Figlio con due madri: ammissibile il procedimento di rettificazione per cancellare il nome della madre di intenzione scritto nell’atto di nascita

Gabriele Scuffi
15 Aprile 2024

La sentenza in commento affronta la spinosa e delicata tematica della trascrizione di un atto di nascita del figlio nato con la tecnica della procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero da una coppia dello stesso sesso.

Massima

La rettificazione degli atti di stato civile non può ritenersi limitata alla sola correzione degli errori materiali che siano commessi nella formazione degli atti di stato civile, poiché, come è dato desumere anche dall'art. 454 c.c. (poi abrogato dal d.P.R. n. 396/2000, art. 110, comma 3) che applica il procedimento di rettificazione a casi che restano al di fuori dell'ambito della mera correzione degli errori materiali, l'espressione “rettificazione richiesta dall'interesse pubblico” (r.d. n. 1238/1939, ex art. 163, poi abrogato dal medesimo D.P.R.) non può essere intesa in senso stretto, né può essere limitata alla sola rettificazione di singoli atti, ma deve essere riferita in senso ampio alla tenuta dei registri dello stato civile nel loro complesso e può ricomprendere la cancellazione di un atto compilato o trascritto per errore, la formazione di un atto omesso, ed anche la cancellazione di un atto irregolarmente iscritto o trascritto.

Il caso

Tizia e Caia hanno intrapreso un percorso di procreazione medicalmente assistita (PMA) in Spagna.

Successivamente alla nascita, avvenuta in Italia, entrambe le donne si sono dichiarate come madri di fronte all'Ufficiale di Stato Civile.

Alla registrazione della minore sull'atto di nascita presso il Comune di Lecco come figlia della sola partoriente seguiva la dichiarazione di riconoscimento davanti all'Ufficiale di Stato civile del medesimo Comune da parte della madre d'intenzione.

La Procura della Repubblica ha deciso, quindi, di promuovere ricorso ex art. 95 d.P.R. 396/2000, chiedendo l'annullamento dell'atto di riconoscimento nella parte in cui attestava la doppia genitorialità.

Il Tribunale di Lecco ha accolto il ricorso e il reclamo presentato dalle due madri è stato rigettato dalla Corte d'Appello di Milano.

Le due donne hanno quindi presentato ricorso per Cassazione eccependo tra i motivi proposti la violazione la falsa applicazione degli artt. 95 e 96 d.P.R. n. 396/2000.

Le ricorrenti hanno in particolare contestato l'ammissibilità della procedura azionata dalla Procura ritenendo che la controversia concerne lo status filiationis e si sarebbe dovuta risolvere, quindi, con un procedimento a cognizione piena (azione di stato) e non con un mero procedimento di rettifica dell'atto di nascita.

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso.

La questione

La sentenza in commento, avente ad oggetto la spinosa e delicata tematica della trascrizione di un atto di nascita del figlio nato con la tecnica della procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero da una coppia dello stesso sesso, affronta preliminarmente la questione se la cancellazione della madre di intenzione da un atto di nascita già iscritto (per contrarietà alla normativa) possa o meno essere effettuata attraverso la procedura di rettificazione prevista dall’art 95 d.PR n. 396/2000.

Successivamente viene nuovamente affrontata la problematica della legittimità della formazione da parte dell’Ufficiale di Stato Civile di un atto di nascita recante l’indicazione di due madri.

La questione al vaglio della Cassazione riguarda infatti anche il riconoscimento del rapporto di filiazione da parte della madre c.d. d'intenzione legata affettivamente alla donna che aveva gestato il feto e portato a termine la gravidanza dando alla luce la bambina tramite la tecnica di procreazione medicalmente assistita eterologa praticata in Spagna.

Le soluzioni giuridiche

1) Il procedimento di rettificazione previsto dall'art 95 d.P.R. 362/2000.

L'art. 95, d.P.R. n. 396/2000, disciplina le procedure giudiziali di rettificazione degli atti di stato civile, e anche il ricorso contro il rifiuto dell'ufficiale di stato civile, con riferimento alle richieste rivolte alla registrazione degli status personali.

La finalità dell'azione di rettificazione, in generale, è porre rimedio a una divergenza tra la realtà e quanto erroneamente riportato negli atti dello stato civile.

