Coniuge violento e addebito della separazione
14 Maggio 2024
L'ordinanza n. 27324/2022 della Corte di Cassazione afferma che la violenza fisica di un coniuge nei confronti dell'altro, anche se concretizzatasi in un singolo episodio, costituisce una violazione talmente grave dei doveri nascenti dal matrimonio da giustificare non solo la pronuncia di separazione personale dei coniugi, ma anche la dichiarazione di addebito a carico dell'autore della violenza. Tale provvedimento, in linea con l'orientamento dettato dalle precedenti pronunce della Corte di Cassazione, stabilisce che i comportamenti reattivi del coniuge che sfociano in azioni violente e lesive dell'incolumità fisica dell'altro coniuge, costituiscono, in relazione alla determinazione dell'addebito della separazione, causa determinante dell'intollerabilità della convivenza, nonostante la conflittualità fosse risalente nel tempo e che l'altro coniuge contribuisse a esasperare la relazione (si vedano Cass. n. 6997/2018 e Cass. n. 7321/2005). Infatti, «le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi e inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse -, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale» (Cass. n. 7388/2017 e Cass. 3925/2018). Anche un unico episodio integra un comportamento idoneo a sconvolgere definitivamente l'equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della dignità di ogni persona (si veda Cass. n. 433/2018) e la reazione aggressiva della vittima non ne riduce la portata e l'efficienza causale. Inoltre, per provare la riconciliazione tra i coniugi separati non è sufficiente che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza a scopo sperimentale e provvisorio, essendo altresì necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, distintivi della vita coniugale (Cass. n. 19497/2005, Cass. n. 19535/2014, Cass. n. 1630/2018, Cass. n. 20323/2019). Invero, «la mera coabitazione non è sufficiente a provare la riconciliazione tra coniugi separati essendo necessario il ripristino della comunione di vita e di intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale» (Cass. n. 19535/2014),dal che consegue che, laddove emerga una crisi coniugale prolungata e irrisolta, i tentativi di superarla, nell'ambito dei quali può collocarsi la rinuncia a un ricorso di separazione da parte del coniuge, non possono essere qualificati come “riconciliazione”, in assenza di elementi univoci e significativi del pieno e concreto ripristino della comunione di vita e di affetti. Non ha, peraltro, alcun rilievo la circostanza secondo cui le insofferenze di un coniuge si instaurino in un rapporto già guastato e, dunque, sarebbero per tale ragione prive di rilevanza causale rispetto alla intollerabilità della convivenza. Perché sia addebitabile la separazione al coniuge che abbia violato i doveri nascenti del matrimonio, difatti, non è sufficiente solamente accertare la violazione ma è necessario che la medesima abbia causato direttamente la crisi coniugale in un rapporto eziologico di causa-effetto. Ebbene, in caso di accertamento delle condotte violente, invece, il successivo accertamento del nesso di causalità non è più necessario per la gravità intrinseca delle condotte stesse che, di per sé, fondano motivo di addebito della separazione al coniuge violento. |