Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali dei contratti bancari (c.d. ius variandi)
31 Maggio 2024
1. Modifica unilaterali delle condizioni contrattuali L'art. 118 TUB f issa condizioni e limiti precisi per l'esercizio della facoltà di modifica unilaterale, da parte della banca, delle condizioni economiche e regolamentali del contratto (c.d. ius variandi ) . L'istituto dello ius variandi nei contratti bancari può essere definito come il diritto potestativo delle banche di modificare in senso sfavorevole al cliente, mediante una manifestazione di volontà unilaterale, le condizioni economiche o regolamentari dei contratti attinenti alle operazioni ed ai servizi bancari e finanziari conclusi da banche e intermediari finanziari. Il suo scopo è sostanzialmente di conservare il bilanciamento tra le singole prestazioni contrattuali, passando attraverso il mantenimento dell'equilibrio sinallagmatico dell'intero complesso delle prestazioni contrattuali, tipologicamente simili, effettuate dall'imprenditore nei confronti di un numero indefinito di controparti (così il Collegio di coordinamento ABF 26 febbraio 2016 n. 1889, conf. Collegio di coordinamento ABF 12 dicembre 2018 n. 26498). In esito ad una elaborata evoluzione normativa – avviata con la L. n. 154/1992 e nel tempo orientata a rafforzare la posizione del cliente e limitare la discrezionalità degli intermediari – la disciplina vigente (art. 118 TUB, richiamato dagli artt. 120 undecies e 125 bis TUB relativamente al credito ai consumatori) è sintetizzabile nei seguenti termini:
2. Ius variandi: approfondimenti operativi Lo ius variandi (ai sensi dell'art. 118 TUB) è norma eccezionale (in deroga all'art. 1372 c. 1 c.c.), insuscettibile di applicazione analogica ai sensi dell'art. 14 disp. prel. c.c. La possibilità di modifica unilaterale in peius delle condizioni contrattuali (economiche e regolamentari) deve essere prevista in contratto e «approvata specificamente dal cliente» (art. 118 c. 1 TUB), a riprova della sostanziale vessatorietà della pattuizione; se la clausola non è prevista o non è approvata specificamente, le banche e gli intermediari finanziari non possono adottare modifiche unilaterali. È stabilita una significativa differenziazione normativa tra i contratti a tempo indeterminato (ad es. conto corrente bancario, apertura di credito a tempo indeterminato) e i contratti di durata (ad es. mutui, leasing, apertura di credito a tempo determinato): solo nei primi è consentita la facoltà di modificare unilateralmente «i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto», indipendentemente dalla qualificazione del cliente, mentre nei contratti di durata stipulati con consumatori (persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta) e micro-imprese la possibilità di modifica unilaterale può essere convenuta «esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse»: sono quindi modificabili solo i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto (art. 118 c. 1 TUB). Il Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione generale per l'armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori, con la Nota di chiarimenti in merito all'applicazione dell'art. 10 legge 4 agosto 2006, n. 248 (21 febbraio 2007 n. 5574), ha stabilito che risultano esclusi dal campo di applicazione dell'art. 118 TUB «i contratti di mutuo, nei quali lo svolgimento del rapporto in un arco temporale concordato tra le parti costituisce un elemento essenziale, a tutela degli interessi di entrambi i contraenti». Il divieto per le banche di modificare unilateralmente i tassi di interesse applicati ai contratti bancari a tempo determinato è ragionevole, ben potendo l'intermediario, operatore professionalmente qualificato, calcolare ex ante la redditività dei propri impieghi nell'ambito di un finanziamento a tempo determinato; l'esigenza di adeguamento/mantenimento del rapporto contrattuale, giustificata nei contratti a tempo indeterminato, si attenua in relazione a quelli a tempo determinato, ove prevale l'esigenza di stabilità delle originarie condizioni contrattuali. Soltanto se il cliente non è un consumatore né una micro-impresa (quindi un professionista o una impresa di dimensioni medie o grandi), nei contratti di durata (diversi da quelli a tempo indeterminato) possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di «specifici eventi e condizioni predeterminati nel contratto» (art. 118 c. 2 bis TUB). Anche nella fattispecie trovano applicazione le disposizioni recate dal secondo comma dell'art. 118 TUB. La modifica del tasso di interesse presuppone la sua originaria valida pattuizione, posto che un tasso di interesse può essere legittimamente ed unilateralmente variato (tanto più in misura peggiorativa) in quanto quel tasso originario sia valido e come tale produttivo di effetti tra le parti, e ciò in virtù del principio generale, recepito dal nostro ordinamento, secondo cui quod nullum est, nullum producit effectum (ABF Milano 12 maggio 2015 n. 