Silenzio della P.A. e atti amministrativi a contenuto generale: il “caso” del Piano di utilizzo del demanio marittimo (PUDM)

17 Aprile 2024

Il rimedio processuale del silenzio non può trovare applicazione in caso di mancata adozione da parte dell'Amministrazione competente di atti a contenuto generale quali sono da intendersi anche i Piani di utilizzo del demanio marittimo (P.U.D.M.).

Massima

Avverso la mancata adozione degli atti amministrativi generali - quali sono da intendersi anche i Piani di utilizzo del demanio marittimo (P.U.D.M.) - non è attivabile lo speciale rimedio processuale previsto dagli artt. 31 e 117 c.p.a., il quale deve essere circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all'adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari (i quali assumono dunque la veste di soggetti legittimati al ricorso); difatti gli atti generali sono indirizzati a una pluralità indifferenziata di destinatari e non sono destinati a produrre effetti nella sfera giuridica di singoli amministrati specificamente individuati, con la conseguenza che non è possibile configurare un silenzio-inadempimento .

Il caso

Il ricorrente, gestore di un'attività stagionale di vendita e somministrazione di alimenti e bevande a bordo di un chiosco su ruote, operante nel Comune di Santa Marina Salina in forza di titoli di occupazione temporanea, deduceva dinanzi al TAR Catania l'illegittimità del silenzio serbato dall'Amministrazione comunale sull'istanza di pre-adozione del Piano Utilizzo Demanio Marittimo, atto presupposto rispetto al rilascio della concessione demaniale marittima cui il medesimo ricorrente ambiva.

Il Piano di utilizzo delle aree demaniali marittime (PUDM) è il documento di pianificazione comunale che regola le modalità di utilizzo della fascia costiera demaniale e del litorale marino, sia per finalità pubbliche sia per iniziative connesse ad attività di tipo privatistico.

Entrando nel merito del contesto normativo che disciplina la suddetta attività di pianificazione, va preliminarmente ricordato che con la l.r. 29 novembre 2005, n. 15, sono state emanate specifiche disposizioni sul rilascio delle concessioni di beni demaniali e sull'esercizio diretto delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo in Sicilia. In particolare, l'art. 4 della legge vincola il rilascio delle concessioni all'approvazione dei P.U.D.M. da parte dei comuni, anche se una disposizione transitoria consentiva una deroga a tale principio nelle more della conclusione dell'iter amministrativo di approvazione del piano.

Il suddetto art. 4  l.r. n. 15/2005 prevede, altresì, che il P.U.D.M. sia approvato «dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente su proposta dei comuni costieri», stabilendo che i comuni presentano la proposta «entro centottanta giorni dalla emanazione di un apposito decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente. Decorso infruttuosamente tale termine, l'Assessore può nominare un commissario ad acta per provvedere in via sostitutiva».

La normativa regionale, a fronte dell'inerzia dei competenti organi comunali, prevede, dunque, la nomina di un commissario ad acta per provvedere in via sostitutiva da parte della Regione.

La questione

L'ammissibilità del rimedio del silenzio in caso di mancata pre-adozione del P.U.D.M.

Il TAR Catania è stato, dunque, chiamato a valutare, alla luce del quadro normativo regionale di riferimento, l'ammissibilità dell'azione avverso l'inerzia del Comune di Santa Marina Salina sull'istanza di pre-adozione del P.U.D.M. che impediva l'esame dell'istanza di rilascio della concessione comunale formulata dal ricorrente.

La soluzione giuridica

Sulla non esperibilità del rimedio del silenzio avverso la mancata adozione degli atti amministrativi generali

La sentenza del TAR Catania ha, in via preliminare, richiamato l'orientamento tradizionale della giurisprudenza secondo cui avverso la mancata adozione degli atti amministrativi generali - quali sono da intendersi anche i Piani di Utilizzo del Demanio Marittimo - non è attivabile lo speciale rimedio processuale previsto dagli artt. 31 e 117 c.p.a., il quale deve essere circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all'adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari (i quali assumono dunque la veste di soggetti legittimati al ricorso).

La decisione ha, infatti, rilevato che gli atti generali sono infatti indirizzati a una pluralità indifferenziata di destinatari e non sono destinati a produrre effetti nella sfera giuridica di singoli amministrati specificamente individuati (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3798). Da ciò discende che non è possibile configurare un silenzio-inadempimento dell'Amministrazione nei confronti di un atto avente contenuto generale (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 6096/2017; Cons. Stato, sez. IV, n. 8160/2019; T.A.R. Lazio, sez. II, n.3863/2020), applicandosi agli atti di pianificazione di natura territoriale quanto enunciato con riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai quali per le medesime ragioni è esclusa l'ammissibilità del rimedio, in quanto trattasi di atti destinati a produrre effetti nei confronti di destinatari non specifici (Cons. Stato sez. IV, n. 8799/2019; Cons. Stato, sez. IV, n. 6096/2017; T.A.R. Sardegna, sez. II, n. 985/2018).

Effettivamente, con riguardo alla questione dell'ammissibilità dello speciale rito sul silenzio in relazione all'adozione di atti amministrativi generali, l'orientamento prevalente in giurisprudenza è negativo. È stato, infatti, osservato che l'istituto del silenzio «non può trovare applicazione allorquando si sia in presenza di atti a contenuto generale rimessi alla scelta discrezionale dell'Amministrazione e rispetto alla quale non sia configurabile un interesse qualificato del privato tale da poter rivendicare l'esistenza di un obbligo per l'Ente di procedere all'adozione di atti a contenuto pianificatorio (Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 2014, n. 6081)» (T.A.R. Toscana, sez. I, 31 marzo 2017, n. 499). È stata, altresì, rilevata l'impossibilità di individuare specifici “destinatari” degli atti in questione in capo ai quali possa radicarsi una posizione giuridica qualificata e differenziata definibile come di interesse legittimo (Cons. Stato, sez. IV, 17 dicembre 2018, n. 7090; Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2015, n. 1182).

