Sky ECC: dopo le Sezioni Unite, un annullamento con rinvio nel segno della continuità
08 Aprile 2024
I fatti di causa Nel confermare la ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta nei riguardi di un soggetto, accusato del reato di tentato omicidio nella forma aggravata dalla circostanza della mafiosità - nella sua duplice accezione, oggettiva e soggettiva -, il Tribunale del Riesame di Bari si interessava della spinosa questione processual-penalistica, concernente la utilizzabilità delle chat scambiate sulla piattaforma di messaggistica crittografata Sky ECC. Come nella stragrande maggioranza dei procedimenti interni, in cui gli Uffici di Procura italiani avevano fatto ricorso all'ordine europeo d'indagine (OEI) per ottenere dall'AG francese i messaggi intercorsi sulla applicazione della Sky Global, pure nell'ambito della inchiesta pugliese in trattazione, nonostante l'accenno alle diverse e ulteriori tecniche investigative, per così dire tradizionali, nel corso del tempo praticate, la unica effettiva fonte di prova a carico dell'inquisito si riduceva alle chat criptate, acquisite dall'estero. Tali messaggi, secondo il Giudice della Cautela, dovevano considerarsi alla stregua di comuni documenti, con la conseguenza che la norma interna a venire in rilievo ai fini della legittima emissione dell'OEI era da ravvisarsi nell'art. 234-bis c.p.p. Quanto poi alla diversa questione che riguardava la legittimità dell'attività investigativa previamente svolta in Francia, per la ordinanza impugnata, non potevano nutrirsi dubbi di sorta, considerato che la difesa non aveva lamentato la violazione di principi fondamentali o di norme inderogabili dell'ordinamento interno. Come diversamente non sarebbe potuto accadere, rilevato che alcuna istanza, protesa alla acquisizione del carteggio inerente il procedimento base transalpino, sarebbe stata rivolta al PM procedente. P.M. procedente che per parte sua non sarebbe stato invece obbligato a depositare le informazioni procedimentali afferenti alla inchiesta straniera a monte, se non fosse stato all'uopo sollecitato. Rigettata la richiesta interposta ai sensi dell'art. 309 c.p.p., il ristretto, per il tramite del proprio legale, proponeva ricorso per cassazione. Più esattamente, l'atto d'impugnativa, opportunamente corredato della istanza difensiva, tempo addietro presentata agli organi inquirenti, per conoscere delle modalità acquisitive delle chat incriminatrici -allegazione questa necessaria onde evitare la violazione del principio dei autosufficienza del ricorso- denunciava il fatto che la DDA del capoluogo pugliese era rimasta inerte, nonostante il sollecito a rendere ostensibile: sia la documentazione riproduttiva dell'attività investigativa espletata in Francia prima ed a prescindere dall'inoltro dell'OEI; sia il carteggio attestante le operazioni materiali che l'AG transalpina aveva posto in essere, per dare concreta attuazione alla domanda di cooperazione unionale in materia di giustizia penale ricevuta dall'Italia. Considerato che tale istanza difensiva era rimasta censurabilmente inevasa, e che il giudice italiano non era stato posto nella condizione di valutare la osservanza o meno dei principi fondamentali e delle norme inderogabili dell'ordinamento interno ad opera del Tribunale di Parigi, nella prospettiva del ricorrente, i messaggi Sky ECC non potevano dunque ritenersi spendibili in giudizio. Questo profilo sarebbe risultato di per sé assorbente. L'atto di impugnativa tuttavia non si arrestava sul punto, ed anzi proseguiva nel proprio ragionamento, interrogandosi circa i possibili scenari che si sarebbero potuti palesare, una volta analizzato l'incartamento afferente la inchiesta base transalpina. Laddove fosse emerso che l'AG francese aveva intercettato ogni comunicazione corsa sulla piattaforma della Sky Global, la norma interna alla cui stregua erano stati emessi gli OEI sarebbe stata da individuarsi nell'art 270 c.p.p. Nella diversa ipotesi in cui le comunicazioni scambiate tra gli Sky ECC users fossero state acquisite, solo dopo che fosse stata estratta copia della memoria dei server in uso alla Sky Global, a venire in rilievo sarebbero stati invece i diversi istituti della copiatura del dato informatico o della perquisizione del sistema telematico. Nell'uno e nell'altro caso, a parere dell'impugnante, i