3724, Trib. Ascoli Piceno 21gennaio 2021, Trib. Bari 27 febbraio 2020, Trib. Ascoli Piceno 10 giugno 2016, Trib. Spoleto 21 agosto 2018). Lo stesso vale per ogni clausola contrattuale che si intende modificare: le variazioni delle condizioni regolamentari devono essere sottoposte a un vaglio particolarmente rigoroso riguardo al «giustificato motivo». Per completezza di informazione, occorre ricordare il principio normativo secondo cui «il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente» (art. 1423 c.c.), per cui mai una variazione unilaterale di una originaria clausola nulla può sanarne l'invalidità, così come è parimenti noto che l'esecuzione spontanea del contratto da parte dei contraenti non ne sana la nullità (ex multis Cass. 5 giugno 2003 n. 8993, Cass. 24 dicembre 1994 n. 11156). Per mezzo dell'esercizio dello ius variandi è escluso che possano essere introdotte clausole nuove o oneri, potendo essere modificate solo quelle preesistenti: l'attuale formulazione dell'art. 118 TUB prevede, infatti, che la modifica possa riguardare soltanto «le condizioni previste dal contratto». È stato chiarito che «l'istituto dello ius variandi, ... non può essere utilizzato per introdurre nel regolamento negoziale previsioni nuove, ma solo per modificare pattuizioni già esistenti in modo da garantire la permanenza dell'equilibrio sinallagmatico del contratto. In simili casi ... l'introduzione ex novo risulta atta a modificare radicalmente l'equilibrio sinallagmatico del contratto e quindi non suscettibile di rientrare fra le ipotesi di modifica unilaterale del contratto previste dall'art. 118 TUB» (ABF Milano 12 maggio 2015 n. 3724; conf. ABF Napoli n. 300/2010; v. anche Trib. Bari 27 febbraio 2020). Di questo tenore sono i chiarimenti resi dal Ministero dello Sviluppo Economico (Min. Svil. Econ. 21 febbraio 2007 n. 5574) («le “modifiche” disciplinate dal nuovo articolo 118 TUB riguardando soltanto le fattispecie di variazioni previste dal contratto, non possono comportare l'introduzione di clausole ex novo») nonché le Disposizioni di “Trasparenza bancaria” di Banca d'Italia (cfr. Sez. IV, par. 2). Ai fini della definizione del perimetro di operatività dello ius variandi, occorre applicare la regola generale secondo cui si ha (mera) modificazione ogni volta che i mutamenti (comprese le aggiunte ed eliminazioni) delle condizioni del contratto non raggiungano il livello della novazione (arg. ex art. 1976 c.c.). A questo proposito, pare corretto ritenere che non sia semplice modifica l'introduzione ex novo di un onere, un obbligo, una controprestazione o qualsivoglia altro termine o condizione (economica o normativa) nel contratto, che non sia già previsto nell'assetto originario determinato dalle parti. Tali variazioni si traducono nell'aggiunta di nuovi costi, in quanto non si pongono come mera modifica di oneri già previsti nel contratto (Collegio di coordinamento ABF 12 dicembre 2018 n. 26498; ABF Torino 5 maggio 2017 n. 4845. Sio veda a tal proposito anche Trib. Bari 27 febbraio 2020). Il Collegio di coordinamento ABF 3 luglio 2023 n. 6781, nel dare continuità al principio da ultimo detto, ha chiarito che ai fini della valutazione della legittimità della modifica unilaterale ex art. 118 TUB, occorre tener conto del concreto assetto di interessi che le parti hanno voluto fissare nello specifico regolamento contrattuale. Pertanto, «ove la valorizzazione a zero di un costo sia indicativa di un servizio non fornito dall'intermediario, la relativa modifica unilaterale ex art. 118 TUB equivale all'inserimento di una nuova clausola originariamente non prevista dal contratto. Quest'ultima, in quanto tale, è illegittima». In definitiva, l'introduzione di un costo in precedenza non previsto ovvero, se previsto, ‘quantificato' pari a zero, non può mai giustificare un valido esercizio dello ius variandi. Esulano dall'ambito di applicazione dello ius variandi le modificazioni, ad es. del tasso di interesse, rivenienti da variazione dipendenti da fattori o parametri (Euribor) prestabiliti in contratto, come confermato dal Ministero dello Sviluppo Economico, nota del 21 febbraio 2007 prot. 5574: «va osservato che, se una clausola prevede che un tasso di interesse sia indicizzato – ossia possa assumere diversi valori conformemente all'andamento di parametri indicati nel contratto, come ad es. l'Euribor, la cui determinazione è sottratta alla volontà delle parti – le variazioni del tasso conseguenti a variazioni del parametro di riferimento non comportano una modifica ai sensi dell'articolo 118 TUB». L'obbligo della banca di comunicare al cliente le variazioni delle condizioni di contratto ex art. 118 TUB sussiste solo se tali modifiche siano state decise dalla banca stessa unilateralmente e in senso sfavorevole alla controparte. Tale obbligo non sussiste, invece, quando la variazione del saggio di interesse o di altre condizioni sia stata concordemente subordinata dalle parti alle corrispondenti variazioni di elementi obiettivi ed