La simulazione negli accordi attributivi di beni immobili nell’ambito della separazione omologata e del divorzio congiunto
21 Maggio 2024
Massima La donazione, eventualmente inserita nelle condizioni oggetto dell’accordo di separazione e divorzio costituisce una pattuizione negoziale autonoma rispetto al successivo provvedimento di omologa. È ammessa l’impugnazione dell’atto in quanto la pronuncia giudiziale di separazione consensuale o di divorzio congiunto (o su conclusioni conformi) incide sul vincolo matrimoniale ma, in relazione all’accordo intervenuto tra i coniugi, costituisce altresì un controllo esterno sui diritti indisponibili dei soggetti deboli e dei figli. Di conseguenza è possibile accertare la simulazione dei negozi famigliari attributivi di beni immobili senza che a ciò sia di ostacolo il fatto che questi siano stati recepiti tra le condizioni della separazione omologata o del divorzio congiunto. Il caso In virtù di testamento olografo A.A. nel 2003 veniva istituito erede universale, revocata ogni altra disposizione precedentemente adottata dal de cuius. I beneficiari delle disposizioni revocate richiedevano il pagamento di un'ingente somma di denaro e l'erede, allo scopo di proteggere il proprio patrimonio, costituiva, nel 2009, sui propri beni mobili, un trust per un valore di euro 1.600.611,00 con beneficiaria la propria moglie. I beneficiari delle disposizioni revocate ottenevano un provvedimento di sequestro conservativo ai danni di A.A., a fronte del quale, su consiglio del notaio, A.A. donava fittiziamente alla moglie i beni immobili di cui era titolare, inserendo poi questa disposizione nelle condizioni della separazione personale dei coniugi, con l'impegno scritto della donataria di retrocedere i beni. Detto impegno non veniva onorato ed A.A. chiedeva di dichiarare la simulazione assoluta dell'atto di donazione e dell'atto costitutivo del trust o l'annullabilità per vizio del consenso delle suddette disposizioni, con condanna della convenuta alla restituzione degli immobili e dell'importo di Euro 1.700.611,00, oltre accessori. La moglie negava di aver sottoscritto la controdichiarazione attestante la simulazione dell'atto di donazione dichiarando altresì di volersi avvalere della scrittura. Il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 1772/2018, dichiarava la nullità del rogito di donazione, rimettendo la causa sul ruolo per l'ulteriore trattazione della domanda di nullità dell'atto costitutivo e del successivo atto modificativo del trust. La sentenza non definitiva, impugnata dall'erede, veniva confermata dalla Corte d'Appello di Venezia motivando sulla base del fatto che la convenuta aveva disconosciuto la scrittura ai sensi dell'art. 215 c.p.c., sostenendo l'inesistenza di un originale da lei sottoscritto e di non aver comunque apposto le firme a margine di ciascun foglio, avendo sottoscritto solo in calce, ipotizzando che al più poteva essere stato utilizzato un foglio sottoscritto in bianco che il coniuge era autorizzato ad utilizzare solo per gli adempimenti formali relativi al trust. Nella pronuncia si sosteneva altresì che la suddetta contestazione valeva come disconoscimento anche della conformità della copia all'originale andato smarrito e si sosteneva anche come della prova di esistenza dell'originale, del suo contenuto, nonché dello smarrimento dell'originale, fosse onerato il marito. Detta prova non era stata fornita ed era inammissibile la querela di falso chiesta dalla donataria, stante il fatto che non sussisteva la presunzione legale di riferibilità del testo al sottoscrittore e che, configurandosi un'ipotesi di riempimento del documento firmato in bianco in contrasto con gli accordi delle parti, era ammissibile far ricorso ad ogni mezzo di prova per contestarne il contenuto. Infine la sentenza evidenziava che, poiché la donazione era stata recepita nelle condizioni della separazione personale omologata, oltre che nella successiva sentenza di divorzio congiunto, la simulazione assoluta dell'atto era superata dai nuovi accordi e non poteva esser fatta valere per ottenere la restituzione dei beni. La sentenza veniva impugnata mediante ricorso in Cassazione. La questione In caso di accordi simulati tra coniugi in sede di procedimento per separazione o divorzio, quale efficacia deve attribuirsi alle