Deposito di atti già prodotti in un precedente grado di giudizio: dalla possibilità giurisprudenziale al divieto legislativo foriero di problemi

06 Maggio 2024

Il principio di "non dispersione della prova" comporta che il fatto storico rappresentato in documenti prodotti nel processo tributario telematico sia considerato dimostrato, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, nè dipende dalle successive scelte di parte.

Massima

Nel processo tributario svolto sin dal primo grado secondo modalità telematiche, le parti non sono tenute a depositare nuovamente in appello le produzioni del fascicolo di parte del primo grado che rimangono acquisite al fascicolo telematico d'ufficio e devono necessariamente essere esaminate dal giudice del gravame.

Il caso

Il Contribuente, ricevuta la notificazione della liquidazione dell'imposta di registro relativa ad un decreto ingiuntivo, calcolata al minimo in ossequio al combinato disposto di cui agli artt. 37 e 8 della Tariffa, Parte, I d.P.R. n. 131/1986, proponeva ricorso in primo grado, deducendo che il decreto ingiuntivo doveva intendersi caducato e divenuto inefficace per effetto del diniego della sua ottemperanza da parte del TAR di Salerno con la sentenza n. 330 del 25 febbraio 2019.

Il ricorrente versava in atti nel PTT la copia del decreto ingiuntivo e della sentenza del TAR.

La sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 3017/33/21 respingeva il ricorso, assumendo che non operava il principio invocato dal ricorrente in quanto la sentenza del TAR di Salerno aveva, comunque, deciso nel merito la questione sottoposta alla sua valutazione, stabilendo l'insussistenza del titolo esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo fatto oggetto di opposizione, ma non munito di clausola di esecutività.

Il Contribuente proponeva appello senza versare nuovamente in secondo grado i documenti già in atti di primo grado.

La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania  con sentenza n. 6706 febbraio 2022, depositata il 12 ottobre 2022, respingeva l'appello, confermando la sentenza di primo grado, assumendo che tutte le eccezioni proposte dall'appellante erano rimaste sprovviste di prova, posto che agli atti non era stato possibile “rinvenire copia del decreto ingiuntivo, oggetto di liquidazione, né copia della sentenza del TAR che aveva ritenuto lo stesso caducato”,  con la conseguenza che la tassazione operata dall'Ufficio non appariva contestabile anche in ragione del fatto che non era stato possibile avere ulteriori chiarimenti dalle parti dal momento che l'appello era stato discusso in camera di consiglio, mancando un'esplicita richiesta di pubblica udienza.

Avverso detta sentenza, il Contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a  tre motivi nei quali, sostanzialmente, deduceva  che i documenti non rinvenuti dal giudice di appello erano, in realtà, presenti nel fascicolo di primo grado che faceva “inscindibilmente” parte del fascicolo d'ufficio d'appello.

Resisteva al ricorso l'Ufficio con controricorso.

La questione

I documenti di parte depositati nel PTT in primo grado devono essere depositati nuovamente in appello o rimangono acquisiti al fascicolo telematico di ufficio?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza del 1° febbraio 2024 n. 3005 della Corte di cassazione, sez. trib., ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che provvederà ad esaminare l'appello sulla scorta di tutta la documentazione facente parte del fascicolo telematico.

La sezione tributaria richiama i principi fissati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 4835 del 16 febbraio 2023, secondo cui, in materia di prova documentale nel processo civile, il principio di "non dispersione (o di  acquisizione) della prova" operante anche per i documenti prodotti sia con modalità telematiche, che in formato cartaceo, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando  un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio.

La sezione tributaria ha accolto la deduzione del ricorrente che riferiva che il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 163/2013 (avente ad oggetto il Regolamento recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 39, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), stabilisce, sostanzialmente, l'acquisizione del fascicolo di primo grado d'ufficio nel  SIGIT anche per il successivo grado di giudizio, sicché i giudici di appello avrebbero dovuto prendere in esame le produzioni di primo grado.

La sentenza della sezione tributaria esamina detto decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 163/2013 che, all'art. 14 (Fascicolo informatico), dispone:

“1. La segreteria della Commissione tributaria forma il fascicolo informatico ai sensi dell'art. 41, comma 2-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con le modalità tecnico-operative stabilite dal decreto di cui all'art. 3, comma 3, inserendovi anche le attestazioni rilasciate dal S.I.Gi.T ed ogni altro  atto e documento informatico acquisito dal SI.Gi.T.

2. Il fascicolo informatico contiene anche le copie informatiche degli atti e dei documenti cartacei prodotti e acquisiti ai sensi dell'art. 12.

3. Il fascicolo informatico sostituisce il fascicolo d'ufficio di cui all'art.  25 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, a condizione che contenga anche tutti gli atti e documenti cartacei prodotti e acquisiti ai sensi dell'art. 12.

