Cambiamento climatico: per la Corte EDU gli Stati devono assicurare un’efficace protezione contro i gravi effetti dannosi sulla salute, benessere e qualità di vita

La Redazione
15 Aprile 2024

La Corte EDU, chiamata a stabilire se alcuni Stati UE avessero violato i diritti dei loro cittadini, non avendo adottato le misure necessarie a tutela dei gravi effetti del cambiamento climatico, pronunciandosi in tre casi distinti, per la prima volta, ha ritenuto esistente un collegamento tra rispetto degli obblighi sul clima e diritti umani ed il diritto alla protezione effettiva da parte delle autorità dello Stato contro tali effetti negativi sulla salute dell'uomo.

Con tre sentenze del 9 marzo 2024, la Corte EDU si è pronunciata su tre casi distinti sui quali i giudici di Strasburgo sono stati chiamati a stabilire se gli Stati avessero violato i diritti dei loro cittadini per non aver adottato tutte le misure necessarie volte ad attuare gli Accordi di Parigi e COP28, al fine di evitare i gravi effetti derivanti dal cambiamento climatico.

Nel caso D. A. e altri c. Portogallo e altri 32 stati, sei giovani portoghesi lamentavano che i paesi vincolati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo avessero violato molti dei loro diritti umani, accusandoli di non aver adottato tutte le misure necessarie per ridurre le emissioni di gas serra. I ricorrenti sostenevano che il Portogallo negli anni ha subito una serie di effetti del cambiamento climatico: un aumento delle temperature medie, nonché temperature estreme all'origine dello scoppio di diversi incendi boschivi.

Nel caso D. C., l'ex sindaco di Grande-Synthe (nel nord della Francia) ha criticato il governo francese per non aver adottato misure sufficienti per limitare il riscaldamento globale, che ha aumentato il rischio di inondazioni nella regione.

Se da una parte le cause gemelle C.c. Francia e D. A. ed altri c. Portogallo, sono state dichiarate irricevibili per ragioni diverse dalla Corte EDU, dall'altra, i giudici di Strasburgo hanno condannato la Svizzera nel caso V. K.S. e altri c. Svizzera, sentenza in cui per la prima volta si lega la tutela dei diritti umani al rispetto degli obblighi sul clima.

La causa riguarda un ricorso presentato da quattro donne e da un'associazione svizzera, i cui membri sono donne anziane preoccupate per le conseguenze del riscaldamento globale, per la loro salute e le loro condizioni di vita. Per le ricorrenti le autorità svizzere, nonostante gli obblighi loro imposti dalla Convenzione, non hanno adottato misure sufficienti per attenuare gli effetti del cambiamento climatico.

In risposta, la Corte EDU, con sentenza del 9 aprile 2024, ha affermato che l'art. 8 della Convenzione EDU sancisce il diritto ad una protezione effettiva da parte delle autorità dello Stato contro i gravi effetti negativi del cambiamento climatico sulla salute, il benessere e la qualità della vita.

Constatando tuttavia che le quattro ricorrenti individuali non soddisfano i criteri relativi alla qualità di vittima ai fini dell'art. 34 della Convenzione EDU, essa ha dichiarato le loro censure irricevibili. Diversamente, ha ritenuto che l'associazione ricorrente fosse abilitata ad agire in giudizio (locus standi) di fronte alle minacce legate al cambiamento climatico in seno allo Stato convenuto, per conto di persone che possono far valere in modo difendibile soltanto la loro vita, la loro salute, il loro benessere e la loro qualità di vita (beni protetti dalla Convenzione) e che sono esposte a minacce o conseguenze negative specifiche legate al fenomeno in questione.

Alla luce delle argomentazioni sopra esposte, la Corte ha concluso che la Confederazione svizzera è venuta meno agli obblighi («obbligazioni positive») che la Convenzione le impone in relazione al cambiamento climatico. Il processo di attuazione del quadro normativo interno pertinente ha comportato gravi lacune, tra cui la mancata quantificazione, da parte delle autorità svizzere, tramite un budget di carbonio o in altro modo, dei limiti nazionali applicabili alle emissioni di gas a effetto serra.

Inoltre, la Svizzera non ha raggiunto i suoi obiettivi passati di riduzione delle emissioni di gas serra. Pur riconoscendo che le autorità nazionali godono di un ampio margine di discrezionalità quanto all'applicazione di una legislazione e di misure, la Corte ha constatato, sulla base degli elementi di cui dispone, che le autorità svizzere non hanno agito in tempo utile e in modo adeguato per concepire, elaborare e attuare la legislazione e le misure pertinenti nel caso di specie.

La Corte ha altresì affermato che l'art. 6, § 1 della Convenzione EDU si applica alla censura dell'associazione ricorrente relativa all'effettiva attuazione delle misure di attenuazione previste dal diritto interno in vigore ed i giudici svizzeri non hanno spiegato in modo convincente perché hanno ritenuto che non fosse necessario esaminare la fondatezza delle censure dell'associazione ricorrente. Tali giurisdizioni non hanno infatti tenuto conto dei dati scientifici incontestabili riguardanti il cambiamento climatico e non hanno preso in considerazione le accuse formulate.

Pertanto, la Corte, ha condannato la Svizzera per aver violato l'art. 8 della Convenzione EDU, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare, in quanto non ha preso sufficienti misure per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.