L’accertamento dell’addebito non è escluso dall’esistenza di criticità e disaccordi esistenti prima del matrimonio

06 Maggio 2024

In tema di separazione giudiziale dei coniugi, l’accertamento dell’addebito non è escluso dall’esistenza di criticità e disaccordi esistenti prima del matrimonio, poiché la connotazione di conflittualità del rapporto è diversa dalla situazione di vera e propria intollerabilità della convivenza, la quale, se è cagionata da violazioni di obblighi matrimoniali da parte di uno dei coniugi, può determinare l’addebito della separazione

Questo il principio che si trae dalla pronuncia in esame.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento riguardante la separazione personale dei coniugi, la Corte di Appello, in parziale modifica della sentenza di primo grado, aveva confermato il rigetto della richiesta di addebito della separazione al marito, non ammettendo le prove richieste dalla moglie e confermato la decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che la crisi coniugale fosse stata determinata da una conflittualità esistente tra i coniugi fin dall'inizio del matrimonio, ed ancor prima della celebrazione dello stesso.

La donna, quindi, decideva di promuovere ricorso per cassazione in quanto, a suo dire, la Corte di merito non aveva considerato i gravi fatti dalla stessa dedotti in primo grado, relativi alle violenze domestiche e ai soprusi commessi dal coniuge durante la convivenza, in relazione ai quali aveva formulato istanze istruttorie, che non erano state ammesse. A detta della ricorrente, inoltre, neppure esistevano i presupposti minimi per un affidamento della loro figlia minore al servizio sociale e ancora meno per un affidamento condiviso fra i genitori.

L'addebito della separazione

Sul punto, la Suprema Corte ricorda che ai fini dell'addebito della separazione, l'indagine sull'intollerabilità della convivenza deve essere svolta sulla base della valutazione globale e sulla comparazione dei comportamenti di entrambi i coniugi, non potendo la condotta dell'uno essere giudicata senza un raffronto con quella dell'altro, consentendo solo tale comparazione di riscontrare se e quale incidenza esse abbiano riservato, nel loro reciproco interferire, nel verificarsi della crisi matrimoniale.

Peraltro, poi, al riguardo, occorre distinguere l'esistenza di un rapporto, che possa darsi dall'inizio come difficile o addirittura conflittuale, dalla vera e propria situazione d'intollerabilità della convivenza, che a differenza del primo stato di difficoltà relazionale è, questa sì, causa della separazione e può dipendere dal contegno di uno solo dei coniugi a cui la separazione va di conseguenza addebitata.

Quanto, invece, alle violenze domestiche, esse costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse, la pronuncia di separazione personale con addebito all'autore, esonerando il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi di una situazione di crisi della coppia (Cass. n. 7388/2017).

Ciò posto, nel caso di specie, secondo la Cassazione la decisione della coppia di sposarsi subito dopo la nascita della figlia, nonostante alcune criticità, può solo far ritenere che, al momento del matrimonio, tali criticità non erano dai coniugi considerate tali da ostacolare tale scelta, sebbene, ciò non possa far escludere che, in costanza di matrimonio, le stesse si siano poi reiterate e aggravate, come dedotto dalla ricorrente, sostanziandosi anche in condotte violative degli obblighi matrimoniali da alcuno dei coniugi.

La violenza domestica

La pronuncia in esame si presenta altresì interessante nella parte in cui ricorda che nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale in cui siano adottati i “provvedimenti convenienti” di cui all'art. 333 c.c., ove venga dedotta la commissione di condotte di violenza domestica (come definita dall'art. 3 della Convenzione del Consiglio d'Europa, firmata ad Istanbul l'11/05/2011 e ratificata dall'Italia con l. n. 77/2013), il giudice, anche con riferimento a fatti anteriori all'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022, se non esclude l'esistenza di tali fatti e intenda adottare i menzionati “provvedimenti”, è chiamato a valutare, la compatibilità delle misure assunte con l'esigenza di evitare, nel caso concreto, possibili situazioni di vittimizzazione secondaria.

Fonte: (Diritto e Giustizia)