La Direttiva UE 2024 in materia di tutela penale dell’ambiente: nuove figure di reato, sanzioni inasprite e strumenti processuali potenziati
06 Maggio 2024
Il contesto normativo La nuova Direttiva in materia di eco-reati è stata approvata in via definitiva dal Parlamento Europeo lo scorso 27 febbraio, con ampia maggioranza (499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni). La criminalità ambientale ricopre la quarta posizione tra le attività illecite più rilevanti al mondo e costituisce una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata, subito dietro al traffico di droga e armi ed alla tratta di esseri umani. Nel dicembre 2021 la Commissione Europea aveva presentato una proposta (2021/0422) per rafforzare la protezione dell'ambiente nell'Unione attraverso il diritto penale, con l'obiettivo di contrastare il numero crescente di illeciti che ledono il bene giuridico ambientale. Il fenomeno è peraltro ritenuto di particolare gravità in quanto assume dimensioni transnazionali ed extra-comunitarie. Gli organi comunitari partono dal presupposto che le precedenti Direttive del 2008 e del 2009 abbiano parzialmente fallito nell'intento preventivo (sia “generale” che “speciale”), in quanto il recepimento dei diversi Stati non ha avuto i caratteri di efficacia attesi, né le sanzioni previste abbiano costituito pienamente il deterrente tipico della risposta penale. La nuova Direttiva mira dunque, da un lato, ad individuare nuove figure di reato, contraddistinte da una maggiore specificità e grado di dettaglio, in risposta ad esigenze peculiari individuate dalla Commissione; dall'altra parte, per quanto concerne le fattispecie già previste dalle precedenti fonti europee, si procede ad una catalogazione più stringente (basata sostanzialmente sulla gravità dell'evento lesivo) a cui corrispondono cornici edittali di pena maggiormente severe. In premessa vengono ribaditi e riaffermati i principi fondamentali in tema di tutela dell'ambiente: precauzione, azione preventiva, correzione alla fonte dei danni causati all'ambiente, sussidiarietà del diritto penale e valorizzazione del diritto amministrativo, attribuzione al colpevole degli oneri economici di bonifica e ripristino (c.d. “chi inquina paga”). A livello generale, si ribadisce l'importanza di attribuire rilevanza penale anche alle condotte omissive in relazione agli illeciti ambientali, così definite le violazioni del diritto dell'Unione volto al perseguimento degli obiettivi di politica ambientale dell'Ue, ovvero violazioni di leggi, regolamenti e disposizioni amministrative di uno Stato membro. Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, dovranno avere rilievo le condotte connotate da intenzionalità (dolo) o, quanto meno, da grave negligenza (colpa grave), da interpretarsi in conformità con il diritto nazionale. Per alcuni dei reati previsti dalla nuova Direttiva vengono concepite soglie quantitative e qualitative. Con riguardo al primo aspetto, ci si riferisce alla quantità di materiale oggetto del comportamento illecito attribuito all'agente (ad esempio, con riguardo alla nuova figura di reato di disboscamento) ovvero al superamento di una soglia regolamentare, di un valore o altro parametro regolatorio. In ordine alla soglia qualitativa, essa concorre a determinare se il contengo dell'agente costituisca o meno un reato ambientale, segnatamente il fatto che tale condotta determini il decesso o provochi lesioni gravi alle persone, o danni rilevanti alla qualità dell'aria, dell'acqua o del suolo, o a un ecosistema, alla fauna o alla flora. Viene inoltre fornita una definizione di “ecosistema”, vale a dire «un complesso dinamico di comunità di piante, animali, funghi e microrganismi e del loro ambiente non vivente che, mediante la loro interazione, formano un'unità funzionale». A titolo esemplificativo, un alveare viene considerato parte di un ecosistema, ma non un ecosistema a sé stante ai fini della Direttiva. Da ultimo, si ribadisce l'opportunità di prevedere una forma di responsabilità diretta e sostanzialmente penale in capo alle persone giuridiche, ritenute le naturali destinatarie dei precetti ambientali, in quanto la maggior parte delle condotte previste come reato riguardano – direttamente o indirettamente – l'attività d'impresa. Le figure di reato indicate nella Direttiva Le nuove fattispecie di reato sono schematicamente riportate nella Direttiva:
Vengono indicati come “qualificati” – e quindi essere considerati come “ecocidio” – i reati ambientali che provochino la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat in un sito protetto, ovvero che cagionino danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque. Le condotte elencate alle lettere da a) a d), lettere f) e g), lettere da i) a q), lettera r) – in caso di violazione dell'autorizzazione – e lettere s) e t), dovrebbero essere punite, ai sensi della Direttiva, anche a titolo colposo. Il legislatore europeo auspica la rilevanza penale anche delle condotte di istigazione favoreggiamento e concorso relative a tutte le fattispecie previste, mentre indica come necessaria la punibilità del tentativo per le figure di cui alle lettere da a) a d), lettere f) e g), lettere da i) a m), e lettere o), p), r), s) e t). Vengono altresì indicati alcuni parametri utili ad effettuare una valutazione della gravità del reato, al fine di determinare in concreto il trattamento sanzionatorio, quali: le condizioni originarie dell'ambiente colpito; la durata del danno (lunga, media o breve); la portata del danno; la reversibilità del danno; la sussistenza o meno di un'autorizzazione qualora richiesta; la misura del superamento di una soglia regolamentare; la natura pericolosa o nociva per la salute umana del materiale o sostanza oggetto della condotta. Le previsioni in materia sanzionatoria e ripristinatoria La Direttiva si concentra non solo sull'individuazione di nuove figure di reato, ma anche su una reazione sanzionatoria più incisiva. Si afferma che le sanzioni per i reati ambientali debbano essere effettive, dissuasive e proporzionate e che la risposta più efficace sia da individuarsi nelle misure accessorie, di natura economica e ripristinatoria. Viene inoltre reputato opportuno che gli Stati membri prendano in considerazione l'introduzione di misure alternative alla reclusione al fine di contribuire al ripristino ambientale. Si auspica la predisposizione di una serie di sanzioni penali, non penali, nonché di altre misure anche di natura preventiva, per affrontare i diversi tipi di condotta criminosa in modo mirato, tempestivo, proporzionato ed efficace, oltre alla previsione della confisca dei proventi finanziari realizzati dagli autori dei reati. Vengono stabilite indicazioni sui limiti edittali di pena per le persone fisiche con riguardo alle diverse categorie di reati:
Con riferimento alle persone giuridiche, la Direttiva prevede indicazioni di sanzioni edittali minime a seconda della tipologia di reato:
Quanto alle sanzioni accessorie o di natura extra-penale, sia per le persone fisiche che per le persone giuridiche (ove applicabili) vengono previsti:
La Direttiva prevede l'applicazione di circostanze aggravanti qualora i reati provochino la distruzione di un ecosistema, siano commessi nel contesto di una organizzazione criminale, abbiano comportato l'uso di documenti falsi ovvero abbiano visto il coinvolgimento di un funzionario pubblico. Sono previste anche circostanze attenuanti, tutte relative a condotte attive successive alla commissione del reato, come il ripristino (anche parziale) dell'ambiente e la cooperazione con l'autorità giudiziaria al fine di individuare autori del reato ancora non identificati ovvero ulteriori elementi di prova. Infine, viene stabilito che il termine di prescrizione per i nuovi reati ambientali dovrà essere tale da garantire la risposta dell'ordinamento, e comunque commisurato alla pena massima prevista. Rilievi processuali: mezzi di ricerca della prova e tutela dei segnalanti La Direttiva stabilisce infine alcune disposizioni di rilievo processuale. Anzitutto, vengono determinati i criteri in ordine alla competenza giurisdizionale, tutti legati al luogo di commissione del reato ovvero alla cittadinanza del reo, con la possibilità per il singolo Paese di richiedere il riconoscimento della propria giurisdizione. In