Impugnazione a mezzo PEC: Le conseguenze della violazione del provvedimento DGSIA sulle specifiche tecniche relative ai formati degli atti

22 Aprile 2024

È ammissibile l'impugnazione a mezzo PEC costituita da un documento stampato, scannerizzato e firmato digitalmente?

Massima

In tema di deposito di atti a mezzo PEC, non è causa di inammissibilità dell'impugnazione, ex art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022, la violazione delle specifiche tecniche relative ai formati degli atti contenute nel Provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia datato 9 novembre 2020 (Fattispecie relativa alla stampa del file di videoscrittura e alla successiva trasformazione del documento cartaceo così ottenuto, “tramite scansione”, in un file “immagine”, con successiva apposizione della sottoscrizione digitale).

Il caso

Il tribunale del riesame ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, avverso l'ordinanza della Corte d'appello che aveva rigettato l'istanza di autorizzazione ad allontanarsi dall'abitazione per svolgere attività lavorativa. Secondo il collegio, infatti, l'impugnazione, proposta mezzo PEC, era da ritenersi priva della sottoscrizione con firma digitale.

Avverso questa decisione, l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione.

Secondo la prospettazione del ricorrente, il provvedimento impugnato violerebbe l'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022 perché erroneamente l'appello è stato ritenuto privo di firma digitale. “L'unica particolarità, si assume, consiste nell'avere il difensore firmato digitalmente un documento stampato e scannerizzato al fine di creare un unico file con gli allegati, cosicché, pur trattandosi della scansione di un'immagine, l'apposizione della firma digitale ha trasformato il documento in un nuovo originale”.

La questione

E' ammissibile l'impugnazione sottoscritta con firma digitale apposta sulla scansione di un file immagine? 

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha rigettato il ricorso.

Il collegio ha rilevato che il quadro normativo di riferimento è rappresentato dall'art. 87-bis d.lgs. n. 150 del 2022 che consente il deposito con valore legale di atti documenti e istanze “mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011 n. 44", purché effettuato presso gli uffici di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari destinatari indicati in apposito provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia.

Questa disposizione prevede:

  • al comma 3, che, nel caso in cui il deposito ha ad oggetto un'impugnazione, l'atto "in forma di documento informatico" debba essere "sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati" e debba contenere "la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale";
  • al comma 4, che l'atto di impugnazione debba essere trasmesso tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quelli dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 1, "con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate";
  • al comma 7, che, fermo restando quanto previsto dall'art. 591 c.p.p., nel caso di proposizione dell'atto a mezzo PEC l'impugnazione è inammissibile, tra l'altro (e per quanto qui rileva), "quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore".

In data 9 novembre 2020 è stato pubblicato un Provvedimento del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia contenente:

  • l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137;
  • le specifiche tecniche relative ai formati degli atti;
  • le ulteriori modalità di invio.

Questo provvedimento ha previsto, all'art. 3, comma 1, che "L'atto del procedimento in forma di documento informatico, da depositare attraverso il servizio di posta elettronica certificata presso gli uffici giudiziari indicati nell'art. 2, rispetta i seguenti requisiti: è in formato PDF; è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata".

Così sinteticamente illustrate le norme applicabili, la Corte di cassazione ha osservato che, nel caso di specie, il documento informatico trasmesso è una “scansione di immagini”. Esso, pertanto, viola le specifiche tecniche relative ai formati degli atti contenute in particolare nell'art. 3, comma 1, del Provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia datato 9 novembre 2020, che escludono l'invio di scansioni di immagini, anche se sottoscritte digitalmente. Tale violazione, però, non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, non essendo prevista tale sanzione dall'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022.

Secondo la Corte, infatti, le modalità inerenti alla sottoscrizione digitale di un documento informatico, la cui violazione dunque da luogo all'inammissibilità dell'impugnazione, devono considerarsi altro rispetto alle specifiche tecniche relative al formato dell'atto.

Nel provvedimento impugnato, tuttavia, si fa riferimento alla dicitura "file non firmato" restituita dal sistema di verifica “Aruba Sign” con riguardo a entrambi i formati ammissibili. Sulla base di quanto attestato dal servizio di firma digitale, quindi, la firma non risulta essere stata apposta all'atto trasmesso. Il sistema di verifica ha rilevato la mancanza della sottoscrizione digitale, dovendo pertanto, concludersi per la correttezza della decisione di inammissibilità della Corte di appello, anche perché la documentazione in atti non consente di ipotizzare che vi sia stato un errore da parte del sistema di verifica).