titolari dell'azione penale, per emettere l'OEI, si sarebbero dovuti comunque premunire della autorizzazione del GIP. Se è infatti obbligato il passaggio per il giudice, ogniqualvolta s'intendano richiedere i tabulati telefonici, sarebbe paradossale che, per l'apprensione dei dati intrinseci di una comunicazione, basti il semplice provvedimento del P.M. La decisione Nel decidere il ricorso devoluto alla sua cognizione, la I Sezione Penale ha preso le mosse dai principi di diritto elaborati dal Supremo Consesso, per come desumibili dalle informazioni provvisorie, pubblicate dopo la trattazione dei due distinti ricorsi inerenti la materia della utilizzabilità delle chat scambiate su Sky ECC, che erano stati discussi il 29 febbraio 2024. Principi questi che possono essere così brevemente sunteggiati. I messaggi confluiti nei procedimenti penali interni, in esecuzione degli OEI evasi dal Tribunale di Parigi, sostanziano verbali di prova di un diverso giudizio. La norma interna, alla cui stregua gli organi inquirenti italiani hanno richiesto la trasmissione delle chat scambiate su Sky ECC, non è dunque individuabile nell'art. 234-bis c.p.p., ma piuttosto nell'art. 270 o 238 c.p.p., a seconda della natura intercettativa o meno dell'attività d'indagine previamente esperita nel quadro della inchiesta transalpina a monte. Il P.M. non deve premunirsi di alcuna autorizzazione del Giudice per le Indagini Preliminari, per poter trarre un OEI, proteso alla acquisizione di prove già nella disponibilità dello Stato d'esecuzione. Spetta in ogni caso al giudice del Paese d'emissione la competenza a valutare se le emergenze probatorie sopraggiunte dall'estero siano state raccolte, nel rispetto deli principi fondamentali e delle norme inderogabili della lex fori, primi fra tutti, il diritto di difesa e la garanzia del giusto processo. Nella specificità del caso in esame, l'Ufficio di Procura procedente non aveva prodotto in giudizio né il carteggio riproduttivo dell'attività investigativa condotta nel quadro del procedimento base transalpino, né tantomeno la documentazione inerente le operazioni materialmente condotte in Francia, per dare pratica attuazione all'OEI; e pertanto, il Tribunale del Riesame non era stato posto in condizione di valutare se l'operato dell'AG transalpina avesse o meno osservato quelli che sono per la lex fori diritti fondamentali e inviolabili. Sulla base di questa pluralità di rilievi di ordine giuridico e materiale, la pronuncia ora in commento, disponendo l'annullamento del provvedimento gravato, ha demandato al giudice del rinvio il compito di qualificare i mezzi istruttori precedentemente assunti in Francia e di valutare la compatibilità del loro procedimento acquisitivo con i principi cardine dell'ordinamento italiano. Qualche riflessione a caldo Dopo una lunga stagione oscurantista, protrattasi per quasi due anni, il Supremo Consesso, ratificando nei fatti i contenuti delle pronunce gemelle e della ordinanza di rimessione della VI Sezione Penale, sembra aver fatto giustizia, sia pure solo in parte, dell'inappagante quadro giurisprudenziale, che si era venuto a consolidare, in relazione alla utilizzabilità delle chat scambiate su Sky ECC, acquisite dalla Francia per il tramite della procedura OEI. Secondo le informazioni provvisorie diramate dalle Sezioni Unite, i messaggi corsi sulla applicazione della Sky Global non possono infatti ridursi a semplici documenti informatici, ma debbono essere trattati come verbali di prova di un diverso procedimento. Con la conseguenza che la norma interna, alla cui stregua gli Uffici di Procura di tutta Italia hanno richiesto la trasmissione delle chat in formato decriptato intercorse sulla applicazione della Sky Global, può individuarsi nell'art. 270 o nell'art. 238 c.p.p., a seconda che l'AG francese, nel quadro del proprio procedimento penale interno, abbia o meno praticato le intercettazioni. Se l'affermazione di questo secondo principio di diritto, in astratto, parrebbe più che condivisibile, in concreto, dà adito a serie perplessità. D'altro canto, il richiamo all'art. 238 c.p.p., che è contenuto nella informazione provvisoria correlata al ricorso precedentemente assegnato alla III Sezione Penale, e che non figura invece nella diversa notizia di decisione riguardante la differente impugnativa inizialmente