pattuizioni recepite nel provvedimento di omologa o in sentenza, ove sorga un conflitto in ordine all’efficacia dei suddetti accordi? Le soluzioni giuridiche Occorre procedere dalla prova della simulazione, vi è un riferimento chiaro e sicuro nel costante insegnamento della Corte di cassazione, in base al quale deve distinguersi tra simulazione assoluta e relativa. In base alla, risalente ma non successivamente contraddetta, Cass. civ., sez. II, sent., 04 maggio 2007, n. 10240, in caso di simulazione assoluta l'accordo simulatorio, «pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all'art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam" o "ad probationem", menzionati dall'art. 2725 c.c.». Ciò in quanto detto accordo ha natura meramente ricognitiva dell'inesistenza del contratto solo apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale e per presunzioni è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dall'art. 2724 c.c. e, quindi, a) se vi sia un principio di prova per iscritto costituito da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato; b) quando il contraente è stato nell'impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta; c) quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova (Cass. 4339/1983; Cass. 850/1986; Cass. 2998/1988; Cass. 697/1997; Cass. 10240/2007 citate nell'ordinanza in commento). Non deve pertanto essere considerata indimostrata l'esistenza della simulazione in mancanza della dimostrazione della perdita incolpevole della controdichiarazione, stante la possibilità di ricorrere alla prova testi (o per presunzioni) anche negli altri casi indicati dall'art. 2724 c.c., visto che si deve provare l'inesistenza del contratto e non l'esistenza di un contratto diverso. Nell'ambito della simulazione relativa deve operarsi un'ulteriore distinzione: ove la domanda di accertamento sia proposta da creditori o da terzi (estranei al negozio e pertanto non in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte) la prova per testi o per presunzioni non incontra limite alcuno; laddove invece la stessa domanda di accertamento provenga dalle parti del negozio giuridico o, eventualmente, dai loro eredi, la prova per testi, diretta a dimostrare l'esistenza del negozio dissimulato, del quale il negozio apparente riveste il requisito di forma, è ammessa entro il limite del solo n. 3 dell'art. 2724 c.c., ossia quando il contraente abbia senza colpa perduto il documento, ovvero quando la prova è diretta fare valere l'illiceità del negozio. Quanto ai limiti del sindacato degli accordi aventi per oggetto attribuzioni patrimoniali tra coniugi e recepite dalla separazione coniugale omologata, l'ordinanza in commento segnala il revirement giurisprudenziale intervenuto con la sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite (Cass. n. 21761/2021) sul quale orientare l'interpretazione e l'applicazione della legge. Nella pronuncia, esplicitamente richiamata dalla recentissima ordinanza, è stabilito che «Le clausole dell'accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizioneex art. 2657 c.c., purché risulti l'attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all'art. 29, comma 1-bis, l. n. 52/1985, come introdotto dall'art. 19, comma 14, d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 122/2010, restando invece irrilevante l'ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari. (...)» (cfr. Corte Cass. sez. un., n. 21761/2021). La giurisprudenza di legittimità che è seguita alla sentenza citata è tornata sulle pattuizioni a cui si riferiscono le Sezioni Unite chiarendo come esse siano soggette alle ordinarie impugnative negoziali a tutela delle parti o di terzi (cfr. Cass. 24687/2022; Cass. 15169/2022 rispettivamente in tema di azione revocatoria e azione volta al riconoscimento della simulazione). E sempre il Supremo Collegio, nell'Ordinanza, Cass. civ., 11 agosto 2022, n. 24687 ha stabilito, in conformità con quanto espresso dalle precedenti pronunce Cass. 15169/2022; Cass. 10443/2019, In tema di separazione consensuale, che «le clausole dell'accordo di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi (o dei figli) al fine di assicurarne il mantenimento, quali autonomi accordi patrimoniali raggiunti in occasioni della separazione, sono soggetti ad azione di simulazione o a quella