Omessa comunicazione ai genitori sulla sospensione procedimento di adozione ai fini della validità del procedimento
24 Maggio 2024
Massima L’omessa comunicazione dell’avviso di cui all’art. 11 l. n. 184/1983, volta ad informare i genitori del minore circa la possibilità di richiedere la sospensione del procedimento di adottabilità per l’accertamento dello status genitoriale, determina la radicale nullità dello stesso nonché della pronuncia eventualmente resa nel successivo giudizio di adozione, per l’evidente compromissione del diritto di difesa riconosciuto in favore dei genitori. Tale adempimento dovrà necessariamente essere espletato a prescindere dalla situazione effettiva esistente tra le parti e, dunque, indipendentemente dall’esistenza o meno di legami e/o rapporti di frequentazione tra il genitore biologico e il minore. Il caso Con atto depositato presso la Corte di Appello territorialmente competente, il ricorrente impugnava la pronuncia resa dal Tribunale per i minorenni di Trento volta alla dichiarazione di adottabilità della minore quale conseguenza della decadenza della responsabilità genitoriale della madre e del mancato riconoscimento della stessa da parte del padre, oltre che quella resa nel successivo giudizio di adozione della piccola. L'appellante a fondamento della proposta impugnazione, nel ripercorrere le vicende connesse all'impossibilità di pervenire al riconoscimento della minore - causata da molteplici circostanze tra cui il suo stato di detenzione al momento della nascita della bambina, della decadenza della responsabilità genitoriale della madre, la quale, per tale ragione non aveva potuto esprimere il suo consenso, e della conseguente necessità di proporre apposita azione giudiziaria non ancora conclusasi – eccepiva la violazione delle previsioni di cui all'art. 11, l. n. 184/1983 nella parte in cui impone al Tribunale di avvisare i genitori biologici del minore della possibilità di formulare istanza di sospensione del giudizio per procedere al suo riconoscimento. Tale vizio procedurale, secondo la prospettazione del ricorrente, aveva compromesso in via definitiva il suo diritto a pervenire al riconoscimento della paternità nei confronti della minore poiché, per un verso, non gli era stato consentito di utilizzare la facoltà di sospensione del procedimento di cui alla citata norma e, sotto altro profilo, il giudizio appositamente introdotto – essendo ancora pendente al momento della pronuncia dello stato di adottabilità della bambina - era stato estinto ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 11 della legge sull'adozione. Si costituiva in giudizio la tutrice della minore eccependo l'inammissibilità dell'impugnazione per carenza di legittimazione attiva dell'appellante, a cui non poteva attribuirsi la qualità di parte per non aver partecipato al procedimento di primo grado, né si era attivato per parteciparvi, oltre che la sua tardività rappresentando la sentenza di affidamento preadottivo il termine ultimo e invalicabile per l'esercizio del diritto al riconoscimento del figlio. La Corte di Appello adita accoglieva l'accezione di carenza di legittimazione attiva formulata dal tutore della minore in relazione ad entrambi i procedimenti, individuando nell'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. lo strumento processuale più idoneo in riferimento al caso in esame, ed escludendo – in ogni caso - la sussistenza dei lamentati vizi procedurali. Per i giudici territoriali, infatti, la norma più volte citata non prevede un obbligo di informazione tassativo, poiché la sua osservanza è da intendersi subordinata all'esistenza e/o alla reperibilità dei genitori stessi. In altri termini, per la Corte adita, la mancanza di qualsivoglia rapporto tra il padre biologico e la minore, addebitabile a colpa dell'appellante in quanto conseguente al suo stato di detenzione, costituiva ragione sufficiente per escludere la necessità di pervenire alla comunicazione che ci occupa. In aggiunta, la Corte territoriale osservava la necessità di tutelare il preminente interesse della minore alla stabilità delle relazioni familiari, rispetto al quale l'interesse del padre al riconoscimento della figlia si poneva in assoluta antitesi, andando ad incidere su una situazione di fatto che era ormai consolidata, la cui modifica, inevitabilmente, avrebbe pregiudicato lo sviluppo psico-fisico della minore. Avverso la pronuncia resa dalla Corte di appello, il padre biologico dalla minore proponeva ricorso per Cassazione nel cui ambito contestava l'impugnata pronuncia sia in relazione alla dichiarata carenza di legittimazione attiva, che in riferimento alla rilevanza dell'omesso adempimento di cui all'art. 11 l. n. 184/1983. Le argomentazioni addotte dal ricorrente sono state ritenute fondate dai giudici di legittimità, che, su parere conforme del Procuratore Generale, hanno dichiarato la radicale nullità di entrambi i procedimenti, con rinvio degli atti al Tribunale per i Minorenni competente al fine di provvedere alla comunicazione di cui al più volte citato art. 11 l. 184/1983 e all'espletamento dei conseguenti adempimenti. La