In proposito, si ricorda che: “...il procedimento in esame è volto ad eliminare una difformità tra la situazione di fatto, quale è o dovrebbe essere nella realtà secondo la previsione di legge, e come, invece, risulta dall'atto dello stato civile, per un vizio comunque e da chiunque originato nel procedimento di formazione dell'atto stesso, in quanto la funzione degli atti dello stato civile è proprio quella di attestare la veridicità dei fatti menzionati nei relativi registri...” (Cfr. Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2019, n. 13000).

Nella sentenza in commento si è posto il problema se tale azione possa essere esperita non solo quando si tratti di effettuare una correzione di un errore commesso al momento della redazione dell'atto di nascita ma anche per la rimozione definitiva rispetto alla madre di intenzione dello status di genitore del figlio.

La Corte di Cassazione ha dato risposta positiva affermando che l'unico strumento utilizzabile per contestare la legittimità dell'annotazione sull'atto di nascita è proprio il processo di rettificazione, la cui funzione esclude l'idoneità della decisione ad acquistare efficacia di giudicato in relazione alla sussistenza del rapporto di filiazione, che nel caso di specie deriva dalla dichiarazione di riconoscimento effettuata dalla madre intenzionale.

Il ricorso per correzione/rettificazione previsto dall'art. 95 del Regolamento per lo stato civile (n. 396/2000) è, pertanto, la procedura corretta da seguire, quando si tratta di cancellare una iscrizione già fatta e sbagliata perché contraria alle disposizioni della legge.

Si ricorda che prima dell'avvento del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 la normativa stato-civilistica conosceva un unico strumento per la correzione dell'errore materiale, contenuto nell'atto di stato civile: la rettifica giudiziale.

L'abrogato art. 165 del r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, prevedeva che il Procuratore della Repubblica poteva “in ogni tempo promuovere d'ufficio le rettificazioni richieste dall'interesse pubblico e quelle che riguardano errori materiali di scrittura, avvertite però sempre le parti interessate e senza pregiudizio dei loro diritti”.

La giurisprudenza di legittimità ha poi evidenziato che la rettificazione degli atti di stato civile, a tenore dell'art. 454 c.c., (poi abrogato dal d.P.R. n. 396 del 2000, art. 110, comma 3) non può ritenersi limitata alla sola correzione degli errori materiali commessi nella loro formazione, in quanto l'espressione "rettificazione" non va intesa in senso stretto, ma riguarda la tenuta dei registri dello stato civile nel loro complesso, compresa la formazione di un atto omesso (cfr. Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2021. Pres. Genovese. Est. Lamorgese)

La sentenza in commento, sulla scorta di tale orientamento, chiarisce pertanto che la procedura di rettificazione deve essere riferita in senso ampio alla tenuta dei registri dello stato civile nel loro complesso e può ricomprendere non solo la cancellazione di un atto compilato o trascritto per errore ma anche la cancellazione di un atto irregolarmente iscritto o trascritto (Cass. n. 16567/2021; Cass. n. 1204/1984).

Inoltre, i Giudici hanno ben rimarcato come l'autorità giudiziaria abbia una cognizione piena “sull'accertamento della corrispondenza di quanto richiesto dal genitore in relazione alla completezza dell'atto di nascita del figlio con la realtà generativa”.

2) L'illegittimità della trascrizione dell'atto di nascita del minore nato tramite PMA riportante il nominativo del genitore di intenzione.

La L. n. 40 del 2004, prevede che alle tecniche di procreazione medicalmente assistita possano accedere soltanto coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, non consentendo, dunque, l'accesso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali.

L'esclusione delle coppie formate da persone dello stesso sesso dalla tecnica della P.M.A. è già stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale.

Con la sentenza n. 230 del 4/11/2020 la Corte Costituzionale ha dichiarato, infatti, l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, evidenziando che l'art. 5 della Legge 40/2004 nella parte in cui esclude dalla P.M.A. le coppie formate da persone dello stesso sesso non determina una discriminazione basata sull'orientamento sessuale.