4. Il fascicolo informatico consente  ai giudici tributari e agli altri soggetti abilitati al SI.Gi.T. di cui all'art. 3, comma 2, la diretta consultazione dello stesso, ed esonera le segreterie delle Commissioni tributarie dal produrre e rilasciare copie su supporto cartaceo degli atti e dei documenti informatici ivi contenuti ai soggetti abilitati alla consultazione”.

La sentenza in esame prosegue indicando che il successivo art. 18, del medesimo d.m. del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 163/2013, riguardante “Trasmissione dei fascicoli”, dispone  che:

“1. La trasmissione da parte della Commissione tributaria provinciale del fascicolo informatico alla competente Commissione tributaria regionale avviene tramite il S.I.GI.T., con le modalità tecniche operative stabilite dal decreto di cui all'art. 3, comma 3, finalizzate ad assicurarne la data certa nonché l'integrità, l'autenticità e la riservatezza”.

La sentenza in esame statuisce che i documenti di parte del fascicolo tributario telematico di primo grado risultano definitivamente acquisti al fascicolo d'ufficio e devono essere presi in esame dal giudice di appello, con facoltà delle parti di non depositarli di nuovo in appello.

Osservazioni

La sentenza in esame richiama i principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4835 del 16 febbraio 2023 in materia di prova documentale nel processo civile che, infra-maggior consistenza e per quanto interessa in questa sede in relazione al processo telematico, avevano statuito:

“Il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”, operante anche per i documenti - prodotti sia con modalità telematiche che in formato cartaceo -, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, né può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che li abbia inizialmente offerti in comunicazione.

Il giudice d'appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte, illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni”.

Le Sezioni Unite, con la citata sentenza n. 4835 del 16 febbraio 2023, nel punto 4.1., non ritrascritto nella sentenza in esame, avevano anche affermato:

“Ai quesiti posti dall'ordinanza interlocutoria n. 14534/2022 occorre, allora, dar risposta non pervenendo necessariamente all'esito interpretativo di intendere abrogata tacitamente la distinzione codicistica tra fascicolo d'ufficio e fascicolo di parte (il cui impianto rimane, del resto, confermato anche dopo la riforma introdotta con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, equiparandosi, nel novellato art. 36 disp. att. c.p.c., la tenuta e conservazione del fascicolo informatico alla tenuta e conservazione del fascicolo d'ufficio su supporto cartaceo e continuandosi a prevedere, con gli artt. 165 e 166 c.p.c. e 74 disp. att. c.p.c., che i documenti offerti in comunicazione siano contenuti nel fascicolo di parte, nonostante il modificato art. 87 disp. att. c.p.c. faccia rinvio all'art. 196-quater per le modalità di produzione dei documenti), né “superando” le sentenze n. 28498 del 2005 e n. 3033 del 2013, quanto piuttosto ampliando, nel nuovo quadro di sistema delineatosi, gli effetti del principio di acquisizione delle prove documentali e gli strumenti, che già tali sentenze contemplavano, idonei a consentire al giudice d'appello la ricostruzione della portata dimostrativa di tali prove, indipendentemente dalla natura informatica o cartacea del supporto, in funzione di una concezione del processo che “fa leva sul valore della giustizia della decisione” (Cass. Sez. Unite, 7 maggio 2013, n. 10531)”.

Sulla base del principio di non dispersione della prova, la sentenza in commento passa in rassegna le indicate previsioni del d.m. del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 163/2013 (artt. 14 e 18), giungendo ad un superamento anche nel processo tributario telematico della distinzione fra fascicolo di parte e fascicolo di ufficio e arrivando, conclusivamente, a  statuire che le parti possono non riprodurre nell'appello tributario telematico, i documenti già inseriti nel primo grado di giudizio che si sia svolto in modo telematico.

La sentenza costituisce un primo passo per il chiarimento di una delle nuove questioni del processo tributario telematico.

Preme, tuttavia osservare che il Legislatore, per il futuro, è già intervenuto sul punto con il d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 220 (Disposizioni in materia di contenzioso tributario), il cui art. 1, comma 1, lett. m), ha inserito nell'art. 25-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, il comma 5-bis, che recita “Gli atti e i documenti del fascicolo telematico non devono essere nuovamente depositati nelle fasi successive del giudizio o nei suoi ulteriori gradi. Il giudice non tiene conto degli atti e dei documenti su supporto cartaceo dei quali non è depositata nel fascicolo telematico la copia informatica, anche per immagine, munita di attestazione di conformità all'originale”.

Il primo periodo della nuova disposizione muta la modalità deontica elaborata dalla sentenza in commento (“permesso”) in quella di “vietato” (“non devono essere nuovamente depositati”).

Nella sentenza alle parti “è permesso” ridepositare i documenti in appello, nella novella è “vietato” depositarli nelle fasi successive del giudizio o nei suoi ulteriori gradi.

Detta previsione, in vigore dal 4 gennaio 2024, con applicazione ai giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024 (art. 4, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 220), compie un secondo passo, sgombrando dal fascicolo telematico di appello, gli atti e i documenti già depositati in primo grado, semplificandone e alleggerendone la consultazione ad opera delle parti e del giudice.

