L’affidamento dei minori ai servizi sociali: presupposti e limiti

22 Aprile 2024

Nell'eventualità in cui l'affidamento di minori ai Servizi derivi da una restrizione della responsabilità genitoriale con nomina di un curatore speciale, quali saranno i compiti che dovranno svolgere e quali i limiti?

Massima

In materia di affidamento dei minori ai servizi sociali va distinta l’ipotesi in cui a questi siano attribuiti compiti di assistenza (cd. mandato di vigilanza e supporto) da quella in cui l’affidamento sia conseguente a un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale (giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all’attuazione degli interessi morali e materiali del minore), che necessita della nomina di un curatore speciale, dell’indicazione di compiti specifici attribuiti al predetto curatore e ai servizi i quali devono svolgere la loro funzione nell’ambito esclusivo di quanto individuato nel provvedimento di nomina.

Il caso

Nell'ambito di un acceso conflitto familiare, veniva disposto l'affidamento dei figli minori ai Servizi sociali attribuendo loro il potere di assumere, previa interlocuzione e senza autorizzazione preventiva del Tribunale, le decisioni di maggiore interesse per la prole, collocata presso idonea struttura individuata dall'Ente, con calendari di visita protetta per la madre e con modalità libera, in spazio neutro, per il padre.

La Corte d'appello di Venezia rilevava che i minori, in tenera età, erano stati collocati in istituto senza un preciso limite temporale, lontani dall'abitazione materna, in assenza di particolari carenze della genitrice e senza poter aspirare ad un collocamento presso il padre il quale non aveva impugnato il decreto per chiedere l'affido ed il collocamento presso di sé dei figli.

In parziale accoglimento del reclamo proposto dalla madre, dunque, la Corte confermava l'affidamento ai Servizi sociali, con collocazione dei minori presso la donna e diritto di visita paterno da svolgersi – nel rispetto del principio di gradualità – in spazio neutro, ovvero, nei tempi e con le modalità ritenute opportune nell'interesse dei minori, secondo un calendario demandato ai Servizi affidatari e con applicazione di una sanzione giornaliera a carico della madre qualora avesse ostacolato gli incontri padre/figli.

Il padre proponeva ricorso per Cassazione sulla base di quattro censure:

  1. Il principio della domanda di parte non sarebbe rigidamente vincolante nei procedimenti di affidamento e collocamento dei figli e, dunque, aveva errato la Corte d'appello nel valutare la mancata proposizione di un reclamo incidentale del genitore come implicito difetto di volontà accudente, obliterando i poteri d'ufficio che l'ordinamento attribuisce al giudice in materia di tutela dei minori.
  2. Violazione di norme sovranazionali (Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo, art. 8 Cedu) e nazionali (art. 32 Cost.) in tema di superiore interesse del minore a fronte della condotta materna che aveva sottratto i figli dalla casa familiare e impedito al padre di vederli.
  3. Omesso esame di fatti decisivi (per non aver considerato la reiterata inadempienza della madre rispetto ai provvedimenti del Tribunale e per non aver assicurato la frequenza scolastica ai figli).
  4. Nullità della pronuncia per illogicità rispetto alle risultanze probatorie.

La Cassazione, ritenendo fondati i suddetti motivi, cassava il decreto impugnato e rinviava la causa alla Corte d'appello in diversa composizione anche sulla questione delle spese di giudizio.

La questione

In tema di affidamento e collocamento dei minori quali sono i presupposti ed i principi per l’adozione della misura più idonea alla tutela dei minori e, qualora si disponga l’affidamento ai Servizi sociali, questi avranno un mero mandato di vigilanza e supporto oppure, a fronte della limitazione della responsabilità genitoriale e della nomina di un curatore speciale, saranno chiamati dal giudice ad esercitare funzioni e compiti specifici? E con quali limiti?

Le soluzioni giuridiche

Preliminarmente la Cassazione chiarisce che, seppure il reclamo costituisca un mezzo d'impugnazione avente ad oggetto la revisione della decisione di primo grado nei limiti del devolutum e delle censure formulate, nell'ambito dei procedimenti minorili l'oggetto sostanziale (il bene della vita) è “l'affidamento e il collocamento dei minori conformi al loro superiore interesse” rispetto al quale il giudice ha intensi poteri istruttori, a prescindere che sia stato proposto reclamo incidentale.