La Corte costituzionale ha, al riguardo, rammentato che anche la Corte Europea dei diritti dell'Uomo ha riconosciuto che una legge nazionale che riservi l'inseminazione artificiale a coppie eterosessuali sterili attribuendone una finalità terapeutica non può essere considerata fonte di una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti delle coppie omosessuali, rilevante agli effetti degli articoli 8 e 14 CEDU: ciò, proprio perché la situazione delle seconde non è paragonabile a quelle delle prime. (cfr. Corte E.D.U., sent. 15 marzo 2012, Gas e Dubois c. Francia).

L'infertilità fisiologica della coppia omosessuale (femminile) non è affatto omologabile all'infertilità (di tipo assoluto e irreversibile) della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive: così come non lo è l'infertilità "fisiologica" della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata.

Si tratta di fenomeni chiaramente e ontologicamente distinti.

L'esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è dunque fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull'orientamento sessuale (cfr. Corte cost. n. 221/2019).

È altresì da rilevare che la costante giurisprudenza di legittimità afferma senza equivoci, che qualora il minore sia nato in Italia e concepito mediante l'impiego di tecniche di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo praticate all'estero, non è accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto italiano di nascita tesa ad ottenere l'indicazione, in qualità di madre del bambino, della donna a colei legata da stabile relazione affettiva, poiché in contrasto con l'art. 4 comma 3 della l. n. 40/2004 che esclude il ricorso alle tecniche di PMA da parte di coppie dello stesso sesso, non essendo consentite, al di fuori dei casi previsti dalla legge, forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto (cfr. Cass. n. 7668/2020 , Cass. n. 8029/2020 , Cass. n. 7413/2022 ).

Pertanto, il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna che non lo ha ha partoritoe non ha quindi alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con la L. 40 del 2004, art. 4, comma 3 non essendo consentito, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico (cfr. Cass. n. 23321/2021; Cass. n. 9029/2020; Cass. n. 7668/2020).

La sentenza in commento aderisce ai principi già precedente espressi confermando ulteriormente che “in caso di concepimento all'estero mediante l'impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, la domanda volta ad ottenere la formazione di un atto di nascita recante quale genitore del bambino, nato in Italia, anche il c.d. genitore intenzionale, non può trovare accoglimento, poiché il legislatore ha inteso limitare l'accesso a tali tecniche alle situazioni di infertilità patologica, fra le quali non rientra quella della coppia dello stesso genere”.

Detto prinicipo, come anticipato, era stato confermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza del 30/12/2022, n. 38162 pur se il caso ha riguardato non la tecnica di P.M.A., ma la procedura di maternità surrogata praticata all'estero (considerata reato in Italia ai sensi dell'art. 12, comma 6, l. 40/2004 e punita con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da €600.000,00 a un milione di euro)

Dal momento che la pratica della maternità surrogata è contraria all'ordine pubblico internazionale in quanto offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, ne deriva che “non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero, e a fortiori l'originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il genitore d'intenzione, che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci .

Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite in materia di maternità surrogata è stato avallato dalla Corte EDU (sent. del 22/6/2023 n. 10810) anche con riferimento alle pratiche di P.M.A..

3) L'adozione in casi particolari quale soluzione idonea a tutelare l'interesse del minore.

L'adozione in casi particolari tutela il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi, o i minori che si trovino in particolari situazioni di disagio (cfr. articolo 44 lettere a, b, c e d della legge 184/1983).

La Corte di Cassazione con la sentenza in commento ribadisce da ultimo il proprio orientamento per cui l'indicazione della doppia genitorialità non è necessaria a garantire al minore la migliore tutela possibile, atteso che, in tali casi, l'adozione in casi particolari si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico, alla luce di quanto stabilito dalla sentenza della Corte cost. n. 79/2022.” (Cass. n.22179/2022; conf. Cass. nn. 3769/2024, 511/2024, 7668/2020, 6383/2022, 7413/2022).

Nel caso, quindi, di coppie omogenitoriali femminili che abbiano fatto ricorso all'estero a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologa l'unica strada per la madre intenzionale è quella di ricorrere all'adozione in casi particolari.

