Il deposito a mezzo PEC degli atti di impugnazione nel post-Cartabia: limiti e condizioni

15 Aprile 2024

A seguito dell'entrata in vigore della riforma Cartabia, è ancora ammissibile il deposito a mezzo PEC di un atto di impugnazione?

Massima

Il deposito degli atti di impugnazione mediante la posta elettronica certificata è consentito fino al quindicesimo giorno successivo all'entrata in vigore dei regolamenti di cui all'art. 87 del d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia).

Il caso

L'ufficio Gip presso il Tribunale di Catania riceveva a mezzo posta elettronica certificata un atto di opposizione a decreto penale di condanna, sottoscritta dal difensore dell'imputato, con contestuale richiesta di procedere nelle forme del rito a prova contratta. Il giudice ne dichiarava l'inammissibilità rilevando che il mezzo di impugnazione era stato depositato con modalità diverse da quelle previste nel codice di rito a pena di inammissibilità. Il difensore proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 87-bis d.lgs. 150/2022 e 582 c.p.p.

La questione

La questione oggetto del ricorso è incentrata sulla ammissibilità dell'uso della PEC per eseguire il deposito di un atto di impugnazione anche successivamente all'entrata in vigore della “Riforma Cartabia”.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice di legittimità ha ritenuto fondata la censura mossa dalla difesa, e ne ha accolto il ricorso annullando senza rinvio il provvedimento impugnato, disponendo l'ulteriore corso del procedimento. Le ragioni poste a base della decisione di accoglimento sono illustrate con sintetica completezza: si osserva innanzitutto che il d.lgs. 150/2022 – che costituisce il corpus della riforma entrata in vigore all'inizio del 2023 – è stato integrato con un decreto-legge (il d.l. n. 162/2022, convertito con modificazione nella l. 30 dicembre 2022 n. 199) che ha predisposto una apposita disciplina transitoria, dedicata espressamente al deposito degli atti processuali. Quest'ultima è oggi contenuta nell'art. 87-bis del d.lgs. 150/2022 ed è articolata in modo lineare: si consente, fino al quindicesimo giorno successivo all'entrata in vigore dei regolamenti di cui all'art. 87 dello stesso plesso normativo, di depositare a mezzo posta elettronica certificata tutti quegli atti diversi da quelli elencati nell'art. 87, commi 6-bis e 6-ter del d.lgs. 150/2022 (cioè, quelli per i quali è stato ribadito il ricorso, quale unico canale di deposito, al PDP). Le condizioni di ammissibilità del deposito a mezzo PEC sono, invece, contenute nell'art. 87-bis, il quale a tal proposito prevede che il documento sia sottoscritto digitalmente e sia spedito all'indirizzo di posta certificata “ufficiale” indicato dal Ministero. La disciplina si completa con l'indicazione che gli eventuali allegati all'atto principale siano trasmessi in copia informatica per immagini, sottoscritta digitalmente dal difensore per attestarne la conformità. Per effetto di tale combinazione normativa, quindi, deve ritenersi consentito il deposito dell'opposizione a decreto penale di condanna – tecnicamente qualificabile come un'impugnazione – eseguito a mezzo PEC sebbene in data successiva all'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia.

Osservazioni

Il tema affrontato nella sentenza che vi abbiamo presentato è tutt'oggi attuale, nonostante l'entrata in vigore del d.m. 217/2023, che costituisce un esempio di decreto ex art. 87 d.lgs. 150/2022. Nel regolamento ministeriale appena citato, con il quale si stabilisce il cronoprogramma che renderà progressivamente il PDP l'unico strumento mediante il quale eseguire i depositi degli atti processuali, è contenuta anche una disciplina tecnica transitoria che ha suscitato, da parte di alcuni osservatori, parecchie inquietudini. Ci si riferisce al contenuto dell'art. 3, comma 8 del d.m. n. 217, nel quale è previsto il c.d. “triplo binario” per il deposito di alcuni atti processuali, tra i quali le impugnazioni. Si dispone, infatti, che fino a tutto il 2024 gli atti per i quali è previsto anche il deposito con modalità “non telematica” possano essere veicolati a mezzo PEC. A questo proposito è sorto il dubbio se tale disposizione sia legittima, in ragione del fatto che il d.m., fonte di rango secondario, non potrebbe disporre diversamente da quanto contenuto nel d.lgs. 150/2022, equiparato alla legge ordinaria. La questione, a nostro avviso, è soltanto apparente e i relativi timori sulle conseguenze dell'utilizzo della PEC successivamente all'entrata in vigore del regolamento ministeriale sono conseguentemente infondati. Rimane, infatti, vero che l'art. 87-bis d.lgs. 150/2022, mai abrogato, ha rimandato a fonti di rango secondario la determinazione delle modalità tecniche con cui eseguire i depositi degli atti processuali. L'utilizzo della PEC previsto nel d.m. 217/2023, quindi, non contrasta con il dettato normativo contenuto nella “Riforma Cartabia”, ma ne costituisce anzi puntuale applicazione proprio perché essa consiste in una specificazione tecnica della modalità di deposito – peraltro già contemplata nell'art. 87-bis d.lgs. 150/2022 - contenuta nella ridetta fonte secondaria, puntualmente legittimata da quella di rango superiore.