Il collocamento paritario ed alternato nella casa familiare

08 Aprile 2024

Il provvedimento annotato costituisce l’occasione per ripercorrere le principali linee interpretative che, partendo dalla individuazione del genitore collocatario e dalla possibilità di riconoscere un collocamento alternato presso le residenze di entrambi i genitori, giunge a riconoscere come nell’interesse del minore sia altresì possibile un collocamento paritario ed alternato presso un’unica abitazione familiare: non il minore che cambia, nel tempo, il proprio habitat familiare bensì i genitori che ruotano nel luogo, unitariamente considerato, degli affetti e dei ricordi.

Massima

In ragione delle caratteristiche del caso concreto, il diritto del padre e della madre di essere presenti in maniera paritetica nella vita dei figli si manifesta, anche in assenza di un preciso accordo di tutte le parti, nella possibilità per il Giudice di disporre un collocamento paritario in cui non siano i figli ad alternarsi nelle abitazioni di ciascun genitore, bensì questi ultimi a dover ruotare, nel tempo, nella casa familiare unitariamente considerata.

Il caso

La vicenda trae origine dal provvedimento con cui la Corte di Appello di Torino ha rigettato il reclamo con cui un genitore (la madre) chiedeva, in riforma del decreto del Tribunale di Cuneo impugnato, che fosse disposta la collocazione prevalente e la residenza anagrafica dei figli minori presso la propria abitazione, nonché una nuova disciplina dei tempi di permanenza con l’altro genitore (il padre), oltre alla rideterminazione delle spese di mantenimento.

In particolare, il Tribunale (nell’affidare i figli congiuntamente ad entrambi i genitori, con esercizio disgiunto della responsabilità genitoriale sulle questioni di ordinaria amministrazione e congiunto per quelle di maggiore importanza), pur avendo disposto che i minori avessero residenza e collocazione stabile presso la casa familiare – assegnata alla madre al solo fine di garantire un titolo giuridico, essendo, viceversa, l’altro genitore nudo proprietario dell’immobile – ciononostante disciplinava i loro tempi di permanenza nella stessa con ciascun genitore per settimane alternate.

Ed invero, secondo il giudice di prime cure, stante il mancato accordo dei genitori, la soluzione più corretta appariva proprio quella che consentiva e riconosceva «pari tempo con le figlie ad entrambi i genitori», mediante un sistema di rotazione a settimane alterne nella casa familiare; soluzione, questa, ritenuta praticabile anche in ragione del fatto che ciascuna parte era proprietaria di altri immobili presso i quali poter permanere nel tempo in cui la casa familiare fosse concretamente abitata dall’altro coniuge o, comunque, fonte di reddito per eventualmente reperire altra abitazione.

La questione

La vera questione problematica attiene ai requisiti in presenza dei quali può essere disposto il «collocamento alternato» dei minori, nonché alle conseguenze sulla assegnazione della casa familiare: il collocamento alternato può essere utilizzato anche quando non vi è accordo dei genitori? Inoltre, il diritto dei genitori di essere presenti in maniera paritetica nella vita dei figli presuppone «una divisione a metà nel tempo» di frequentazione? Infine, in caso di collocamento alternato, può essere disposta l’assegnazione della casa familiare ad un solo genitore?

Le soluzioni giuridiche

Il provvedimento in epigrafe offre ai quesiti posti una soluzione particolarmente equilibrata, capace di valorizzare tutte le più rilevanti circostanze fattuali allegate dalle parti, nella consapevolezza che «il miglior interesse dei bambini passa necessariamente dal benessere dei genitori e in genere da un assetto complessivo che ragionevolmente soddisfi tutti gli interessi in gioco» (L. Delli Priscoli, L'interesse superiore del minore nel divorzio, fra affidamento condiviso e collocamento prevalente, in Dir. Fam. Pers , 1/2019, pp. 262 ss.).

Nella fattispecie de qua, invero, la sussistenza dei presupposti del collocamento paritario dei figli, a settimane alterne, presso l'abitazione familiare ha trovato il proprio fondamento tanto nella costante presenza di entrambi i coniugi nella vita dei minori (anche mediante il supporto dei nonni materni e paterni) quanto nella piena realizzazione dei bisogni ed esigenze primarie della prole, la quale ha manifestato «un attaccamento sicuro nei confronti di entrambi i genitori, percepiti come accudenti, consolanti e protettivi» (App. Torino, 14 marzo 2024, n. 314).

