Dispensa da imputazione: negozio autonomo, mortis causa, unilaterale e revocabile (espressamente)
08 Maggio 2024
Massima La disposizione del donante secondo la quale la donazione è eseguita in conto di disponibile con dispensa dall'imputazione, seppure contenuta nella donazione, costituisce negozio di ultima volontà, come tale revocabile dal suo autore. La successiva revoca della dispensa dall'imputazione, così come la dispensa dall'imputazione ex art. 564 comma 2 c.c. , deve essere espressa e l'attribuzione per testamento della disponibile ad altro erede non comporta annullamento della precedente dispensa dall'imputazione della donazione ai sensi dell' art. 682 c.c. nel caso in cui le disposizioni siano di fatto compatibili in quanto il valore della donazione con dispensa dell'imputazione sia inferiore a quello della disponibile Il caso Nell’ambito di una divisione ereditaria giudiziale, un coerede lamenta che la quota al medesimo attribuita sia stata erroneamente calcolata, oltre che per errori di calcolo del consulente tecnico di ufficio, anche per la mancata attribuzione a suo favore di una parte della quota di disponibile, avendo ricevuto dal de cuius in vita una donazione in conto di disponibile e con espressa dispensa dall’onere di imputazione. La questione La questione in esame è la seguente: se successivamente alla donazione effettuata con espressa dispensa da imputazione, e quindi in conto di disponibile, il donante redige testamenti ove attribuisce la quota disponibile ad un soggetto diverso dal donatario, “annulla” le disposizioni precedenti incompatibili e quindi la dispensa da imputazione contenuta nella precedente donazione? Le soluzioni giuridiche La donazione in conto di disponibile e con dispensa dall'imputazione è un'attribuzione che si aggiunge a quanto spetta al beneficiario (che sarà poi legittimario) a titolo di legittima ai sensi degli artt. 536 ss c.c.: la finalità del donante è quella di riconoscere al donatario un vantaggio ulteriore rappresentato dall'esenzione dall'imputazione di quanto ricevuto per donazione alla propria (futura) quota di legittima. Infatti, con la dispensa dall'imputazione di cui all'art. 564, comma 2, c.c., il legittimario trattiene la donazione e in più ha diritto di ricevere la sua quota di legittima intera, senza doverla decurtare dalla donazione (essendo dispensato dall'imputazione della stessa). Conseguentemente, la dispensa dall'imputazione ex se comporta l'espansione della legittima in quanto consente al legittimario di trattenere la donazione ricevuta e di conseguire l'intera quota di legittima. La dispensa dall'imputazione ha, quindi, funzione mortis causa, essendo destinata a produrre effetti dopo la morte del donante, e si differenzia, pertanto, dalla donazione che è un negozio tipicamente inter vivos. Inoltre, secondo la sentenza in esame, detta dispensa da imputazione è da ritenersi un negozio autonomo rispetto alla donazione, potendo essere indifferentemente effettuata nello stesso atto di donazione, in un successivo atto tra vivi o in un successivo testamento. Conseguentemente, la dispensa da imputazione - anche se contenuta in una donazione - mantiene la sua natura di atto unilaterale di ultima volontà sempre revocabile ai sensi dell'art. 671 c.c. e non assume, quindi, struttura bilaterale che richiederebbe il mutuo consenso per il suo scioglimento. Ferma restando quindi la possibilità di revoca unilaterale della dispensa da parte del donante sia con atto inter vivos successivo sia con disposizione testamentaria, come affermato anche dalla Corte d'Appello di Napoli, la Suprema Corte evidenzia tuttavia che la revoca della dispensa da imputazione deve essere espressa. Pertanto, l'attribuzione con successivi testamenti della quota di disponibile ad altro legittimario non comporta revoca per incompatibilità ai sensi dell'art. 682 c.c. della dispensa da imputazione contenuta nella precedente donazione effettuata ad altro legittimario. I