merito alla fase delle indagini preliminari, si incentivano i mezzi di cooperazione internazionale, relativamente allo scambio di informazioni ed al coordinamento investigativo e giudiziario in seno ad Eurojust, Europol, Procura Europea ed altre istituzioni comunitarie. Si auspica che gli strumenti investigativi dedicati ai reati ambientali includano anche quelli di natura speciale, utilizzati per contrastare la criminalità organizzata o altri reati gravi, quindi ad esempio intercettazioni telefoniche, captatori informatici, monitoraggio finanziario, ecc. Una tutela particolare ed effettiva, attraverso misure di sostegno e assistenza nel procedimento penale, dovrà essere riconosciuta alle persone che denunciano i reati ambientali di cui hanno avuto conoscenza nell'ambito delle proprie attività professionali. Le garanzie – che si ispirano ai noti principi in materia di whistleblowing – si dovranno estendere anche a coloro che cooperano nell'azione di contrasto agli illeciti ambientali. Viene richiesto che nell'ambito del processo penale possano intervenire i “membri del pubblico interessato”, tra cui certamente la persona offesa e/o danneggiata dal reato, ma anche gli enti esponenziali ed altri portatori di un interesse qualificato. Qualora uno Stato già consenta la costituzione di parte civile, dovrà assicurare tale facoltà anche in relazione ai reati ambientali, garantendo al “pubblico interessato” una adeguata informativa sugli sviluppi processuali. Infine, dovrà essere assicurata un'elevata specializzazione degli organi giurisdizionali penali che trattano questa tipologia di reati, prevedendo eventualmente sezioni specializzate nei Tribunali e nelle Procure. In conclusione La nuova Direttiva si presenta senz'altro ricchissima sotto il profilo dei contenuti e rappresenta un fondamentale tassello della c.d. “agenda verde” dell'Unione Europea. Nonostante nel nostro ordinamento siano state introdotte negli scorsi anni numerose figure di reato e misure in materia ambientale, molti aspetti evidenziati dal nuovo testo comunitario saranno necessariamente oggetto di nuovi adeguamenti anche in Italia. Sotto la lente vengono posti specificamente gli enti e le aziende, che vengono individuati come naturali destinatari delle misure più gravi sotto il profilo economico e di attribuzione degli oneri ripristinatori. Anche per le persone fisiche, tuttavia, non sono trascurabili le indicazioni fornite con riguardo alla dosimetria minima dei massimi edittali. I criteri ispiratori sono certamente riconducibili ad un recupero dello strumento penale (sostanziale e processuale) quale principale arma deterrente e di risposta ai fenomeni di eco-reato e, quindi, di tutela dell'ambiente. È sufficiente una rapida lettura del provvedimento per avvedersi che al sistema sanzionatorio penale viene dedicata la grandissima parte delle disposizioni, mentre la “prevenzione” di natura extra-penale è relegata a poche righe in chiusura, con connotati meramente programmatici e non precettivi. Seppure sia percepibile uno sforzo (pure dichiarato nelle premesse) di attribuire un maggior grado di dettaglio alle nuove fattispecie, permangono alcune perplessità in tema di rispetto del principio di determinatezza delle disposizioni (tradizionale e ben noto “difetto genetico” di diverse norme penali-ambientali). Sul punto, le modalità di adeguamento dei singoli Paesi rivestiranno un ruolo determinante. Merita poi particolare considerazione l'attenzione dedicata alle norme processuali, con riferimento al previsto allargamento dell'utilizzo di strumenti investigativi esclusivo appannaggio delle indagini per delitti di criminalità organizzata (se non nella species, almeno in ordine ai vincoli operativi meno stringenti per il loro utilizzo), assecondando la tendenza ad ampliare il perimetro dei regimi di specialità, prima tipici dei provvedimenti emergenziali ed oggi sottoposti a sempre maggiori estensioni. In attesa di conoscere le modalità di adeguamento alla Direttiva (entro due anni dalla pubblicazione), appare sin d'ora evidente che il legislatore europeo abbia tracciato una rotta di estremo rigore in materia penale-ambientale. |