di adottare le misure di sicurezza prescritte, l'eventuale condotta imprudente della vittima (ad eccezione dei casi di cd. rischio elettivo) degradi a mera “occasione” del danno, non potendo rilevare ex art. 1227 co. 1 c.c. (così, ex plurimis, Cass. civ., sez. lav., 27 gennaio 2022, n. 2403; Cass. civ., sez. lav., 21 settembre 2021, n. 25597; Cass. civ., sez. VI, ord. 15 maggio 2020, n. 8988; Cass., sez. lav., 25 novembre 2019, n. 30679).

Osservazioni

Nella pronuncia in commento il Tribunale di Trento enuncia due principi da salutare con favore.

Anzitutto, viene ribadito come il perimetro dei doveri di sicurezza gravanti sul datore di lavoro sia segnato dal criterio della massima sicurezza tecnologicamente esigibile, in coerenza con la natura dinamica e il contenuto elastico dell'art. 2087 c.c., da considerare alla stregua di una clausola generale in grado di adattarsi ai mutamenti economico sociali, nonché alle evoluzioni del progresso tecnico e scientifico (cfr. Cass. pen., sez. IV, 8 marzo 2024, n. 9894 a mente della quale la natura della regola cautelare violata è uno degli elementi da tenere in considerazione nella valutazione della gravità della colpa in quanto «l'eventuale natura elastica della stessa, indicando un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, incide sulla esigibilità della condotta doverosa omessa, richiedendo il previo riconoscimento delle predette circostanze da parte dell'agente»). Il datore di lavoro, pertanto, dovrà scegliere, tra le varie misure, quelle che, nel caso concreto e in relazione alla singola lavorazione, siano idonee a prevenire i rischi connessi alla attività svolta non essendo tuttavia tenuto, come noto, ad assicurare il cd. rischio zero l'adozione di misure volte a prevenire evenienze ragionevolmente impensabili, pena il rischio di configurare in capo allo stesso una forma di responsabilità oggettiva (in questi termini, tra le altre, Cass. civ., sez. lav., ord. 04 gennaio 2024, n. 249; Cass. pen., sez. III, 6 novembre 2018, n. 50000; Cass. civ., sez. VI – lav., ord. 27 febbraio 2017, n. 4970).

Inoltre, si afferma l'impossibilità di ravvisare un concorso di colpa del lavoratore nella causazione della malattia professionale da cui affermi di essere affetto, per il solo fatto di aver prestato il suo consenso alla applicazione del sistema di retribuzione a cottimo. Ed invero, se è fuori di dubbio che l'operatività del sistema de quo potrebbe indurre il dipendente a lavorare più intensamente – anche in spregio alle ordinarie regole di diligenza, perizia e prudenza – è altrettanto pacifico che il datore di lavoro sia tenuto a tutelare il lavoratore persino rispetto ad incidenti che possano derivare da una condotta dallo stesso tenuta in violazione delle regole summenzionate (cfr. Cass. pen., IV, 8 marzo 2024, n. 9902; Cass. civ., sez. lav., 25 novembre 2019, n. 30679). Peraltro, è acquisito che il datore di lavoro risponda dell'evento lesivo occorso al proprio dipendente non solo quando abbia omesso di adottare le misure protettive idonee, ma altresì allorquando lo stesso non accerti e vigili che queste vengano rispettate da parte del lavoratore (ex multis, di recente, Cass. pen., sez. IV, 20 marzo 2023, n. 11513; Cass. civ., sez. lav., 4 febbraio 2016, n. 2209). Come noto, l'esenzione da responsabilità è viceversa possibile a fronte di un comportamento avente i caratteri della eccezionalità, abnormità, esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute – non ravvisabile nel caso di specie – tale da recidere il nesso causale tra l'infortunio intervenuto e l'obbligo di sicurezza gravante sul datore di lavoro, trattandosi semmai di definire i presupposti del fattore interruttivo ai sensi dell'art. 41 co. 2 c.p. (sul punto, Cass. pen., sez. IV, 5 febbraio 2024, n. 4927; Cass. pen., sez. IV, 23 novembre 2022, n. 7012; Cass. pen., sez. IV, 4 novembre 2021, n. 40002; Cass. pen., sez. IV, 26 gennaio 2021, n. 5794).

Riferimenti bibliografici minimi

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