devoluta alla VI Sezione Penale, appare inconferente, emergendo in maniera nitida, dal carteggio relativo al procedimento base transalpino, che i messaggi scambiati sulla piattaforma della Sky Global erano stati intercettati in formato cifrato, su disposizione del Tribunale di Lille, a far data dal 14 giugno 2019. Non basta: la lettura della sola informazione provvisoria, riguardante la decisione assunta dal Supremo Consesso sul ricorso rimesso dalla III Sezione Penale, fa sorgere più di qualche dubbio, pure nella parte in cui viene affermato che l'art 6 par. 1 lettere a) e b) della Direttiva 2014/41/UE debba in ogni caso darsi per osservato, sia che gli OEI siano stati emessi ai sensi dell'art. 270 c.p.p. sia che siano stati tratti a norma dell'art. 238 c.p.p. Nello stabilire questo principio di diritto e nell'affermare all'un tempo che il giudice del Paese d'emissione non può disinteressarsi della natura degli atti d'indagine previamente esperiti in Francia, dovendo verificare il rispetto dei principi fondamentali e delle norme inderogabili dell'ordinamento interno, le Sezioni Unite, a ben vedere, hanno assunto posizioni assai controverse su tre diversi argomenti molto delicati, e segnatamente: sui presupposti applicativi degli artt. 270 e 238 c.p.p., sulle interrelazioni tra l'art 270 e 238 c.p.p., da un lato, e l'art. 6 par. 1 lettere a) e b) della Direttiva 2014/41/UE, dall'altro, nonché sui rapporti tra la disciplina rogatoriale e la regolamentazione OEI. Più in particolare, stando ai principi di diritto elaborati dall'organo nomofilattico nella sua composizione più autorevole, l'operatività degli artt. 238 e 270 c.p.p. non sarebbe condizionata ad alcun tipo di accertamento circa la legittimità del procedimento acquisitivo delle prove assunte nel giudizio straniero a monte. Le richieste istruttorie, veicolate attraverso gli OEI, e protese all'acquisizione di prove già nella disponibilità dello Stato d'esecuzione, dovrebbero dunque in ogni caso considerarsi rispettose dell'art 6 paragrafo 1 lettere a) e b) della Direttiva 2014/41/UE. Con la conseguenza che l'unica garanzia a vantaggio del prevenuto interessato da una domanda di cooperazione unionale in materia di giustizia penale, volta alla trasmissione di una prova già pre-confezionata in un diverso procedimento straniero, sarebbe assicurata dai principi giurisprudenziali elaborati in materia rogatoriale. Principi secondo i quali l'emergenza istruttoria sopraggiunta dall'estero può essere utilmente spesa in un procedimento interno, in tanto in quanto la sua acquisizione non abbia importato la violazione di un principio fondamentale o di una norma inderogabile della lex fori. Per la verità, quello che parrebbe essere stato il percorso logico giuridico, seguito dal Supremo Consesso per addivenire al rigetto dei ricorsi inizialmente assegnati rispettivamente alla III e alla VI Sezione Penale, non sembra condivisibile. La logica implicita ma inequivoca, sottesa ai due diversi istituti di cui all'art. 238 e 270 c.p.p., è che una prova può tracimare dal giudizio A nel procedimento B, nella misura in cui sia legittima; altrimenti si assisterebbe ad una proliferazione incontrollata ed incontrollabile di una emergenza istruttoria inutilizzabile. Se dunque l'osservanza degli artt. 238 e 270 c.p.p. impone di interrogarsi circa la legittimità della prova, trasfusa nel verbale, di cui si richiede l'acquisizione, l'art 6 par. 1 lettere a) e b) della Direttiva 2014/41/UE offre il parametro alla cui stregua valutare la legittimità del procedimento ammissivo della emergenza istruttoria, previamente formata nel quadro del giudizio straniero a monte. Parametro da individuare nella lex fori nella sua interezza, e non solo nei principi fondamentali e nelle norme inderogabili propri dell'ordinamento dello Stato d'emissione. All'esito di questa diversa ricostruzione, appare così al dir poco evidente che la regolamentazione OEI sia alternativa e ben più garantista della disciplina rogatoriale, per come elaborata dalla giurisprudenza nel corso degli anni. Rappresentati e vagliati con spirito critico i principi di diritto affermati dal Supremo Consesso, nella decisione dei due ricorsi devoluti alla sua cognizione, e tornando al cuore del presente elaborato, occorre dare atto che la pronuncia della I Sezione Penale in commento