L’azione di accertamento ‘atipica’ nel processo amministrativo: limiti all’ammissibilità

02 Maggio 2024

La sentenza in commento tratta della questione dell'ammissibilità nel processo amministrativo dell'azione di accertamento autonoma dall'azione di annullamento - e proposta fuori dei casi previsti dalla legge - individuandone i presupposti nell'assenza di strumenti giurisdizionali a protezione di interessi meritevoli di tutela e nel rispetto del divieto per il giudice di pronunciare con riferimento a poteri amministrativi ancora non esercitati.

Nel presente contributo viene, quindi, esaminata la natura residuale ed eccezionale dell'azione di accertamento atipica nel sistema del processo amministrativo, in considerazione della peculiarità della situazione giuridica di interesse legittimo che, differentemente dalla situazione di diritto soggettivo, si presta ad essere generalmente tutelata attraverso la sua piena soddisfazione con la tutela costitutiva e di condanna.

La necessità che ricorra, poi, la condizione dell'interesse ad agire alla base dell'azione di mero accertamento rende difficile il compito di individuare in astratto le situazioni di incertezza che legittimerebbero il privato a richiedere la tutela dichiarativa al giudice amministrativo.

Massima

L'azione di accertamento è ammissibile come azione autonoma rispetto all'azione di annullamento, e fuori dai casi previsti dal Codice del processo amministrativo, solo in assenza di altri adeguati strumenti di tutela giurisdizionali tipizzati dal legislatore e purché  sia rispettato il principio di separazione dei poteri, sancito dall'art. 34, comma 2, c.p.a.

Il caso

L'azione atipica di accertamento della decadenza dall'aggiudicazione di una concessione di servizi

La sentenza del Consiglio di Stato in commento respinge l'appello proposto avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, n. 44/2023, con la quale era stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso sia per difetto di interesse, sia per contrasto con l'art. 34, comma 2, c.p.a., in quanto l'azione di accertamento autonoma proposta aveva ad oggetto il contenuto di un potere autoritativo che la stazione appaltante non aveva ancora esercitato.

In particolare, il ricorso di primo grado era stato proposto da due società mandanti di un'ATI, risultata affidataria della concessione decennale concernente la gestione e la conduzione di una Stazione Marittima, che avevano richiesto l'accertamento della decadenza della stessa ATI dall'aggiudicazione, per aver la mandataria asseritamente perso il requisito di partecipazione nelle more tra aggiudicazione e stipula del contratto.

Il giudice di primo grado, accogliendo le eccezioni di rito sollevate dalle difese delle controparti, ha, quindi, dichiarato l'inammissibilità del ricorso per due ragioni: - per difetto di interesse, in quanto, la decadenza dal rapporto concessorio dell'ATI avrebbe precluso in radice alle mandanti la prosecuzione dello stesso; - per contrasto con l'art. 34, comma 2, c.p.a, in quanto la stazione appaltante non aveva ancora esercitato il relativo potere accertativo.

Il Consiglio di Stato ha condiviso le valutazioni in rito fatte dal TAR Sardegna, aggiungendo, in premessa, che la stazione appaltante aveva già comunicato alle ricorrenti nota con la quale aveva escluso la sussistenza dei presupposti per disporre la decadenza dell'ATI aggiudicataria e che tale nota non era stata ritualmente impugnata.

Il giudice di appello ha, poi, ritenuto di carattere assorbente l'esame del motivo con cui parte appellante aveva dedotto l'erronea applicazione dell'art. 34, comma 2, c.p.a. da parte del giudice di primo grado, ritenendolo infondato.

In particolare, la sentenza in commento ha valorizzato la mancata impugnazione della nota della stazione appaltante sull'assenza dei presupposti per la declaratoria della decadenza dell'aggiudicataria dall'aggiudicazione e l'impossibilità di far derivare dal mero accertamento della mancanza di un requisito di partecipazione lo scioglimento del rapporto concessorio, in costanza di efficacia della già disposta aggiudicazione.

