Richiesta di trattazione orale contestuale all'impugnazione: è ammissibile?

30 Aprile 2024

Nelle more del c.d. “rito Covid”, applicabile a tutti i procedimenti d'appello e cassazione proposti fino al 30 giugno 2024, la richiesta di trattazione orale può essere avanzata contestualmente all'impugnazione?

Riprendendo lo schema dettato per i giudizi di impugnazione dalla normativa pandemica per fronteggiare il Covid-19 – la regola è la trattazione scritta mentre la discussione orale abbisogna di una apposita richiesta – anche il d.lgs. n. 150/2022 ha lasciato immutato tale sequenza, con evidenti deroghe all'oralità (comunque superabili dalla possibilità per le parti di richiedere la trattazione orale del gravame).

In vista della messa a regime delle novelle della Riforma Cartabia, nelle more applicandosi il c.d. “rito Covid” a tutte le impugnazioni proposte fino al 30 giugno 2024 (prorogato, da ultimo, dall'art. 11, comma 7, ,d.l. “milleproroghe” n. 215/2023, convertito, con modificazioni, in l. n. 18/2024), analizziamo il corposo formante giurisprudenziale, ancora in atto, quale valido supporto esegetico cui potrà appoggiarsi la futura giurisprudenza sui nuovi artt. 598-bis e 611, commi 1-bis e 1-ter, c.p.p. e, allo stato, orientare gli operativi sullo “stato dell'arte” attuale.

Ferma restando la fondamentale differenza in ordine al termine entro il quale si può avanzare la richiesta di trattazione orale dell'appello (secondo la prorogata disciplina dell'art. 23-bis d.l. n. 137/2020, entro 15 giorni liberi prima dell'udienza, mentre per l'art. 598-bis, comma 2, il termine sarà anticipato: entro 15 giorni dalla notifica del decreto di vocatio in iudicium) e del giudizio di cassazione (entro 25 giorni liberi prima dell'udienza per l'art. 23 d.l. n. 137/2020; invece l'art. 611, comma 1-ter prevede che la richiesta de qua nel termine di 10 giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza – appare controversa la questione se sia ammissibile la richiesta di trattazione orale avanzata solo nell'atto di appello, depositato (in forma cartacea o telematica) nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento di primo grado.

Qualche pronuncia ha ritenuto possibile che la richiesta di trattazione orale possa essere contenuta già nell'atto di impugnazione in quanto la disposizione appena citata si limita a disporre che la richiesta di trattazione orale sia formulata per iscritto entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza: «Nessun intento ostruzionistico o dilatarlo può ascriversi, d'altronde e infine, alla formulazione della concreta istanza, chiara e collocata in una posizione di evidenza anche visiva, perché distanziata dai motivi, in calce al testo dell'impugnazione» (Cass. pen., sez. VI, n. 12986/2023).

Di conseguenza, lo svolgimento del processo con rito camerale non partecipato determina una nullità generale a regime intermedio per violazione del contraddittorio - al difensore viene impedito, in definitiva, di esporre le proprie conclusioni in udienza.

Sulla stessa lunghezza d'onda si è, affermando, in accoglimento del ricorso «è evidente l'errore in cui è incorsa la Corte d'appello nel negare l'oralità. Pur dovendosi riconoscere che la richiesta di discussione orale formulata in calce all'atto di appello non sia una pratica ricorrente, per ciò solo essa non può essere ritenuta vietata, in assenza di una norma che ne precluda tale modalità. Nella procedura penale non sussiste una disposizione analoga alla previsione dell'art. 121 c.p.c. sulla libertà delle forme che prevede che gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Tuttavia, la mancanza di uno specifico divieto, espresso o implicito (come, ad esempio, nell'eventualità in cui fosse previsto un termine iniziale per la formulazione dell'istanza di discussione orale) implica che il timing della domanda può essere lasciato alla libera scelta della parte» (Cass. pen., sez. II, n. 33310/2023).

Un contrapposto orientamento ritiene, invece, che il dettato normativo imponga un requisito di ammissibilità, nel senso che la richiesta presentata con modalità diverse (e quindi anche con l'atto di appello) da quelle espressamente previste precluda il suo accoglimento.

La richiesta di trattazione orale va presentata alla cancelleria della Corte di appello e la trasmissione deve avvenire attraverso i canali di comunicazione normativamente previsti per via telematica. Ritenere che l'istanza in argomento possa essere contenuta (anche) nell'atto di appello si risolve quindi in una forzatura della previsione normativa che fa espresso riferimento ad una istanza ad hoc dotata di una propria fisionomia con riguardo alle sue modalità di inoltro e al suo destinatario e finisce con lo snaturare la sequenza procedimentale che discende dalla impostazione che il legislatore ha inteso dare al particolare sistema introdotto, ancorando tra l'altro la stessa tempestività della sua presentazione alla data già fissata per l'udienza da celebrare con ordinario contraddittorio cartolare, e soprattutto va a sminuire la ratio ad essa sottesa (Cass. pen., Sez. V, n. 43782/2023).

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