Cessazione degli effetti della separazione e rilievo assunto dal comportamento tenuto dai coniugi dopo l’omologa della separazione consensuale

05 Aprile 2024

Con la presente pronuncia, il Tribunale di Padova affronta il tema della cessazione degli effetti della separazione, avuto particolare riguardo alla valutazione dei comportamenti tenuti dalle parti successivamente all’intervenuta separazione consensuale, laddove non sussista una espressa dichiarazione congiunta dei coniugi in merito alla ricostruzione del vincolo coniugale.

Massima

La parte che ha interesse a far accertare l’avvenuta riconciliazione dei coniugi, dopo la separazione, ha l’onere di fornire una prova piena e incontrovertibile, che il giudice di merito è chiamato a verificare, tenendo presente che, in mancanza di una dichiarazione espressa di riconciliazione, gli effetti della separazione cessano soltanto col fatto della coabitazione, la quale non può ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontro e di frequentazione, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali.

Il caso

La vicenda trae origine dal ricorso promosso dalla moglie al fine di ottenere la separazione giudiziale, previo ordine di cancellazione dell’annotazione di quella personale precedente, ottenuta con omologa nel 2016. Tale pronuncia, infatti, a detta della donna, altro non era che una mera formalità, dato che il rapporto di coniugio, nonostante la formalizzazione della separazione, di fatto, non era mai cessato, avendo le parti continuato, senza alcuna interruzione di sorta, a convivere fino al 2020, anno in cui il matrimonio era naufragato a causa di una relazione extra coniugale intrattenuta dal marito. La ricorrente, quindi, chiedeva, previa cancellazione della precedente annotazione, la dichiarazione di separazione con addebito a carico del marito, nonché l’affido condiviso della loro figlia minore e il risarcimento dei danni patiti dalla stessa e dalla fanciulla a causa della condotta paterna di violazione degli obblighi familiari.

Siffatta ricostruzione, però, veniva contestata dal marito il quale sosteneva, al contrario, che la riconciliazione era stata puramente formale e che la convivenza era ripresa solo per dare stabilità alla figlia minore. Sosteneva, inoltre, di non aver instaurato alcuna relazione extraconiugale e che le frequentazioni con la figlia venivano ostacolate dalla moglie, con la quale era peraltro in disappunto circa l’educazione da impartire alla minore. Secondo il marito, quindi, la vita matrimoniale non sarebbe mai ripresa, né la moglie avrebbe provato il contrario, indi per cui la domanda di separazione avanzata dalla stessa era da considerarsi inammissibile non avendo la donna dato prova dell’avvenuta riconciliazione.

La questione

Ai fini dell’accertamento della cessazione degli effetti della separazione, in mancanza di una dichiarazione espressa da parte dei coniugi, che rilievo assume il comportamento tenuto da quest’ultimi dopo l’omologa della separazione consensuale?

Le soluzioni giuridiche

La questione affrontata dalla pronuncia in esame impone una breve digressione in merito alla tematica della cessazione degli effetti della separazione.

Al riguardo, la norma che viene in considerazione è rappresentata dall'art. 157 c.c., la quale fornisce la nozione di riconciliazione e disciplina gli effetti della stessa quando sia intervenuta dopo la sentenza di separazione giudiziale o dopo l'omologazione di quella consensuale.

I coniugi, infatti, possono far cessare lo stato di separazione di comune accordo, senza necessità dell'intervento del giudice, ripristinando nella sua pienezza la comunione coniugale di vita, attraverso un accordo espresso degli stessi oppure con un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione. Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, infatti, affinché si producano gli effetti della riconciliazione, non è sufficiente la dichiarazione dei coniugi di volersi riconciliare, ma è necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, costituenti manifestazione ed effetto della rinnovata società coniugale (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 23 gennaio 2018, n. 1630).

Al riguardo, poi, occorre ricordare che la riconciliazione comporta, da un lato, la cessazione, ex nunc, dello stato di separazione instauratosi legalmente tra i coniugi a seguito della sentenza di separazione giudiziale o dell'omologazione del decreto di separazione consensuale e, dall'altro, l'interruzione del periodo di separazione, necessario per ottenere il divorzio.

