Assegno divorzile e convivenza more uxorio

28 Maggio 2024

La decisione in commento individua i criteri di prova a cui il giudice di merito deve far riferimento per determinare se sussista una nuova convivenza tra il beneficiario dell’assegno divorzile ed un nuovo partner, ai fini della revoca dell’assegno stesso.

Massima

La convivenza more uxorio, instaurata dal beneficiario dell’assegno divorzile, non richiede necessariamente una stabile coabitazione quale presupposto per il venire meno del suddetto assegno, essendo sufficiente che venga rigorosamente provata la sussistenza di un nuovo progetto di vita con un nuovo partner dal quale discendano reciproci impegni di assistenza morale e materiale.

Il caso 

La Corte d’Appello di Firenze accoglieva il reclamo promosso dalla ex moglie contro il decreto del Tribunale di Pisa, che aveva revocato l’assegno divorzile. Il Giudice di secondo grado rilevava, infatti, come gli elementi acquisiti nel corso del giudizio non fossero sufficienti a dimostrare la sussistenza di una stabile convivenza more uxorio. La Corte di Cassazione accoglieva, invece, il ricorso proposto dall’ex marito, ritenendo che il giudice di merito non avesse correttamente applicato i principi sulla valutazione delle prove, non essendo stati esaminati i vari elementi acquisiti agli atti in ordine alla sussistenza della convivenza; cassava, quindi, il decreto con rinvio.

La questione

La decisione in commento individua i criteri di prova a cui il giudice di merito deve far riferimento per determinare se sussista una nuova convivenza tra il beneficiario dell’assegno divorzile ed un nuovo partner, ai fini della revoca dell’assegno stesso.

Le soluzioni giuridiche

Ove sia richiesta la revoca dell'assegno divorzile a causa dell'instaurazione di una convivenza more uxorio da parte dell'ex coniuge beneficiario dell'assegno stesso, occorre procedere al relativo accertamento, tenendo conto, quale elemento indiziario, dell'eventuale coabitazione con altra persona, in ogni caso valutando non atomisticamente, ma nel loro complesso, l'insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al processo e gli eventuali ulteriori argomenti di prova, rilevanti per il giudizio in ordine alla sussistenza della convivenza, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo (cfr. Cass. civ., sez. I, ord. 4 maggio 2022 n. 14151).

Sulla base di tali principi, la giurisprudenza ha con diverse pronunce ritenuto la sussistenza - sulla base delle prove raggiunte - della convivenza more uxorio pur in assenza di coabitazione, non assumendo quest'ultima requisito indispensabile all'integrazione del fatto giuridico. Il relativo onere probatorio è a carico di chi intende negare il diritto all'assegno (cfr.Cass. civ., sez. I, sentenza 13 aprile 2023 n. 9817; App. Bari, sez. I, sent. 18 luglio 2023 n. 1172).

Indici dal quale ricavare una stabile convivenza, tali da poter incidere sulla revoca dell'assegno, sono stati individuati - indipendentemente dalla coabitazione - nell'esistenza di figli, nella comunanza di rapporti bancari o altre patrimonialità significative, nella contribuzione al menage familiare. Del resto, l'evoluzione dei costumi e delle abitudini di vita, comporta la necessità sempre più frequente che le persone, pur legate da stabili legami affettivi, abbiano i loro centri di interessi esistenziali e lavorativi in luoghi diversi, con l'ovvia conseguenza che possa sussistere una stabile convivenza pur in assenza di coabitazione (cfr. Cass. civ. sez. I, sent. 7 febbraio 2023 n. 3645). 

Nel caso in esame, la Corte di Cassazione, seguendo le argomentazioni del consolidato orientamento su esposto, ha accolto il ricorso proposto dall'ex coniuge tenuto al pagamento dell'assegno divorzile, ritenendo sufficiente, quale fattore impeditivo per il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile, la prova rigorosa di un progetto di vita del beneficiario con un nuovo partner, con assunzione di reciproci impegni di assistenza morale e materiale, senza necessità di una stabile coabitazione.