costituisce la prima pratica applicazione degli insegnamenti giurisprudenziali impartiti dall'organo nomofilattico nella sua composizione più autorevole. Per quanto, di primo acchito, potrebbe sembrare il contrario, considerato che il Supremo Consesso ha confermato i provvedimenti impugnati, mentre la I Sezione si è risolta per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza gravata. La ragione del diverso esito delle variegate impugnative è però chiaro, e si sostanzia nel fatto che la DDA del capoluogo pugliese, nella specificità del caso in esame, si era astenuta dal produrre la documentazione inerente il procedimento base francese, attenendosi al precedente, inadeguato ed ingiustificabile orientamento giurisprudenziale, secondo il quale il giudice italiano avrebbe in ogni caso potuto utilizzare le chat scambiate su Sky ECC, senza doversi interessare delle loro modalità d'acquisizione in Francia: vuoi perché la Cassazione e il Consiglio Costituzionale transalpino in più di una occasione avevano affermato la piena legittimità dei mezzi istruttori esperiti nel quadro del giudizio straniero a monte; vuoi perché mai sarebbe stato possibile dubitare del fatto che la normativa processual-penalistica francese fosse retriva rispetto all'ordinamento interno, quanto alla tutela dei diritti fondamentali. Nell'annullare il provvedimento gravato e nell'invitare il giudice del rinvio a conoscere delle modalità di apprensione delle chat scambiate su Sky ECC, attraverso l'acquisizione officiosa dell'incartamento afferente al procedimento base transalpino, la I Sezione Penale non si è insomma discostata dai principi di diritto affermati dal Supremo Consesso; ma, al contrario, vi ha dato concreta attuazione. Se questo dato ad un'analisi più approfondita si rivela inequivoco, il provvedimento annotato sembra viceversa aver originato una ulteriore ed inedita questione giuridica, indubbiamente delicata. Per costanti insegnamenti giurisprudenziali, il titolare dell'azione penale non è obbligato a corredare la istanza interposta ai sensi dell'art. 291 c.p.p. dei decreti autorizzativi alle espletate intercettazioni né tantomeno a provvedere alla loro trasmissione presso il Tribunale della Libertà. Quando però il difensore dell'indagato ne abbia richiesto l'acquisizione, senza che simili decreti siano confluiti in atti prima della decisione del giudice del riesame, i risultati della espletata attività captativa debbono darsi per inutilizzabili. Nella vicenda ora al vaglio, prima della decisione del Tribunale della Libertà, la difesa del ricorrente aveva solertemente richiesto all'Ufficio di Procura barese di poter entrare in possesso dei provvedimenti francesi, in esecuzione dei quali la polizia d'oltralpe aveva potuto acquisire le chat scambiate sulla piattaforma di messaggistica crittografata della Sky Global. Non appena il procedimento tornerà dinanzi al giudice del rinvio, e in quella sede verranno acquisiti i fantomatici provvedimenti autorizzativi alle captazioni precedentemente svolte in Francia, occorrerà allora domandarsi se i risultati delle intercettazioni, confluiti dall'estero nel procedimento interno, potranno essere comunque utilmente spesi in giudizio. Di sicuro, laddove questa situazione, al dir poco kafkiana, dovesse essere definita nel senso che i decreti dispostivi delle intercettazioni ben possano essere prodotti solamente in sede di rinvio, senza che la utilizzabilità delle risultanze delle captazioni ne risenta minimamente, bisognerebbe rassegnarsi all'idea che, in materia di criminalità organizzata, l'omissione dell'inquirente, processualisticamente sanzionabile, si tramuti in una mera svista, sanabile in via giurisdizionale. Ma del resto, la vicenda Sky ECC tutta insegna che il fine nobile delle inchieste portate avanti dalle varie DDA nazionali sia suscettivo di giustificare ben altro: persino, il principio di diritto - per la verità sconfessato anche da primarie espressioni della magistratura inquirente italiana - secondo il quale l'ordinamento italiano, al pari della legge francese, avrebbe consentito di porre sotto intercettazione, nel corso di poco meno di due anni, le 170.000 utenze sottese ad una intera piattaforma di telecomunicazioni, nonostante la stragrande maggioranza dei suoi abbonati non fosse stato raggiunto dal men minimo indizio di reità. |