Pertanto, nell'ipotesi in cui le parti non abbiano reso alcuna dichiarazione espressa non rimane che accertare se, dopo l'omologa della separazione consensuale, le stesse abbiano tenuto un comportamento incompatibile con lo stato di separazione. Di tale comportamento, spetta all'attore fornire la prova in modo pieno e incontrovertibile, dimostrando l'avvenuto ripristino della stabile convivenza e l'avvenuta ricostituzione del vincolo matrimoniale nella sua essenza materiale e spirituale. La riconciliazione coniugale, però, non può consistere nel mero ripristino della situazione quo ante, dovendosi sostanziare nella ricostituzione del consorzio familiare, attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, vale a dire la ripresa di relazioni reciproche, oggettivamente rilevanti, tali da comportare il superamento di quelle condizioni che avevano reso intollerabile la prosecuzione della convivenza e che si concretizzino in un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione.

L'accertamento, poi, dell'avvenuta riconciliazione tra coniugi separati, per avere essi tenuto un comportamento non equivoco che risulti incompatibile con lo stato di separazione, dovrà essere compiuto dal giudice di merito attribuendo rilievo preminente: alla concretezza degli atti, dei gesti e dei comportamenti posti in essere dagli stessi coniugi, valutati nella loro effettiva capacità dimostrativa della disponibilità alla ripresa della convivenza e alla costituzione di una rinnovata comunione, piuttosto che con riferimento a supposti elementi psicologici, tanto più difficili da provare in quanto appartenenti alla sfera intima dei sentimenti e della spiritualità soggettiva. Tale valutazione, implica un'indagine di fatto, rimessa all'apprezzamento del giudice di merito che si sottrae, quindi, a censura, in sede di legittimità, là dove difettino vizi logici o giuridici.

Ciò premesso, nel caso in esame il Tribunale, stante la mancanza di qualsivoglia espressa dichiarazione congiunta dei coniugi in merito alla ricostruzione del vincolo coniugale e previa valutazione dei comportamenti tenuti dagli stessi a seguito della separazione consensuale del 2016, ha ritenuto che non fosse mai intervenuta l'interruzione del rapporto di coniugio e che tra i due sussistesse non una mera convivenza formale.

In particolare, secondo l'organo giudicante, da una serie di fatti, oggetto delle dichiarazioni e delle allegazioni delle parti, emergeva come tra i coniugi esistesse ancora un vero e proprio progetto matrimoniale di vita comune: a distanza di un anno dalla separazione, il marito aveva venduto una casa di sua proprietà e successivamente, sobbarcandosi un mutuo rilevante, ne aveva acquistata una nuova, ove l'intera famiglia si era trasferita. Da una serie di conversazioni tra i coniugi, poi, versate in atti, emergevano dinamiche tipiche di una coppia, che cerca di affrontare le difficoltà della vita coniugale, dimostrando comunque reciproco attaccamento sentimentale e spirituale, e un certo rammarico per un eventuale naufragare del rapporto. Non solo, ma lo stesso marito, nella sua comparsa di costituzione, aveva sottolineato, che l'affectio coniugalis, che contraddistingue il matrimonio, era venuto meno non in occasione della separazione consensuale nel 2016, ma nel 2018, in ragione della “mancanza di una affettività sostitutiva” e di “ogni intimità fisica”.

In conclusione, quindi, per il Tribunale, il tono e il contenuto delle e-mail, il pentimento emotivo emergente dalle stesse, nonché la circostanza che l'intera famiglia si fosse trasferita in una nuova abitazione dopo la sentenza di omologa della separazione, erano tutti elementi che andavano a comprovare come tra i coniugi non sussistesse dopo la separazione una mera convivenza formale unicamente indirizzata al benessere della figlia minore, ma un vero e proprio progetto di vita comune, ancorché caratterizzato da momenti anche negativi.

Osservazioni

La pronuncia in esame è senza dubbio interessante in quanto, come abbiamo avuto modo di vedere, ci ricorda come la valutazione, rimessa all’apprezzamento del giudice, del comportamento non equivoco e incompatibile con lo stato di separazione delle parti, implichi un’indagine di fatto da compiersi attribuendo rilievo preminente alla concretezza degli atti, dei gesti e dei comportamenti posti in essere dagli stessi coniugi, considerati nella loro effettiva capacità dimostrativa della disponibilità della ripresa della convivenza e alla costituzione di una rinnovata comunione.

Di conseguenza, quindi, in tale ottica, nelle cause che investono la crisi familiare, al fine di dimostrare, la cessazione o meno degli effetti della separazione, considerata l’importanza degli interessi coinvolti, particolare rilievo andranno sempre di più ad assumere gli sms, le e-mail e più in generale tutta la corrispondenza scambiata dai coniugi attraverso dispositivi virtuali o digitali.

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