Va, peraltro, evidenziato che in base all'orientamento giurisprudenziale più recente (da sentenza Cass. civ., sez. un. 32198/2021 in poi), l'accertata convivenza di fatto, anche in assenza di coabitazione, non determina necessariamente la perdita automatica ed integrale dell'assegno divorzile, venendo meno solo la componente assistenziale, ma non quella compensativa, per la cui sussistenza occorre accertare - con onere della prova a carico del richiedente - se l'attuale mancanza di mezzi adeguati sia da ascrivere alle scelte effettuate durante la vita coniugale, con sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti.

Osservazioni

L'art. 5, comma 10 l. 898/1970 prevede la cessazione dell'assegno divorzile solo nel caso in cui il beneficiario passi a nuove nozze. Nulla dice la norma, invece, nel caso in cui venga instaurata una nuova convivenza, diversamente da altri ordinamenti europei, come la Francia, ove è normativamente previsto il venir meno dell'assegno anche in caso “concubinage notoire” (art. 283 code civile) o la Spagna, ove l'art. 101 del codice civil dispone che il diritto all'assegno si perda non solo in caso di nuove nozze, ma anche a causa di convivenza con altra persona.

In giurisprudenza si sono delineati nel tempo, sul punto, diversi orientamenti. L'indirizzo più risalente affermava che il diritto all'assegno non cessasse automaticamente all'instaurarsi di una nuova convivenza, ma potesse essere eventualmente rimodulato dal giudice nel suo ammontare in considerazione di essa (cfr.Cass. civ., sez. I, sent. 9 marzo 1982 n. 1477; Cass. civ., sez. I, sent. 8 luglio 2004 n. 12557; Cass., civ., sez. I, sent. 4 febbraio 2009 n. 2709). L'onere della prova sulle migliorate condizioni patrimoniali da parte del beneficiario a seguito della convivenza, gravava sul coniuge onerato del pagamento dell'assegno divorzile.

Il secondo orientamento riteneva invece che il diritto all'assegno divorzile rimanesse sospeso per tutta la durata della convivenza, entrando in una sorta di quiescenza, potendo, peraltro, essere riattivato in caso di cessazione della convivenza, operando, quindi, una sorta di reviviscenza (cfr.Cass. civ., sez. I, 8 agosto 2003 n. 11975; Cass. civ., sez. I, 11 agosto 2011 n. 17195).

Più recentemente, si era affermato un terzo orientamento che segnava una netta differenziazione rispetto agli orientamenti precedenti, ritenendosi che l'instaurarsi di una famiglia di fatto o di una stabile convivenza con altra persona, portasse all'estinzione automatica e per l'intero del diritto all'assegno divorzile, cessando per sempre e non rivivendo neanche in caso di fine della convivenza (cfr. Cass. civ., sez. I, sent. 3 aprile 2015 n. 6855).

Da ultimo, la Cassazione a Sezioni Unite (Cass., sez. un. Sent. 6 luglio 2021 n. 32198) ha invece affermato che una caducazione automatica del diritto all'assegno divorzile non è compatibile con la funzione di detto assegno, così come delineata dalla Corte di Cassazione (da Cass. S.U n. 18287/2018 in poi) avendo non solo una funzione assistenziale, ma anche compensativo-perequativa. Ne deriva che, qualora venga fornita la prova dell'instaurarsi di una stabile convivenza, potrà venir meno il diritto alla componente assistenziale dell'assegno a seguito del nuovo progetto di vita intrapreso e nell'ambito del quale l'ex coniuge beneficiario dell'assegno potrà trovare e prestare reciproca assistenza. Non altrettanto può invece dirsi per la componente compensativa - perequativa, anche in caso di nuova convivenza da parte dell'ex coniuge beneficiario, dovendo comunque essergli pur sempre riconosciuti eventuali apporti e sacrifici personali profusi durante la vita coniugale.

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