Identità di genere: il rifiuto di uno Stato di riconoscere i cambiamenti di nome e di genere acquisiti in un altro Stato membro viola i diritti dei cittadini dell'UE
09 Maggio 2024
Un cittadino rumeno è stato registrato alla nascita in Romania come di sesso femminile. Dopo essersi trasferito nel Regno Unito, ha acquisito la cittadinanza britannica pur mantenendo la sua cittadinanza rumena. È in tale paese che, nel 2017, ha cambiato il suo prenome e il suo titolo civile da femminile a maschile e, nel 2020, ha ottenuto il riconoscimento legale della sua identità di genere maschile. Nel maggio 2021, sulla base di due documenti ottenuti nel Regno Unito attestanti detti cambiamenti, tale cittadino ha chiesto alle autorità amministrative rumene di iscrivere nel suo atto di nascita le indicazioni relative al suo cambiamento di prenome, di sesso e di codice numerico personale, in modo da farlo corrispondere al sesso maschile. Inoltre, egli ha loro chiesto di rilasciargli un nuovo certificato di nascita contenente tali nuove indicazioni. Tuttavia, le autorità rumene hanno respinto le sue richieste, invitandolo a seguire una nuova procedura giudiziaria in Romania, volta a ottenere direttamente l'approvazione del cambiamento di sesso. Fondandosi sul suo diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell'Unione, il cittadino in questione ha chiesto a un tribunale di Bucarest di ordinare l'adeguamento del suo atto di nascita al suo nuovo prenome e alla sua identità di genere riconosciuta in via definitiva nel Regno Unito. Tale tribunale ha chiesto alla Corte di giustizia se la normativa nazionale su cui si basava la decisione di diniego delle autorità rumene sia conforme al diritto dell'Unione e se la Brexit abbia un impatto su tale causa. L'Avvocato Generale Jean Richard de la Tour osserva, innanzi tutto, che i fatti all'origine alla controversia di cui è investito il giudice rumeno si sono verificati prima della Brexit o durante il periodo di transizione ad essa successivo. I documenti emessi nel Regno Unito devono quindi essere considerati come quelli di uno Stato membro dell'Unione ai fini della valutazione della domanda del tribunale. Inoltre, egli ritiene che il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione e il diritto al rispetto della loro vita privata ostino a che le autorità di uno Stato membro rifiutino di riconoscere e iscrivere nei registri dello stato civile il prenome acquisito da un cittadino di tale Stato membro in un altro Stato membro di cui è parimenti cittadino. Lo stesso vale per il rifiuto da parte di tali autorità di riconoscere l'identità di genere acquisita dal cittadino in questione in tale altro Stato membro e di iscriverla senza alcun procedimento nel suo atto di nascita. Infine, l'Avvocato Generale sottolinea che gli Stati membri restano competenti a prevedere, nel loro diritto nazionale, gli effetti di tale riconoscimento e di tale iscrizione in altri atti di stato civile nonché in materia di matrimonio e di filiazione. |