Si precisa che con la sentenza n. 79/2022, la Corte costituzionale è intervenuta dichiarando l'illegittimità dell'art. 55 della legge n. 184/1983 rubricata “Diritto del minore ad una famiglia”, nella parte in cui esclude che l'istituto dell'adozione in casi particolari non stabilisce alcun rapporto civile fra l'adottato e la famiglia dell'adottante, richiamando l'applicazione dell'art. 300 c.c., relativo alla disciplina dell'adozione di persone maggiori d'età.

Con questa importante sentenza, dunque, la genitorialità derivante dall'adozione in casi particolari all'interno di una coppia omogenitoriale è piena ed estende i legami giuridici anche tra il minore e tutti i parenti dell'adottante.

Il perseguimento del superiore interesse del minore nell'istituto dell'adozione in casi particolari consiste proprio nel riconoscere i nuovi legami familiari quando egli viene adottato dal partner del proprio genitore biologico; ciò risponde all'esigenza di tutelare l'identità del minore che definisce proprio la sua specifica condizione giuridica di figlio adottivo.

Osservazioni

Il minore concepito all’estero mediante procreazione medicalmente assistita da parte di una coppia omoaffettiva ha un diritto fondamentale al riconoscimento giuridico del legame sorto con il c.d. genitore intenzionale e tale esigenza è garantita attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari.

La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del divieto per le coppie formate da persone «dello stesso sesso» di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) cui possono accedere solo le «coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi» (art. 5 l. n. 40/2004), rafforzato dalla previsione di sanzioni amministrative a carico di chi le applica a coppie «composte da soggetti dello stesso sesso» (art. 12, comma 2).

La Suprema corte sgombra il campo dalla possibilità di mettere in atto un trattamento differenziato tra chi fa ricorso, all’estero, alla maternità surrogata e i minori nati in Italia grazie alla procreazione medicalmente assistita, eseguita in altri stati. Una tecnica non consentita nel territorio nazionale a richiesta di una coppia omoaffettiva.

La decisione della Corte di cassazione conferma,      quindi, l’orientamento costantemente ripetuto in tutte le occasioni in cui abbia affrontato il caso della formazione di un atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione in Italia. Si tratta di una posizione granitica, che appare talmente consolidata da non lasciare spazio ad interpretazione diverse.

Se, quindi, è da ritenersi principio consolidato quello per cui l’atto di nascita che riporti l’indicazione del genitore d’intenzione non è trascrivibile, spetta al Giudice, laddove detta trascrizione sia stata invece effettuata, adeguare la situazione di fatto ai principi fondanti dell’ordinamento e pertanto disporne la rettifica con l’eliminazione dallo stesso delle generalità dello stesso.

Nel nostro ordinamento - non esiste una norma che preveda la possibilità per il genitore d’intenzione di far annotare nell’atto di nascita il riconoscimento del minore nato in Italia» con fecondazione assistita all’estero e non è ammessa la formazione di un atto di nascita indicante quali genitori due persone dello stesso sesso.

Di fronte a una precisa scelta legislativa dettata a presidio di valori fondamentali del nostro ordinamento, non potrebbe l’interprete, in nome del “superiore interesse del minore”, escludere la rettificabilità di un atto di nascita formatosi all’estero e già trascritto in Italia con l’indicazione del genitore di intenzione. Ciò in quanto non solo è contrario alla legge ma anche in quanto non è la trascrizione lo strumento da utilizzare per poter consentire il consolidamento, con una veste giuridica, del apporto del minore con il partner del genitore biologico.

La formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli, anche indipendentemente dal dato genetico, è frutto della libertà di determinazione dei singoli e, come tale, è favorevolmente considerato dall’ordinamento giuridico – come dimostra la regolamentazione dell’istituto dell’adozione –, ma ciò non implica che tale libertà possa esplicarsi senza limiti: la valutazione comparativa tra gli interessi in gioco è fatta direttamente dalla legge, ed è precluso al giudice di merito sostituire la propria valutazione a quella compiuta in via generale dal legislatore, attribuendo tout court la prevalenza all’interesse dei minori alla conservazione dello status filiationis nonostante la pacifica insussistenza di un rapporto biologico con il genitore intenzionale.

Sicuramente la materia richiede l’intervento del Legislatore, unico soggetto capace di operare un articolato disegno normativo idoneo a declinare in modo corretto i diritti dei soggetti coinvolti nella vicenda procreativa umana medicalmente assistita.