Osservazioni

La giurisprudenza di legittimità ha accolto una interpretazione rigorosa dell'art. 24 comma 6-sexies, lett. a), d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e, poi dell'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022 che, con talune modifiche, ha previsto le cause di inammissibilità dell'impugnazione inviata a mezzo PEC tra le quali è compresa la mancanza della sottoscrizione dell'atto di impugnazione da parte del difensore (sez. VI, n. 34099 del 3 luglio 2023; sez. IV, n. 37499 del 2 maggio 2023; sez. III, n. 6183 del 25 gennaio 2023; sez. VI, n. 8604 del 22 febbraio 2022, Rv. 282940 – 01; sez. V, n. 24953 del 10 maggio 2021, Rv. 282814).

Esse, al pari di ogni causa di inammissibilità relativa al diritto di impugnazione nel processo penale (cfr., di recente, sez. I, n. 17817 del 11 marzo 2021, Rv. 281220; sez. I, n. 35319 del 12 marzo 2021, Rv. 281896), sono da ritenersi tassative e di stretta interpretazione.

La mancanza della sottoscrizione digitale del difensore determina l'inammissibilità dell'impugnazione (Cass. sez. VI, n. 8604 del 22 febbraio 2022, Rv. 282940 - 01).

Al contrario, non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione:

  • la mera irregolarità della sottoscrizione digitale (sez. V, n. 22992 del 28 aprile 2022, Rv. 283399 – 01, in una fattispecie in cui la firma, seppur apposta, non era stata riconosciuta come valida dal sistema di verifica dell'ufficio giudiziario destinatario, che aveva dato esito “certificato non attendibile”);
  • la modifica dell'atto, trasmesso a mezzo di posta elettronica certificata, intervenuta successivamente alla sottoscrizione digitale dal difensore, di cui sia attestata l'integrità e l'attendibilità (sez. VI, n. 40540 del 2021, Rv. 282306);
  • la mancata rilevazione, da parte del programma informatico in dotazione dell'ufficio giudiziario, della firma digitale apposta dal difensore con il sistema CAdES sull'atto in formato pdf trasmesso a mezzo PEC (sez. I, n. 2784 del 20 dicembre 2021, dep. 2022, Rv. 282490, in una fattispecie in cui il file è stato ritenuto firmato digitalmente, come attestato dall'estensione <p7m>, che identifica le firme digitali eseguite con il sistema CAdES, in tal modo ricevendo l'attestazione di ricezione notoriamente utilizzata per indicare che il documento in pdf è munito della predetta firma digitale);
  • la qualificazione, da parte del sistema informatico in dotazione all'ufficio giudiziario, della firma digitale apposta dal difensore come non valida, in ragione del mancato utilizzo di uno specifico software (nella specie "Aruba sign", essendo stato l'atto sottoscritto col sistema "Pades-bes"), posto che la verifica della validità della sottoscrizione deve prescindere dalle caratteristiche del software impiegato per generarla e, parallelamente, per condurre la stessa operazione di verifica (sez. II, n. 32627 del 15 giugno 2022, Rv. 283844 - 01);
  • l'impossibilità, per il giudice "a quo", di consultare le liste di revoca delle firme rilasciate dal certificatore abilitato con riferimento ad una impugnazione trasmessa a mezzo posta elettronica certificata dal difensore, di cui sia stata verificata la regolarità della firma digitale (sez. I, n. 41098 del 15 ottobre 2021, Rv. 282151).

Tutte queste fattispecie, secondo la sentenza in commento, si caratterizzano per la presenza di una sottoscrizione digitale dell'atto, al più non riconosciuta dal software in uso all'ufficio giudiziario, che ha permesso di non ravvisare l'inammissibilità dell'atto, differenziandosi da quello oggetto della sua valutazione.

Le firme digitali di tipo "CAdES" e di tipo "PAdES" sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni ".p7m" e ".pdf" (sez. VI, n. 19273 del 20 aprile 2022, Rv. 283160 - 01).