La revisione di un provvedimento di primo grado, proprio in funzione del superiore interesse dei minori, dunque, non può prescindere dalla complessiva acquisizione probatoria, stanti gli ampi poteri d'ufficio riservati al giudice, né può essere limitata dalla mancata proposizione di un ricorso incidentale specifico.

Il giudice, pertanto, deve uscire da un'analisi strettamente limitata ai motivi d'impugnazione ed ampliare il thema decidendum secondo le necessità del caso concreto, esercitando tutti i poteri istruttori volti ad accertare le competenze e l'idoneità di entrambi i genitori, non colpiti da provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale nel perseguimento dell'interesse dei minori, senza che ciò implichi un ampliamento del tema della controversia.

E dunque, una volta ritenuta inidonea la collocazione prescelta in primo grado, la Corte territoriale avrebbe dovuto riesaminare tutte le evidenze istruttorie ed approfondire la posizione di entrambi i genitori al fine di adottare la misura più confacente all'interesse dei minori.

Nell'operare tale valutazione, gli Ermellini richiamano alcuni principi cardine ai quali è opportuno ispirarsi per orientare la scelta in tema di affidamento e collocamento dei minori.

Primario, è il criterio dell'esclusivo interesse morale e materiale della prole che implica la necessitàdi privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore attraverso un giudizio prognostico sulla capacità di ciascun genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo.

Altrettanto rilevante è il principio della frequentazione paritaria del figlio, nell'ambito dell'affidamento condiviso, come scelta tendenziale, ma non automatica “ben potendo il giudice di merito individuare, nell'interesse del minore, senza che possa predicarsi alcuna lesione del diritto alla bigenitorialità, un assetto che se ne discosti, al fine di assicurare al minore stesso la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (Cass. n. 4790/2022)”.

Ed ancora, la Corte ricorda che l'affidamento condiviso è la regola cui si può derogare solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l'interesse del minore, con la conseguenza che l'eventuale pronuncia dell'affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell'altro genitore (Cass. n. 21425/2022) e che la scelta dell'affidamento esclusivo ad un genitore debba orientarsi valutando le ricadute sulla vita dei figli, a breve e lungo termine, “considerando che non può essere disposto l'affidamento dei minori in via esclusiva ad uno dei genitori sulla base di una generica valutazione d'idoneità fondata sulla sola base della buona qualità della rete familiare allargata di quest'ultimo” (Cass. n. 21425/2022).

In detta analisi, il giudice deve valutare le ragioni della conflittualità tra i genitori “senza limitarsi a dare rilievo alla medesima per giustificare un affidamento ai servizi sociali, in quanto l'individuazione dei motivi che hanno determinato e continuano a determinare tale conflittualità influisce sulla valutazione della capacità genitoriale, che deve essere improntata al perseguimento del migliore interesse del minore (Cass. n. 24972/2023).

Infine, ricorda la Corte che, ove si decida di affidare la prole ai servizi sociali, si debba distinguere l'ipotesi in cui questi abbiano soltanto compiti di vigilanza, supporto e assistenza, da quella in cui l'affidamento sia conseguente a un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale; nel primo caso - cd. mandato di vigilanza e supporto - l'intervento del servizio sociale sarà di sostegno e supporto alla famiglia e di affiancamento rispetto ai genitori nell'esercizio delle loro funzioni. Non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, tale scelta non richiede la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi e non esclude che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali. Invece, nel secondo caso “l'affidamento, giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all'attuazione degli interessi morali e materiali del minore, necessita della nomina di un curatore speciale che ne curi gli interessi e il provvedimento deve evidenziare i compiti specifici attribuiti al predetto curatore e ai servizi sociali, i quali debbono svolgere la loro funzione nell'ambito esclusivo di quanto individuato nel provvedimento di nomina”.