Nell'interesse del minore si comprende, allora, come l'applicazione dell'affido alternato presso una unica abitazione familiare si distingua nettamente rispetto alle ipotesi in cui sia il minore a dover cambiare, nel tempo, il proprio habitat familiare.

Il doppio domicilio presso le abitazioni dei genitori con un regime di frequentazione paritario ed alternato, infatti, non corrisponde sempre alla imprescindibile esigenza di serenità del bambino (salva, evidentemente, la sua ferma volontà di mantenere una frequentazione a settimane alterne presso i due genitori: così Trib. Firenze, 2 novembre 2018, n. 2945; C. Ravera, Affido condiviso con poteri decisionali a un solo genitore e collocamento alternato: quando il minore dice sì, in IUS Famiglie, 2019), la quale piuttosto deve essere correttamente individuata proprio nella sicurezza di avere un ambiente di vita stabile e duraturo, garantita dalla permanenza presso la casa familiare in cui ha vissuto fino alla fase rappresentata dalla crisi coniugale (Trib. Velletri, sez. I, 6 maggio 2020, n. 680).

L'istituto del collocamento alternato – secondo una autorevole tesi giurisprudenziale – per assicurare «buoni risultati» necessiterebbe così di «un accordo tra i genitori» condiviso anche dal figlio, posto che «non ci sono dubbi … che modificare continuamente la propria casa di abitazione può avere un effetto destabilizzante per molti minori» (Cass. civ., sez. VI, 15 febbraio 2017, n. 4060).

In senso contrario, peraltro, sul presupposto che la frequentazione dei figli da parte della madre e del padre debba ispirarsi al principio secondo cui ciascuno dei genitori possa «partecipare alla quotidianità dei minori, seguendone il progressivo venir meno della figura del “coniuge prevalente collocatario”», si è iniziato a chiarire – seppure in forza delle modalità e tempistiche in tal senso stabilite dalle parti – che «è legittima la modalità di collocamento del figlio minore che preveda l'alternanza dei genitori a vivere con il figlio presso l'abitazione di uno dei due coniugi» (Trib. Rieti, 11 ottobre 2018, n. 489; Trib. Roma, sez. I, 26 marzo 2019, n. 6447).

Nel medesimo senso, inoltre, al fine di promuovere un affido realmente condiviso, si è affermato – anche mediante una compiuta ricostruzione dei diversi orientamenti – che ove sussistano le condizioni di fattibilità in considerazione delle caratteristiche del caso concreto si potrebbe privilegiare una suddivisione paritetica dei tempi di permanenza presso ciascun genitore (Trib. Catanzaro, sez. I, 28 febbraio 2019, n. 443).

In tale contesto (M. Botton, Collocamento paritario dei figli: innovazione o illusione?, in IUS Famiglie, 2019), pertanto, oltre alla tradizionale e consolidata prassi della individuazione del soggetto collocatario, con conseguente determinazione di uno specifico regime di visita per l'altro (Cass. civ. sez. I, sent. 12 settembre 2018, n. 22219), si affiancherebbe – come evidenziato nella decisione in commento – non solo l'istituto del collocamento in modo paritetico presso entrambi i genitori, ma soprattutto la possibilità di stabilire una alternanza di questi ultimi a vivere nella casa familiare, unitariamente considerata.

Unitariamente considerata perché, in passato e seppure in diversi contesti, si è già ammessa «l'assegnazione di una porzione della casa familiare al genitore non collocatario», ma esclusivamente negli specifici casi in cui l'unità abitativa fosse risultata «del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia» ovvero «agevolmente divisibile» (Cass., sez. VI, 29 aprile 2022, n. 13658).

Nel percorso ermeneutico intrapreso dalla Corte di Appello di Torino lo scenario odierno presenta, in definitiva, significative e rilevanti differenze rispetto ad un sistema familiare tradizionalmente inteso, mostrando l'attualità delle domande che di volta in volta si ripresentano all'interprete, nonché l'importanza dei risvolti pratici delle possibili soluzioni variamente adottate.

Osservazioni

La pronuncia in commento consente, innanzi tutto, di rimeditare l’opinione per cui il presupposto indefettibile ed inderogabile del provvedimento di assegnazione della casa familiare consiste nel fatto che il coniuge assegnatario sia affidatario (o collocatario, nel caso in cui, come di regola, i genitori siano entrambi affidatari) di figli minori ovvero conviva con figli maggiorenni non indipendenti economicamente.

