Abusi edilizi: nel riparto dell’onere probatorio tra privato e amministrazione spetta al ricorrente la prova delle circostanze che rientrano nella sua disponibilità
11 Aprile 2024
Il Consiglio di Stato nell'ambito della trattazione della controversia in esame ha chiarito che nella specifica materia della repressione degli abusi edilizi il criterio di riparto dell'onere probatorio tra privato e amministrazione discende dall'applicazione del principio di vicinanza della prova, in forza del quale spetta al ricorrente l'onere della prova delle circostanze che rientrano nella sua disponibilità. Nello specifico il TAR per la Puglia, respingeva il ricorso proposto da un privato proprietario per l'annullamento della determinazione dirigenziale del Comune di annullamento del precedente permesso di costruire (d'ora in poi, PdC), nonché con motivi aggiunti della successiva ordinanza di demolizione delle opere abusive; ciò in quanto non era stata fornita adeguata dimostrazione che le opere, a cui si riferiva il PdC per “presa d'atto” di costruzione, risalivano ad epoca anteriore alla c.d. legge ponte n. 765/1967, che con l'art. 10, novellando l'art. 31 della l. n. 1150/1942, ha imposto il previo rilascio di un valido titolo edilizio, nella specie carente. Tale sentenza veniva appellata dall'originario ricorrente che lamentava il cattivo uso da parte del Comune del potere di autotutela, viziato da deficit istruttorio e motivazionale, nonché l'erronea valutazione dei fatti quanto al riparto dell'onere della prova. In via preliminare il Collegio ha ricordato che, ai sensi dell'art. 101 c.p.a., nel processo innanzi al Consiglio di Stato il ricorrente deve indicare puntualmente nell'atto di appello le critiche avverso i capi della sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni del primo Giudice non sono condivisibili, non essendo ammissibile il mero richiamo delle censure sollevate o la pedissequa riproposizione delle questioni e delle eccezioni articolate con il ricorso di primo grado. Quindi, il Collegio ha condiviso il richiamo del TAR al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell'opera edilizia anteriore al 1942 è a carico esclusivamente del privato, al fine di poter escludere la necessità di rilascio del titolo edilizio. Ad avviso del Collegio detto onere, deriva dagli articoli 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a., ai sensi dei quali spetta al ricorrente l'onere della prova sulle circostanze che rientrano nella sua disponibilità; tale onere di carattere processuale vale, prima ancora, nei rapporti tra il privato e l'Amministrazione, che in via generale, in presenza di un manufatto abusivo, privo del titolo abilitativo, ha solo il potere/dovere di sanzionarlo ai sensi di legge. Il Collegio, poi, ha posto in rilievo la correttezza del comportamento amministrativo del Comune e del procedimento amministrativo di secondo grado avviato dal Comune per le oggettive discrasie documentali, con le comunicazioni di avvio del procedimento di autotutela, nel rispetto del principio di buona fede e di leale collaborazione, a fronte del quale vi è stata l'assenza di collaborazione e di riscontri dell'interessato. Infatti, nonostante le reiterate sollecitazioni da parte del Comune al privato per documentare la risalenza temporale delle opere di cui al PdC, l'interessato rimaneva silente, omettendo di adempiere all'onere di dimostrare la data delle opere a un periodo anteriore al 1942. Inoltre, ad avviso del Collegio, anche le allegazioni probatorie introdotte in giudizio dal ricorrente non hanno sanato il deficit dimostrativo, perché non hanno offerto alcun obiettivo, adeguato ed inequivoco elemento dimostrativo sull'esatta risalenza temporale e sulla loro precisa consistenza ante 1942 delle modifiche alle strutture originarie. Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello. |