Privacy: la manifestazione pubblica di dati personali da parte dell’utente su un social network non ne autorizza il trattamento a fini di pubblicità mirata

La Redazione
06 Maggio 2024

Nelle sue conclusioni nella causa CGUE, 25 aprile 2024, C-446/21, l'Avv. Generale ha affermato che rivelare i propri dati sensibili e, nel caso di specie, il proprio orientamento sessuale, sul profilo personale di un social network sebbene renda tale dato «manifestamente pubblico» non consente al gestore dei servizi del social l'uso indiscriminato delle informazioni personali dell'utente al fine di inviargli una pubblicità mirata senza il suo previo consenso.

Nel corso del 2018, una nota impresa statunitense che controlla dei servizi di social network ha presentato ai propri utenti nell'Unione europea nuove condizioni per l'uso di un social network.

Il consenso a queste ultime è necessario per poter iscriversi o accedere agli «account» e ai servizi forniti da detto social. Un utente di Facebook e attivista nel settore della protezione dei dati, ha accettato tali condizioni. Egli avrebbe ricevuto spesso pubblicità rivolte a persone omosessuali e inviti a eventi corrispondenti. Tali pubblicità non si baserebbero direttamente sul suo orientamento sessuale, bensì sull'analisi dei suoi centri d'interesse. Scontento del trattamento riservato ai suoi dati, da lui ritenuto illecito, l'utente ha proposto un ricorso dinanzi ai giudici austriaci. Successivamente, in occasione di una tavola rotonda, egli ha menzionato pubblicamente la propria omosessualità, ma non ha pubblicato nulla al riguardo sul suo profilo social.

La Corte suprema austriaca s'interroga a proposito dell'interpretazione del regolamento generale sulla protezione dei dati (Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati). Essa chiede alla Corte se il social network in questione possa analizzare e trattare tutti i dati personali di cui dispone senza limiti di tempo a fini di pubblicità mirata. Inoltre, chiede alla Corte se la circostanza che una persona si sia espressa circa il proprio orientamento sessuale in occasione di una tavola rotonda permetta il trattamento di altri dati in proposito, al fine di proporle una pubblicità mirata.

Riguardo alla prima questione, l'Avvocato Generale Athanasios Rantos propone alla Corte di dichiarare che il GDPR osta a che alcuni dati personali possano essere trattati a fini di pubblicità mirata senza limiti di tempo. Il giudice nazionale deve poter valutare, in particolare sulla base del principio di proporzionalità, in che misura il periodo di conservazione e la quantità dei dati trattati siano giustificati alla luce dell'obiettivo legittimo di trattamento di tali dati ai fini di una pubblicità personalizzata.

A proposito della seconda questione, l'Avvocato Generale ritiene, fatte salve le verifiche in punto di fatto spettanti alla Corte suprema austriaca, che il fatto che il ricorrente si sia espresso con piena consapevolezza sul proprio orientamento sessuale nell'ambito di una tavola rotonda aperta al pubblico possa costituire un atto tramite il quale ha «reso manifestamente pubblico» tale dato ai sensi del GDPR. Egli ricorda che, sebbene i dati relativi all'orientamento sessuale rientrino nella categoria dei dati particolarmente protetti che sono oggetto di un divieto di trattamento, detto divieto non si applica qualora tali dati siano resi manifestamente pubblici dalla persona interessata. Tuttavia, una simile presa di posizione, di per sé, non autorizza il trattamento di tali dati a fini di pubblicità personalizzata.