Il Consiglio di Stato ha, infine, chiarito che, nel caso in esame, l'azione di accertamento non era comunque ammissibile per l'ulteriore profilo dell'insussistenza della necessità di colmare esigenze di tutela non soddisfatte adeguatamente dalle azioni tipizzate. Le appellanti, infatti, avevano a disposizione idonei strumenti alternativi di tutela, quali l'azione di annullamento della nota con la quale la stazione appaltante aveva escluso la sussistenza dei presupposti per la decadenza, oppure, nel caso in cui tale nota non fosse stata ritenuta impugnabile, per carenza del requisito della lesività, l'azione avverso l'eventuale inerzia dell'amministrazione nel provvedere sull'istanza di accertamento della permanenza del requisito di partecipazione dell'ATI aggiudicataria.

La questione

I presupposti di ammissibilità dell'azione di accertamento ‘atipica'

La pronuncia in commento affronta la questione processuale dei presupposti di ammissibilità dell'azione di accertamento sganciata dall'azione di annullamento nel processo amministrativo e, comunque, proposta fuori dei casi tipizzati dal legislatore.

La questione è stata affrontata più volte dalla giurisprudenza amministrativa alla luce del principio di effettività della tutela giurisdizionale e dell'evoluzione dell'originale struttura processuale amministrativa, originariamente fondata sull'unica azione costitutiva di annullamento, in un processo a cognizione tendenzialmente piena, con ampliamento dei mezzi di tutela processuale, l'arricchimento degli strumenti istruttori e l'attribuzione al giudice di poteri decisori articolati e modellati sulla domanda.

In altri termini, si tratta di una questione legata alla trasformazione del processo amministrativo da giudizio sull'atto a giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto.

Sebbene la tutela costitutiva propria dell'azione di annullamento continui a rimanere l'azione principale nel sistema del codice del processo amministrativo, il codice del processo amministrativo ha tipizzato anche la tutela dichiarativa nel caso di inerzia della pubblica amministrazione (art. 31, comma 1, c.p.a.), nel caso di nullità dell'atto amministrativo ai sensi dell'art. 21-septies  l. n. 241/1990 (art. 31, comma 2, c.p.a. e 114, comma 4, lett. bc.p.a. e nel caso in cui, proposta la domanda di annullamento, nel corso del giudizio la caducazione del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori (art. 34, comma 3, c.p.a.). A tali ipotesi va aggiunta, infine, quella della sentenza di merito dichiarativa della cessazione della materia del contendere, ai sensi dell'art. 34, comma 5, c.p.a.

La questione che si è posta, sin dalle prime applicazioni della disciplina processuale codicistica, riguarda, quindi, l'esperibilità dell'azione di accertamento all'infuori dei casi tipici per la tutela di interessi legittimi, pur in assenza della previsione di una norma sull'azione generale di accertamento.

Nel processo civile, infatti, l'ammissibilità dell'azione di accertamento non è stata mai posta in termini problematici, in quanto l'azione giudiziale è stata costruita come un modulo astratto, sempre assicurato a tutela delle situazioni giuridicamente rilevanti, variando solo la qualità delle domande giudiziali e il contenuto delle corrispondenti pronunce da parte del giudice.

Nel processo amministrativo, invece, l'elencazione delle azioni esperibili nel Codice del processo amministrativo, sub Titolo III del Primo Libro, rubricato “Azioni e Domande”, ha potuto ingenerare dei dubbi sul modo di concepire l'azione giudiziale e, in particolare, sulla tipicità o atipicità dei rimedi giurisdizionali.

La soluzione giuridica

L'azione di accertamento atipica ha natura eccezionale

La sentenza in commento risolve in senso positivo la questione dell'ammissibilità in astratto dell'azione di accertamento autonoma dall'azione di annullamento, sulla scia dell'evoluzione giurisprudenziale che, a partire dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 29 luglio 2011, n. 15, ne ha chiarito l'importanza ai fini della garanzia della pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale.