Alla luce dei richiamati principi appare evidente come la Corte territoriale, ritenuta pregiudizievole per i minori la scelta operata dal giudice di primo grado (affidamento ai servizi sociali e collocamento in Istituto), avrebbe dovuto procedere ad un complessivo riesame delle emergenze istruttorie e ai necessari approfondimenti relativi ad entrambi i genitori (a nulla rilevando la mancata impugnazione del provvedimento da parte del padre) e, tenuto conto delle emergenze processuali sulla madre (che aveva tenuto atteggiamenti oppositivi, ostacolando in maniera ingiustificata la frequentazione padre/figli, manipolativi verso i minori ai quali aveva impedito l'accesso a scuola per un periodo, etc.), avrebbe dovuto disporre diversamente, nell'ottica di un bilanciamento delle contrapposte posizioni genitoriali nell'interesse dei minori.

Osservazioni

La pronuncia in esame richiama una serie di principi che devono orientare la scelta del giudicante, in tema di affidamento e collocamento dei minori, seguendo un iter logico che, valutate le contrapposte posizioni genitoriali, approdi all'affidamento della prole all'Ente territoriale solo qualora ravvisi una criticità della genitorialità e, dunque, un pregiudizio per i minori operando, peraltro, opportune distinzioni di funzioni e limiti.

La normativa di riferimento è la l. n. 184/1983 (art. 5 bis – introdotto con d.lgs. n. 149/2022 cd. Riforma Cartabia) per la quale il minore può essere affidato al servizio sociale, del luogo di residenza abituale, qualora la condotta di uno o entrambi i genitori sia pregiudizievole al figlio.

Con il provvedimento con cui dispone la limitazione della responsabilità genitoriale e affida il minore al servizio sociale, il tribunale indica a) il soggetto presso il quale il minore è collocato; b) gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell'ente locale, anche in collaborazione con il servizio sanitario, in base agli interventi previsti dall'articolo 4, comma 3; c) gli atti che possono essere compiuti dal soggetto collocatario del minore; d) gli atti che possono essere compiuti dai genitori; e) gli atti che possono essere compiuti dal curatore nominato; f) i compiti affidati al servizio sociale ai sensi dell'articolo 5, comma 2; g) la durata dell'affidamento, non superiore a ventiquattro mesi; h) la periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all'autorità giudiziaria che procede ovvero, in mancanza, al giudice tutelare sull'andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull'attuazione del progetto predisposto dal tribunale.

Con l'ordinanza in esame la Cassazione, riconoscendo una linea di continuità tra la normativa vigente ed il precedente regime, è intervenuta affermando un distinguo – esistente anche prima dell'introduzione della novella - tra le due ipotesi di intervento che si possono profilare a fronte di un'inadeguatezza, totale o parziale, dei genitori nell'esercizio della responsabilità genitoriale (presupposto dell'affidamento del minore ai Servizi Sociali): l'uno a sostegno e supporto della famiglia nello svolgimento dei compiti di accudimento, vigilanza ed educazione della prole, senza che ciò intacchi o riduca la responsabilità; l'altro ablativo, in tutto o in parte, della responsabilità genitoriale, che demanda a terzi competenze e compiti della genitorialità.

Nel primo caso, il provvedimento del giudice dovrà essere sufficientemente dettagliato sui compiti specifici rimessi ai Servizi cui non sono conferiti, però, poteri decisori e sono concessi tempi di attuazione piuttosto rapidi; nel secondo caso, l'affidamento all'Ente territoriale consegue ad un provvedimento limitativo (anche temporaneamente) della responsabilità genitoriale e, incidendo fortemente nella vita privata familiare, deve essere giustificato dalla “necessità di non potersi provvedere diversamente” nell'interesse morale e materiale del minore. I compiti attribuiti ai servizi devono essere descritti specificamente, poiché essi non possono svolgere funzioni appartenenti ai genitori se non chiaramente individuate nel provvedimento limitativo. Tale disposizione deve contemplare la nomina di un curatore speciale a tutela del minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati, conformarsi ad un principio di proporzionalità tra la misura adottata e l'obiettivo perseguito, prevedere una vigilanza adeguata da parte del giudice sull'operato dei Servizi sociali e la specificazione dei poteri conferiti.

Tale orientamento trova conferma anche nell'art. 473 -bis 27 c.p.c., norma di raccordo tra il giudice ed il servizio, secondo la quale, nel disporre l'intervento dei servizi sociali o sanitari, il giudice deve indicare in modo specifico l'attività ad essi demandata e fissare i termini entro i quali devono depositare una relazione periodica sull'attività svolta, nonché entro cui le parti possono depositare memorie.