La Corte costituzionale esclude i dubbi di costituzionalità sul DASPO urbano previsto dal decreto Minniti

La Redazione
26 Marzo 2024

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sul divieto di accesso ad aree delle infrastrutture dei servizi di trasporto e ad altre aree urbane specificamente individuate dai regolamenti comunali che, in base al decreto Minniti, il questore può disporre nei confronti di chi, nelle stesse aree, abbia reiteratamente commesso le violazioni di cui all'art. 9, commi 1 e 2.

Si tratta delle fattispecie di impedimento della loro accessibilità e fruibilità in violazione di divieti di stazionamento o di occupazione di spazi e altri illeciti specificamente indicati.

La questione è stata sollevata dal Tribunale di Firenze e riguarda l'art.10, comma 2, d.l. n. 14/2017, convertito, con modificazioni, nella l. n. 48/2017.

In particolare, la Corte ha escluso che la norma «nel subordinare la misura alla sussistenza di un possibile  pericolo per la sicurezza, faccia riferimento alla «sicurezza urbana» quale definita dall'art. 4 del decreto Minniti: concetto più ampio di quello contemplato dall'art. 16 Cost. quale ragione di possibili limitazioni alla libertà di circolazione, in quanto comprensivo anche del mero «decoro urbano». Il termine «sicurezza» deve essere inteso invece nel senso – coerente con la natura di misura di prevenzione atipica dell'istituto e in linea, altresì, con il dettato costituzionale – di garanzia della  libertà dei cittadini di svolgere le loro lecite attività al riparo da condotte criminose».

In conclusione, «affinché il divieto di accesso sia legittimamente disposto occorre, quindi, che vi sia un  concreto pericolo di commissione di reati: pericolo che, in base alla lettera della norma, deve essere rivelato «dalla condotta tenuta» dal destinatario. Ciò esclude anche l'asserita violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità (art. 3 Cost.), nonché quella della garanzia convenzionale della libertà di circolazione (art. 2 del Protocollo n. 4 alla CEDU), sotto il profilo della carenza di precisione della norma nell'individuazione dei presupposti della misura: carenza non riscontrabile neanche in rapporto alla descrizione delle condotte alla cui reiterazione quest'ultima è annessa».

*Fonte: DirittoeGiustizia