Il Consiglio di Stato ha, però, precisato che il limite alla sua ammissibilità è legato alla necessità di colmare esigenze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni tipizzate. Tale limite è, poi, strettamente legato alla sussistenza della condizione dell'azione dell'interesse ad agire, che va esclusa ogniqualvolta dal mero accertamento giudiziale non potrebbe discendere la soddisfazione sostanziale del bene della vita azionato in giudizio.

Nel caso in esame, infatti, il giudice di appello ha evidenziato che le appellanti non potevano proporre un'azione di accertamento tendente ad ottenere gli stessi effetti che sarebbero discesi dall'eventuale esito positivo dell'azione caducatoria, eludendo il relativo termine decadenziale.

In conclusione, il Consiglio di Stato ha evidenziato l'eccezionalità dell'azione di accertamento, richiamando la consolidata giurisprudenza che subordina l'ammissibilità dell'azione di accertamento autonoma alla mancanza nel sistema di strumenti giurisdizionali a protezione di interessi riconosciuti dall'ordinamento.

Preliminare e assorbente rispetto alla valutazione dell'assenza di ulteriori azioni tipizzate dal legislatore è, però, nel processo amministrativo la valutazione del rispetto del divieto per il giudice di pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati. Tale divieto, espressione del principio della divisione dei poteri, è sancito in via generale dall'art. 34, comma 2, c.p.a., ma rischia di essere vulnerato in particolare dall'azione di accertamento, caratterizzata per sua natura dalla cognizione diretta di rapporti amministrativi.

La soluzione proposta è, quindi, conforme ai precedenti del Consiglio di Stato, mettendo in luce la necessità di un rigido vaglio di ammissibilità dell'azione di accertamento autonoma, ispirato ai principi di necessità e di separazione dei poteri.

Osservazioni

L'effettività della tutela giurisdizionale degli interessi legittimi alla luce delle regole processuali vigenti

Il Consiglio di Stato, nella sentenza, ribadisce i principi affermati dalla giurisprudenza sulla necessità di garantire pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, mediante diverse tecniche di tutela delle situazioni soggettive, anche al di là di quelle espressamente tipizzate dal legislatore.

Il principio di effettività della tutela giurisdizionale riguarda notoriamente sia l'accesso al giudice, che non può mai essere negato o anche solo limitato, sia l'idoneità e adeguatezza della pronuncia del giudice di soddisfare le esigenze di tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, attraverso strumenti che possono essere diversificati.

Si tratta di un principio che ha plasmato l'intera struttura del processo amministrativo, grazie anche agli interventi della giurisprudenza, del legislatore stesso e dell'influenza della normativa eurounitaria e convenzionale (CEDU).

Tuttavia, nel giudizio amministrativo, quale giudizio strutturato come tipicamente successivo all'esercizio del potere amministrativo, non è pacifico, come nel processo civile, che l'azione di accertamento fosse in grado di garantire adeguata tutela alla situazione giuridica di interesse legittimo.

D'altronde, la mancata previsione del Codice del processo amministrativo di un'azione generale di accertamento risponde proprio alla considerazione che le azioni tipizzate, dichiarative, di condanna e costitutive consentono di norma una tutela idonea ed adeguata e che non ha bisogno di pronunce meramente dichiarative.

La ragione di ciò si rinviene nella peculiarità della situazione giuridica di interesse legittimo che, differentemente dalla situazione di diritto soggettivo, può essere tutelata tendenzialmente solo attraverso la sua diretta soddisfazione, ottenibile mediante una pronuncia di condanna o costitutiva e, in caso di inerzia dell'amministrazione, esclusivamente mediante l'azione di adempimento.