La verifica di esistenza e validità della firma digitale può essere effettuata solo con gli appositi software di firma (Dike, Firma Certa, Firma Ok Gold etc.) o per mezzo del software ministeriale.

L'accertamento della presenza della firma digitale, inoltre, può essere insito nell'estensione stessa del file. E' stato precisato, infatti, che “un file pdf.p7m altro non è che un file firmato digitalmente, che può essere un documento di testo, un foglio elettronico, un'immagine, una fattura elettronica o un qualunque altro tipo di documento informatico sul quale, tramite un procedimento elettronico, sia stata apposta una firma digitale”. Ne consegue che, ai fini della verifica della sussistenza della firma digitale di un atto di impugnazione, “non sussiste la necessità di ulteriori accertamenti qualora risulti in atti che il file abbia estensione pdf.p7m in quanto tale estensione è essa stessa probante dell'avvenuta firma digitale dell'atto” (così, sez. IV, n. 43976 del 26 settembre 2023).

   L'impugnazione avverso la dichiarazione di inammissibilità e, dunque, la prospettazione di un errore informatico della cancelleria nelle operazioni di controllo della sottoscrizione digitale comporta la necessità di un accertamento di fatto che consiste in una verifica (“ora per allora”) della presenza della firma digitale, che deve essere sostenuta con adeguate allegazioni, di consistenza tale da rendere evidente l'errore in cui sarebbe incorso l'ufficio giudiziario che ha ricevuto l'atto (cfr. sez. VII, n. 45610 del 6 ottobre 2023 per una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che il ricorrente, pur impugnando la declaratoria di inammissibilità, non abbia fornito prova certa della sottoscrizione digitale dell'atto, non potendo desumersi la stessa dalla sottoscrizione degli allegati).

La verifica della presenza della sottoscrizione digitale, effettuata dal ricorrente in proprio per mezzo di applicativi riconosciuti dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AGID), non può valere a superare il precedente accertamento negativo della cancelleria perché è stata effettuata certamente sulla base di atti di cui lo stesso ricorrente ha mantenuto la disponibilità, ma che non necessariamente sono corrispondenti a quello che, a mezzo mail sono stati trasmessi, ricevuti ed accettati dall'ufficio (sez. VI, n. 34099 del 3 luglio 2023, in una fattispecie in cui il ricorrente sosteneva che l'impugnazione fosse stata regolarmente firmata digitalmente su file “PDF nativo”, come risultava da una verifica compiuta per mezzo della “InfoCert Tinexta Group Dike GoSign”, applicazione riconosciuta dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AGID) tra i software in grado di elaborare file firmati in modo conforme alla deliberazione del Centro nazionale per l'informatica della Pubblica amministrazione (“CNIPA”) del 21 maggio 2009, n. 45).

Nel sistema del deposito degli atti giudiziari nella legislazione dell'emergenza del d.l. n. 137 del 2020 conv. in legge n. 176 del 2020 e poi recepito dal d.lgs. n. 150 del 2022, il “documento informatico” è un documento che è creato mediante un programma di videoscrittura eche, terminata la lavorazione con il programma di videoscrittura, è trasformato direttamente in un documento di archiviazione dei dati elettronici, secondo lo standardnoto ormai con l'acronimo pdf (portable document format), senza passare prima per la stampa di un documento cartaceo.

Una volta trasformato in formato pdf, il documento deve essere firmato digitalmente.

E' capitato, anche nel caso di specie, che il “documento informatico”, dopo essere stato creato mediante un programma di videoscrittura, sia stato stampato e trasformato in documento cartaceo per poi essere riprodotto in formato informatico mediante la scansione dell'immagine, con successiva apposizione della firma digitale.

Pur rilevando che la scansione dell'immagine non costituisce operazione consentita dalle prescrizioni del provvedimento del direttore generale di DGSIA del 2020, la Corte di cassazione ha escluso che la violazione di dette prescrizioni integri una ipotesi di inammissibilità, mentre tale sanzione è prevista solo quando manca la sottoscrizione digitale (sez. IV, n. 22708 del 11 maggio 2023).

L'eventuale passaggio ulteriore, consistente nella stampa del file, nella sua sottoscrizione analogica e nella successiva scannerizzazione, pertanto, non è necessario, non è previsto dalla normativa secondaria, ma se posto in essere, non trova sanzione processuale nel sistema processuale.