Tuttavia, il TAR Catania, consapevole dell'esistenza di un orientamento giurisprudenziale evolutivo che tende ad ampliare la tutela del privato a fronte dell'inerzia dell'Amministrazione nell'adozione di atti generale laddove ricorrano determinare circostanze, ha dato rilievo al fatto che nel caso di specie l'intervento sostitutivo regionale delineato dall'impianto normativo di riferimento costituisce un idoneo strumento per sopperire all'inerzia delle amministrazioni comunali, tenuto conto delle insopprimibili ponderazioni involgenti i plurimi interessi pubblici che attengono alla pianificazione generale delle risorse demaniali, i quali giustificano che il potere di commissariamento sia posto in capo alla Regione.

Osservazioni

Sulla configurabilità di un silenzio-inadempimento in caso di mancata adozione di atti amministrativi generali

La decisione in commento bene ha fatto a sottolineare che nella fattispecie la ragione ostativa all'ammissibilità del rimedio del silenzio dell'amministrazione comunale deve rinvenirsi nella previsione normativa che prevede un rimedio specifico avverso l'inerzia attraverso un intervento sostitutivo della Regione.

Un mero richiamo alla giurisprudenza che ritiene non configurabile un silenzio inadempimento in caso di mancata adozione di atti amministrativi generali non sarebbe, infatti, stato sufficiente nella fattispecie alla luce dell'orientamento giurisprudenziale che tende ad abbandonare la teoria di una preclusione teorico/normativa, riconoscendo che «anche rispetto ad atti generali, possono essere individuati interessi legittimi differenziati e qualificati, in particolare nelle ipotesi di procedimenti officiosi aventi ad oggetto attività di natura generale programmatoria e pianificatoria dovuta nell'an ma discrezionale nel quomodo e nel quid (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. V, n. 273 del 22 gennaio 2015 nonché, da ultimo Cons. giust. amm., n. 905 del 2020)», rimarcando altresì che, in mancanza di una puntuale previsione normativa, l'amministrazione non può sospendere o interrompere sine die il procedimento di approvazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 2020, n. 2212).

Sul punto, anche la Corte costituzionale ha da tempo affermato (cfr. sentenza n. 355/2002) che i principi generali di cui alla l. n. 241/1990 – e, in particolare, quelli contemplati dall'art. 2, comma 2, che impone alla Pubblica Amministrazione di concludere il procedimento entro il termine all'uopo definito dalla legge – debbono essere applicati anche agli atti amministrativi generali di pianificazione e di programmazione. A prescindere dal fatto che il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, «l'inosservanza del termine per la definizione del procedimento, pur non comportando la decadenza dal potere, connota in termini di illegittimità il comportamento della pubblica amministrazione, con conseguente possibilità per i soggetti interessati di ricorrere in giudizio avverso il silenzio-rifiuto ritualmente formatosi, al fine di tutelare le proprie posizioni giuridiche soggettive attraverso l'utilizzo di tutti i rimedi apprestati dall'ordinamento» (Corte cost., n. 176/2004, n. 355/2002, nonché n. 262/1997)».

Ai fini dell'individuazione dei requisiti della legittimazione e dell'interesse a ricorrere in capo a chi si attivi per l'adozione di provvedimenti generali non rileva poi l'ampiezza della discrezionalità, salvo il caso in cui quest'ultima investa anche l'”an" del provvedere (è il caso, ad esempio degli strumenti di pianificazione generale in materia urbanistica e relative varianti). Semmai, l'ampiezza del potere discrezionale comporta unicamente una limitazione dei poteri del giudice con riguardo alla portata conformativa della pronuncia sul silenzio (cfr. art. 30, comma 3, c.p.a.): l'azione disciplinata dall'art. 117 del c.p.a. ha natura strumentale e il giudice non può pronunciarsi sul merito della pretesa azionata, essendo tale eventualità limitata ai soli atti vincolati, ed a quelli in relazione ai quali si sia interamente esaurito lo spettro di discrezionalità riconosciuto all'amministrazione e al contempo non siano necessarie attività istruttorie, come stabilito dall'art. 31, comma 3, c.p.a.

Nella fattispecie, laddove non fosse stato previsto dalla normativa applicabile l'intervento sostitutivo della Regione in caso di inerzia del Comune, sarebbe stato arduo sostenere che la posizione del ricorrente non fosse differenziata e qualificata alla luce del carattere prodromico dell'adozione del P.U.D.M. rispetto alla valutazione dell'istanza di rilascio della concessione demaniale cui il ricorrente ambiva e della scadenza del termine previsto dalla norma per la pre-adozione dell'atto da parte dell'amministrazione comunale.

Tenuto, invece, conto della previsione del meccanismo di intervento sostitutivo e del fatto che tale intervento fosse stato anche concretamente attivato dalla Regione nel caso di specie, la pronuncia di inammissibilità dell'azione avverso il silenzio appare pienamente condivisibile: una sovrapposizione tra il commissario ad acta nominato dalla Regione e quello eventualmente nominato dal TAR non sarebbe stato rispettoso dell'impianto normativo di riferimento.