giudici di legittimità hanno infatti osservato che la Corte d'Appello, pur affermando correttamente la revocabilità unilaterale della dispensa, ha erroneamente ritenuto che l'attribuzione della disponibile ad altro soggetto con testamento successivo avesse annullato la dispensa dall'imputazione contenuta nella precedente donazione per incompatibilità ai sensi dell'art. 682 c.c. (secondo il quale il testamento posteriore che non revoca in modo espresso i precedenti annulla le disposizioni che sono con esso incompatibili). L'attribuzione infatti della disponibile ad un altro erede non è di per sé incompatibile né letteralmente né logicamente con la precedente donazione in conto di disponibile soprattutto nella fattispecie in esame ove la dispensa da imputazione era di valore assai inferiore alla disponibile e aveva come effetto solo la riduzione dell'entità della disponibile oggetto del testamento, stante l'incremento della quota di legittima del donatario legittimario. Osservazioni La Corte, nella sentenza in parola, prende posizione sul dibattito dottrinale e giurisprudenziale relativo alla natura giuridica della dispensa da imputazione, ritenendo la stessa negozio autonomo, mortis causa, unilaterale e revocabile. In particolare, la dispensa può essere revocata unilateralmente, senza il consenso del donatario (se contenuta in una donazione), sia con un atto inter vivos successivo sia con un successivo testamento. È però necessario che la revoca della dispensa (così come la dispensa in sé ex art. 564, comma 2, c.c.) sia espressa, non potendosi la stessa desumere da una potenziale incompatibilità con posteriori disposizioni testamentarie: l'attribuzione per testamento della disponibile ad altro erede non comporta infatti annullamento della precedente dispensa dall'imputazione della donazione ai sensi dell'art. 682 c.c. nel caso in cui le disposizioni siano di fatto compatibili, risultando il valore della donazione con dispensa dell'imputazione inferiore a quello della disponibile. In questa ipotesi, infatti, l'unico effetto sarebbe quello di ridurre l'entità della quota disponibile oggetto della disposizione testamentaria. La sentenza in esame si discosta quindi dall'opposto orientamento che ritiene, invece, la dispensa da imputazione negozio accessorio al negozio in cui è contenuta: la dispensa da imputazione effettuata in un atto di donazione, secondo questa tesi, sarebbe da considerarsi negozio mortis causa ma a struttura inter vivos e quindi irrevocabile da parte del solo disponente. Essendo la dispensa, infatti, contenuta in una donazione, sarebbe necessario il consenso anche del donatario per sciogliere la stessa. Al riguardo, è condivisibile la tesi del negozio autonomo sostenuta dalla sentenza in oggetto in quanto, come evidenziato dalla stessa, ritenere la dispensa negozio accessorio della donazione e quindi ritenere l'accettazione della donazione comprensiva anche della dispensa da imputazione significherebbe ritenere la dispensa irrevocabile unilateralmente dal donante con conseguente violazione del divieto dei patti successori istitutivi: si configurerebbe infatti un accordo inter vivos avente ad oggetto anche la futura successione con riferimento alle attribuzioni di legittima e di disponibile, in palese violazione del disposto di cui all'art. 458 c.c. Riferimenti G. Iaccarino, Successioni e donazioni, 2023, 2601 ss; G. Capozzi, Successioni e Donazioni, Giuffrè, 2023, 592 ss; G. Cian e A. Trabucchi, Commentario Breve al Codice Civile, 2018, 564-565; G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, 4ª ed., Torino, 2006, 156; G. Cattaneo, Imputazione del legittimario, in Digesto civ., IX, Torino, 1999, 357; G. Azzariti, Le successioni e le donazioni. Libro Secondo del Codice civile, Napoli, 1990, 277; L. Ferri, Dei legittimari, Artt. 536-564, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980, 258; L. Mengoni, Successioni per causa di morte, Giuffrè, 1967, 268. |