L'azione di accertamento deve, infatti, pur sempre essere supportata dall'interesse a ricorrere, inteso come una utilità materiale o morale oggettivamente riconoscibile ricavabile dalla sentenza di accoglimento. In altri termini, è richiesto che l'utilità si riferisca specificamente al soddisfacimento della situazione soggettiva dedotta, giacché l'interesse si ricava dalla utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all'interesse leso la protezione accordata dal diritto.

Anche sotto il profilo dell'interesse ad agire, mentre nel processo civile è sufficiente l'esistenza di una situazione di incertezza oggettiva che non sia superabile senza l'intervento del giudice, a prescindere dall'attuale verificarsi di una lesione del diritto, nel processo amministrativo risulta più difficile prefigurare delle situazioni di incertezza che legittimerebbero il privato a richiedere la tutela dichiarativa al giudice amministrativo.

La giurisprudenza amministrativa ha opportunamente distinto tra l'incertezza riconoscibile nell'ambito della giurisdizione esclusiva e quella ravvisabile nell'ambito della giurisdizione di legittimità.

Nel primo caso, infatti, quanto ai diritti soggettivi, l'incertezza sorge in un rapporto paritetico con l'amministrazione, senza alcun rischio di violare il divieto di cui all'art. 34, comma 2, c.p.a.

Nel caso della giurisdizione di legittimità, invece, l'incertezza è legata sostanzialmente al silenzio dell'amministrazione, all'infuori, però, dai casi in cui lo stesso è sindacabile con l'apposita azione ex artt. 31 e 117 c.p.a.

Ne discende che unico residuale spazio della rilevanza dell'incertezza ai fini dell'integrazione dell'interesse ad agire per il mero accertamento, sarebbe quello dell'incertezza in ordine alla formazione del silenzio-assenso.

Tuttavia, l'introduzione del comma 2-bis all'art. 20 legge n. 241/1990, ad opera del legislatore del 2020, con decreto-legge n. 76, che prevede che l'amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell'intervenuto accoglimento della domanda, sembrerebbe negare anche questo spazio residuale. L'interesse ad agire del privato relativamente all'azione di mero accertamento dell'avvenuto silenzio assenso non sussisterebbe perché la situazione di incertezza (per la quale si richiede l'accertamento) sarebbe superabile attraverso la richiesta dell'attestazione all'amministrazione.

Ad ogni modo, l'azione di mero accertamento nella giurisdizione di legittimità costituisce lo strumento che più di ogni altro rischia di violare il principio di separazione dei poteri, sancito dall'art. 34, comma 2, c.p.a., chiamando il giudice ad un ruolo di amministrazione attiva in supplenza dell'amministrazione.

Anche in tale ottica, quindi, nonostante la declamata ammissibilità in via generale, ne va evidenziata, come opportunamente fa la sentenza in commento, la residualità e l'eccezionalità all'interno del sistema processuale amministrativo.

Guida all'approfondimento

A titolo esemplificativo:

Berrettini, Azione di mero accertamento, regime del silenzio assenso ed inefficacia provvedimentale: nuova linfa alla tutela dichiarativa nel processo amministrativo?, in Dir. proc. amm., 1° settembre 2023, n. 3, p. 546.

Carbone, Pluralità delle azioni e tutela di mero accertamento, in Dir. proc. amm., 2013, p. 854 ss.

Castrovinci Zenna, Il lungo cammino verso l'effettività della tutela: l'ammissibilità dell'azione di accertamento nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2017, p. 146 ss.

Feliziani, L'azione di mero accertamento nel processo amministrativo. Tra lacune legislative e istanze di tutela, in Giustamm.it, n. 1/2013, § 2.

Squazzoni, L'azione di accertamento con riferimento al silenzio assenso: amministrare giudicando? Un'analisi della giurisprudenza, in Dir. proc. amm., 2021, p. 735 ss.

Villata, Processo amministrativo, pluralità delle azioni, effettività della tutela, in Diritto proc. amm., 1° giugno 2021, n. 2, p. 369.

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