questione L’aspetto di rilievo esaminato dalla pronuncia in commento è quello relativo alla portata delle previsioni contenute all’art. 11 l. n. 184/1983 nella parte in cui pone a carico del Tribunale l’onere di avvisare i genitori dei minori coinvolti in un giudizio di adottabilità della facoltà di chiedere la sospensione dello stesso al fine di pervenire al riconoscimento della genitorialità e, conseguentemente, della rilevanza ed effettività del diritto di difesa. Le soluzioni giuridiche Nell'impugnare la pronuncia resa dalla Corte territoriale, il ricorrente ha contestato la dichiarata carenza di legittimazione attiva ed insistito nella rilevanza, sul piano processuale, dell'omessa comunicazione di cui all'art. 11 l. n. 184/1983 a cui ha ricollegato importanti effetti sul piano della compromissione del suo diritto alla genitorialità e della violazione dell'art. 8 CEDU per essergli stato negato il diritto alla vita privata e familiare. Con riferimento al primo degli indicati motivi di doglianza, la Suprema Corte - nel ribadire il principio secondo cui il genitore biologico privo dello status non può essere parte del giudizio di adottabilità – ha rilevato la necessità che tale enunciato sia posto in relazione al contenuto dell'art. 10, l. n. 184/1983 che attribuisce al Tribunale per i minorenni il potere di svolgere approfondite indagini circa la situazione giuridica del minore e, dunque, finalizzate anche ad individuare l'esistenza di rapporti di parentela. Si tratta di indagini che hanno il preciso obiettivo di porre l'Autorità giudiziaria nelle condizioni di poter espletare gli adempimenti di cui al successivo art. 11 e, dunque, di consentire al Tribunale di informare i genitori del minore della possibilità di avvalersi della facoltà di sospensione del procedimento stesso. Da qui la Corte finisce per ritenere del tutto immotivata la mancata esecuzione di tale adempimento non potendo valere quale discrimine per la sua osservanza, come invece osservato dai giudici di appello, l'esistenza o meno di rapporti tra il genitore e il minore coinvolto nel giudizio, trattandosi di un aspetto che afferisce al più alla successiva fase processuale, finalizzata ad indagare sull'esistenza dei presupposti e delle condizioni per pervenire o meno alla dichiarazione di adottabilità. Peraltro, tale assunto è stato ritenuto ancor più fondata sia in considerazione dell'atteggiamento del padre biologico della minore per aver proposto azione giudiziale di riconoscimento della paternità, segno inequivocabile della sua volontà di pervenire al riconoscimento del suo status genitoriale, oltre che in considerazione della perfetta conoscenza da parte del Tribunale specializzato dell'esistenza e delle generalità del padre biologico della minore, come emersa dagli atti di causa. A tali considerazioni la Corte ricollega, inoltre, la fondatezza del motivo di impugnazione volto a contestare la carenza di legittimazione attiva del ricorrente, ritenuta insussistente proprio in considerazione della lesione del diritto di difesa realizzatosi quale conseguenza della omessa comunicazione in esame, che consente di superare la limitazione contenuta al successivo art. 17 della predetta legge nella parte in cui esclude in capo al genitore che non abbia esercitato il diritto di sospensione del giudizio, il diritto di proporre impugnazione. Né il ricorrente avrebbe potuto proporre opposizione di terzo, ostandovi il consolidato orientamento formatosi sul punto (Cass. n. 7698/1998). L'inosservanza delle previsioni in commento è stata ritenuta, sul piano processuale, assolutamente rilevante in quanto idonea a scalfire il diritto di difesa riconosciuto dalla legge in favore del ricorrente e, dunque, ad incidere sul diritto del genitore all'accertamento del suo status e in quanto tale, valido a prevalere sul superiore interesse del minore alla certezza delle relazioni familiari e alla salvaguardia del suo sereno e corretto sviluppo psico-fisico. Per tutte le su esposte ragioni, la Suprema Corte ha dichiarato la radicale nullità sia del procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità della minore che di quello successivo di adozione con rinvio degli atti al giudice specializzato al fine di effettuare la comunicazione di cui al più volte art. 11 l. n. 184/1983 al fine di porre in condizione il ricorrente di esercitare la facoltà di sospensione del procedimento per pervenire all'accertamento giudiziale dello status genitoriale. Osservazioni L’osservanza delle previsioni di cui al citato art. 11 l. n. 184/1983 è stata posta dalla Corte di cassazione in strettissima correlazione all’esercizio del diritto di difesa e, dunque, alla effettività di tale diritto. Ciò che appare di assoluto rilievo nella disamina delle ragioni poste a fondamento della pronuncia è non solo la valenza processuale che la Corte ha ricollegato alla sua inosservanza ma anche la rilevanza che ne ha riconosciuto, idonea a superare un altro importantissimo principio, ossia quello del superiore interesse del minore a cui, nel bilanciamento tra contrapposti interesse, viene solitamente data prevalenza. |