diretta a far valere vizi del consenso, nonché, per la loro natura negoziale, all'azione revocatoria da pare dei terzi creditori, non ostandovi l'intervenuta omologazione da parte del giudice». Osservazioni L'ordinanza in commento si segnala per almeno due ordini di ragioni. Identifica e separa il ruolo e la funzione dello strumento processuale consistente nell'omologa dell'accordo di separazione o nella sentenza di divorzio, le quali abbiano recepito volontà espresse dai coniugi in ordine alla regolamentazione della loro situazione patrimoniale, anche quando detti accordi siano simulatori. Il provvedimento del giudice in sede separazione o divorzio incide sullo status ma costituisce anche una forma di controllo esterno sulle pattuizioni che, in quanto inerenti alla condizione di soggetti deboli o di figli minori, restano esposte ad una verifica del rispetto delle specifiche prerogative regolate dalla legge in favore dei soggetti predetti. In secondo luogo, proprio indicando l'ammissibilità delle azioni di tutela tese a verificare l'esistenza di una simulazione o a garantirne il rispetto, l'ordinanza mette ordine sui complessi profili attinenti alla prova. E in questo presenta il maggior pregio di fornire una vera e propria guida per orientarsi nell'istruttoria che abbia ad oggetto (come appunto nel caso in esame) un accordo simulatorio, facendo espresso e specifico riferimento disciplina codicistica ripercorrendone la complessa articolazione. È evidente, infatti, la rilevanza della prova testimoniale in un ambito di rapporti negoziali nel quale l'accordo in evidenza ai terzi non corrisponde, per volontà delle parti, a quello tra esse effettivamente operante, ma la legge pone una serie di limiti alla possibilità di ricorrere alla prova testimoniale. Ed è questo il motivo per il quale, ex art. 1417 c.c., ai terzi la prova testimoniale è consentita senza limite alcuno, ciò anche in ragione del principio della vicinanza della prova. Non così per le parti le quali, vincolate agli impegni assunti, possono fare ricorso alla prova testimoniale nel solo caso in cui serva a dimostrare l'illiceità del patto dissimulato. L'esigenza di fare ordine nella materia deriva anche dal fatto che, a fronte di tutto quanto detto, la legge comunque prevede la possibilità di affidare al Giudice la decisione circa l'ammissione della prova per testi quando vi sia motivo di ritenere che esista una controdichiarazione concordata e non scritta. L'art. 2723 c.c. pone allora una deroga laddove stabilisce che il Giudice «può consentire la prova per testimoni soltanto se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali». La stessa prova è comunque ammessa dal successivo art. 2724 c.c. in presenza di un principio di prova per iscritto con le caratteristiche individuate dalla stessa norma, ovvero quando il contraente si sia trovato nell'impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta, oppure, infine, quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova. Una finestra di astrazione e recupero, si potrebbe dire, del contenuto scritto che non sia altrimenti recuperabile, la quale torna a chiudersi con il successivo art. 2725 c.c., il quale, di nuovo, limita l'ammissibilità della prova testimoniale al solo caso ex art. 2724 c.c. n. 3 ove si versi in situazioni in cui, in base alla legge o alla volontà delle parti, un contratto debba essere provato per iscritto. In altre parole, chi abbia ad esempio smarrito senza sua colpa una controdichiarazione per la quale sia prevista la forma scritta ad substantiam o ad probationem non può fare ricorso a tutti e tre i rimedi ex art. 2724 c.c. Tutto questo, tuttavia, chiarisce l'ordinanza in commento, opera diversamente in caso di simulazione assoluta o simulazione relativa poiché l'art. 2725 c.c. si applica solo al secondo caso. Nella simulazione assoluta, infatti, il patto aggiunto o contrario ha natura meramente ricognitiva e, pertanto la prova testimoniale torna ad essere ammissibile in tutte e tre le ipotesi di cui all'art. 2724 c.c. Nella simulazione assoluta non possono evidentemente operare le limitazioni alla prova testimoniale poste in riferimento a contratti effettivamente esistenti. Per cui la finestra di astrazione di cui si è detto torna chiudersi, osserva e conclude l'ordinanza, ma solo per la simulazione relativa. |