Nella vicenda in esame, infatti, come detto, l’assegnazione della casa familiare è stata disposta al solo fine di garantire alla madre un titolo per permanere nell’immobile insieme alle figlie nelle settimane di alternanza di sua spettanza; e, ciò a differenza del padre che, invece, non necessitava della assegnazione stessa vuoi in ragione di un proprio ed autonomo diritto reale sull’immobile, vuoi in virtù del provvedimento stesso (nella parte in cui, appunto, riconosceva pari tempi di permanenza con le figlie nella abitazione).

L’importanza della decisione, inoltre, consiste nell’aver posto in luce – al fine di giustificare una rotazione dei genitori nella abitazione familiare – le difficoltà di comunicazione all’interno della comunità domestica non disgiunte, però, dalla «consapevolezza» e dal «desiderio» di entrambe le parti «di potersi parlare e raccordare come genitori», onde l’auspicio ed essenzialità «di intraprendere un percorso di coordinazione genitoriale».

Il collocamento alternato nella casa familiare si delinea, pertanto, come il corollario del tempo che ciascun genitore dovrebbe trascorrere con il figlio.

Evidentemente, il rapporto tra genitori e figli non passa necessariamente (quasi si dovesse trattare di una regola generale ed astratta) per una matematica suddivisione quantitativa dei tempi, quanto per la qualità degli spazi e delle occasioni di frequentazione che, anche se apparentemente ridotte, consentano a ciascuno di partecipare al vissuto quotidiano dell’altro instaurando «empatia, dedizione e progettualità» (cfr. F. Danovi, La Cassazione si esprime (ante litteram?) sulla parità dei tempi dei genitori con il minore, in Fam Dir., 3/2019, pp. 250 ss.).

Tutelare il superiore interesse del minore, del resto, significa evitare non solamente che il reperimento di una nuova abitazione si trasformi in un luogo inaccessibile ed in uno spazio solitario, ma anche tutte quelle difficoltà determinate dalla presenza di un domicilio presso entrambi i genitori.

Sembrerebbero attenuarsi, per tale via, le distanze espresse nella vicenda in esame dalle parti: quella della reclamante, volta a sostenere che in assenza di accordo, non si sarebbe potuto attuare il collocamento paritario ed alternato; e quella del padre, preoccupato di osservare che non esiste un regime ordinario per cui il genitore collocatario debba essere necessariamente e aprioristicamente la madre.

La forma e misura della decisione (individuata nella divisone eguale, nel tempo e nei luoghi, riconosciuta a ciascun genitore nei rapporti con i figli) risiede, infatti, nella volontà («desiderio») delle parti di svolgere – nelle pur difficoltà che animano ogni relazione ormai consunta – insieme il proprio ruolo fondamentale (cioè di potersi «raccordare»), seppure con l’ausilio di una guida che li accompagni nella condivisione delle scelte e decisioni in favore della prole.

La delicatezza della materia trattata impone dunque «l’adozione di ogni misura che, anziché limitarsi a fornire risposte teoriche quanto alle cause della disfunzionalità genitoriale, cerchi di individuare le opportune soluzioni ed apprestare i conseguenti interventi» capaci di indirizzare «i genitori verso una dimensione familiare collaborativa» (S. Cappuccio, Conflitto familiare e tutela del minore: il coordinatore genitoriale, in Fam. Dir., 2/2020, pp. 156 ss.).

Per taluno, la lettura del decreto in commento potrebbe perfino racchiudere l’idea che la nuova realtà (quella conseguente alla crisi familiare) non dovrebbe tradire e disconoscere il lavoro svolto nel passato, il quale costituisce sempre un punto di riferimento, specialmente per chi, come i genitori, nel perseguire il bene dei figli non potrebbe non confrontarsi con i cambiamenti del costume sociale: «dunque, un diritto della famiglia specchio della società civile. Una società civile che pur tra mille difficoltà comprende e riconosce comunque il valore della solidarietà tra soggetti e tra generazioni, dentro e fuori la famiglia. Famiglia che resta il principale, se non esclusivo, punto di incontro tra gli individui e che quindi si presenta, seppur sotto spoglie multiformi e mutevoli, come istituto insostituibile per la protezione e promozione dell’individuo» (F. Marinelli, Gli itinerari del codice civile, Milano, 1995, p. 131).