Ma tale secondo passo ex lege rivolto al futuro, diversamente dal primo passo “giurisprudenziale”, non sembra di chiarimento, poiché, dietro l'apparente semplicità della previsione, si annidano alcuni dubbi e pericoli.

Non viene individuata la sanzione del divieto di produzione nei gradi successivi di atti e documenti già presenti nel fascicolo del precedente grado.

Non viene, infatti, prevista:

- l'inutilizzabilità, che, con formula ancor meno felice (“il giudice non tiene conto”), la seconda parte dell'art. 25-bis, comma 5-bis di nuovo conio del d.lgs. n. 546/1992, prevede, invece, per il deposito telematico di documenti in forma cartacea privi di attestazione di conformità all'originale;

- l‘inammissibilità, che il d.lgs. n. 546/1992 espressamente individua, ad esempio, in relazione al giuramento (art. 7, comma 4) e ai “nova” in appello (art. 58, comma 1);

- la nullità, che ai sensi dell'art. 156 c.p.c. deve essere comminata dalla legge.

Senza la previsione della sanzione appare difficile invocare l'inutilizzabilità, l'inammissibilità o la nullità di una prova documentale che già validamente appartiene al bagaglio probatorio di un precedente grado di giudizio e al fascicolo processuale telematico, come dimostra la sentenza in commento.

Senza una sanzione la norma perde smalto.

E' stato anche osservato che sorge il dubbio che il divieto di deposito in ogni stato e grado del precesso di atti già acquisiti al PTT “comporti il superamento della previsione di cui all'art. 369, comma 2 c.p.c. per il processo in cassazione, che impone il deposito di copia autentica della sentenza impugnata. Sul piano sistematico, visto che anche la Corte di Cassazione accede ora al fascicolo di merito, tale onere appare anacronistico, e d'altro canto, quello in cassazione è comunque un grado di giudizio. Per contro la norma del 369 c.p.c. è specifica e l'art. 25-bis si trova in una disciplina relativa al processo tributario (mentre per costante giurisprudenza il rito di cassazione è quello civile, anche in materia tributaria). Ne consegue che il deposito parrebbe a senso non più necessario, ma cautelativamente opportuno, per evitare gli effetti di improvvide interpretazioni formalistiche” (Alberto Marcheselli, La farmacia dei sani – Special edition riforma fiscale – La decisione semplificata nella riforma fiscale – Parte seconda – Pasticci vecchi e nuovi in tema di processo telematico: la digitalizzazione e il cartaceo di ritorno, in Diritto tributario, 31 dicembre 2023).

Il dubbio sorge anche in relazione ai documenti (oltre che agli atti).

Infatti, l'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., prevede sempre a pena di improcedibilità, che unitamente al ricorso debbano essere depositati “Gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”, la cui specifica indicazione, amplificata dal  principio giurisprudenziale di autosufficienza, l'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. richiede, per ciascuno dei motivi di ricorso fondato su detti atti e documenti.

Il Protocollo d'intesa tra la Corte di cassazione e il Consiglio Nazionale Forense in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria del 17 dicembre 2015, aveva previsto che il principio di autosufficienza “deve ritenersi rispettato, anche per i ricorsi di competenza della Sezione tributaria, quando:

… omissis…

4) siano allegati al ricorso (in apposito fascicoletto, che va pertanto ad aggiungersi all'allegazione del fascicolo di parte relativo ai precedenti gradi del giudizio) ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4 , c.p.c., gli atti, i documenti, il contratto o l'accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso e nel controricorso”.

Il successivo Protocollo d'intesa del 1° marzo 2023, fra Corte di cassazione, Procura Generale, Avvocatura dello Stato e CNF, ha attualizzato la previsione, statuendo che il principio di specificità e localizzazione “deve ritenersi rispettato quando:

omissis

4) siano depositati mediante allegazione nella busta telematica, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., gli atti, i documenti, il contratto o l'accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso”.

Dunque, la produzione  telematica di tali documenti (che in passato confluivano nel vecchio “fascicoletto” cartaceo di cassazione) appare prudenziale nel caso di ricorso per la cassazione di una sentenza di una Corte di giustizia tributaria di secondo grado, non solo per i motivi sopra riportati in relazione alla copia autentica della sentenza impugnata, ma anche per il mancato coordinamento dell'art. 25-bis, comma 5-bis, del d.lgs. n. 546/1992 con le norme del codice di procedura civile relative al giudizio di cassazione e per la mancata previsione di una sanzione al divieto del “nuovo” deposito di un documento “vecchio” nel processo tributario telematico.

Concludendo, mentre la sentenza in commento costituisce un passo in avanti verso la certezza, il Legislatore, sia pur con l'intento di fare chiarezza, ha compiuto un passo indietro nell'incertezza.

E quando l'incertezza riguarda l'ammissibilità di un ricorso per cassazione, la questione diviene veramente grave per l'Avvocato cassazionista e la prudenza non è mai troppa.

È auspicabile un intervento legislativo a chiarimento prima del 1° settembre 2024.

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