Equo compenso: piena compatibilità della legge n. 49/2023 con il nuovo Codice dei contratti pubblici e il diritto eurounitario

17 Maggio 2024

Le diposizioni in tema di equo compenso sono compatibili con il diritto unionale e con l'art. 108, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone l'applicazione del “criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” ai “contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro”.

La pronuncia.

Dopo aver ricordato che la normativa vigente in materia di corrispettivo per le prestazioni professionali (legge n. 49/2023) garantisce ai professionisti iscritti agli ordini e collegi la percezione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, e che sono da intendersi nulle le clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all'opera prestata, con possibilità per il professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l'esito della gara, l'affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza, per chiedere la rideterminazione del compenso per l'attività professionale prestata con l'applicazione dei parametri previsti dal decreto ministeriale relativo alla specifica attività svolta, il Collegio ha ritenuto l'insussistenza di un contrasto tra tale disciplina e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) e il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE), e, a fortiori, di una “ontologica incompatibilità” con la disciplina di cui al d.lgs. n. 36/2023.

Secondo la Sezione, infatti, per un verso, la legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l'imposizione di un'adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, analogamente al giudizio di anomalia dell'offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione; e, per altro verso, la prospettata incompatibilità tra la legge sull'equo compenso e ilCodice dei contratti pubblici è in ogni caso smentita dal dato testuale, dal momento che la legge prevede esplicitamente l'applicazione alle prestazioni rese in favore della pubbliche Amministrazioni, senza esclusioni, e l'art. 8 d.lgs. n. 36/2023 impone alle medesime P.A. di garantire comunque l'applicazione del principio dell'equo compenso nei confronti dei prestatori d'opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).

Con specifico riferimento all'art. 108, co. 2, del Codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone l'applicazione del “criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” ai “contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro”, il Collegio ha poi rilevato che la legge n. 49/2023 non preclude affatto l'applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, dal momento che il compenso del professionista è soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori”. E che l'art. 41, comma 15, e l'all. I.13 al d.lgs. n. 36/2023 devono essere letti in coerenza con l'art. 8 dello stesso codice, sicché le Pubbliche Amministrazioni devono garantire comunque l'applicazione del principio dell'equo compenso nei confronti dei prestatori d'opera intellettuale.

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