esterni, trattandosi, in tal caso, di modifica non unilaterale del contratto, della quale il cliente ha assunto preventivamente il rischio (Cass. 25 novembre 2002 n. 16568. In arg. v. anche C.Cost. 23 giugno 1999 n. 256, che ha dichiarato l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 118 c. 1 TUB nel suo testo originario, chiarendo non può essere qualificata come modifica unilaterale del contratto la determinazione oggettiva e preventivamente stabilita dalle parti, dell'ammontare di un debito il cui valore può variare nel tempo). Ai sensi del quarto comma dell'art. 118 TUB, le variazioni dei tassi di interesse adottate in previsione o in conseguenza di decisioni di politica monetaria riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori, e si applicano con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente. 3. Giustificato motivo Il legislatore, al fine di evitare modificazioni arbitrarie della banca (c.d. moral hazard ), ha opportunamente stabilito che la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali in danno del cliente debba essere supportata da un giustificato motivo, ossia un evento significativo, di comprovabile effetto, che altera l'equilibrio contrattuale originario ma non imputabile alla banca. Come indicato nella già ricordata nota del Ministero dello Sviluppo Economico 21 febbraio 2007 prot. 5574, «in relazione al contenuto minimo della nozione di “giustificato motivo”, questa deve intendersi nel senso di ricomprendere gli eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario. Tali eventi possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione, ecc.). Peraltro, il cliente deve essere informato circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base» ( dello stesso tenore sono le conclusioni del Collegio di coordinamento ABF 26 febbraio 2016 n. 1889. Si segnala anche la nota di Bankitalia 28 marzo 2017 n. 197, secondo cui «le variazioni devono essere rette da un giustificato motivo e rese note alla clientela con anticipo, così da consentire al destinatario di verificarne la congruità rispetto alle sottostanti motivazioni e di valutare se mantenere il rapporto »). Radicalmente esclusa è l'ammissibilità di un giustificato motivo soggettivo della banca (che casomai intenda compensare imprevisti costi gestionali o perdite d'esercizio con un aumento di prezzi e tassi di interesse dei servizi offerti). Non sussiste giustificato motivo in presenza di scelte di politica commerciale o comunque gestionale della banca che non pongano tanto l'esigenza di mantenere l'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni contrattuali delle parti contraenti, quanto piuttosto siano rivolte a salvaguardare il margine di profitto della stessa banca ( ABF Roma 6 marzo 2015 n. 1722 ). Secondo il Collegio di coordinamento dell'ABF, la sopravvenienza normativa non è di per sé un giustificato motivo ai sensi dell'art. 118 TUB, ma, in alcuni casi, può assumere rilevanza a tal fine; ad esempio, quando la stessa normativa preveda la possibilità di modifiche unilaterali (ai sensi dell'art. 118 TUB) ovvero qualora incida sul costo delle attività o dei servizi interessati dalla modifica unilaterale ( Collegio di coordinamento ABF 12 dicembre 2018 n. 26498 ). Il giustificato motivo – determinato e verificabile – deve essere esplicitato nella comunicazione scritta al cliente con cui la banca propone la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, al fine di consentire al cliente, come già ricordato, di valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa (Collegio di coordinamento ABF 12 dicembre 2018 n. 26498, Collegio di coordinamento ABF 26 febbraio 2016 n. 1889, ABF Milano 9 aprile 2014 n. 2134) . La coerenza tra l'accadimento posto a fondamento del giustificato motivo e la variazione contrattuale proposta, nonché la trasparente illustrazione di ciò alla clientela rappresentano dunque presupposti necessari e irrinunciabili per poter affermare il legittimo esercizio dello ius variandi ai sensi dell'art. 118 TUB ( Collegio di coordinamento ABF 12 dicembre 2018 n. 26498 ) . La Banca d'Italia, con nota 28 marzo 2017 n. 197 h a evidenziato le situazioni in cui le modifiche unilaterali risultano in contrasto con condotte trasparenti e corrette e impediscono al cliente di assumere scelte consapevoli. In particolare, ciò può accadere quando: non esiste una correlazione tra i costi alla base della modifica e le tariffe o le tipologie di contratti modificati; i costi alla base della modifica sono già stati sostenuti e hanno esaurito interamente i loro effetti; le variazioni aumentano solo temporaneamente le tariffe (c.d. modifiche una tantum ); le modifiche sono giustificate da costi già noti al momento della stipula dei contratti; le modifiche non sono commisurate ad un incremento di costi; le variazioni fanno riferimento a più di una motivazione, senza illustrare chiaramente il legame esistente tra ciascuna di esse e gli interventi proposti; le modifiche escludono alcune tipologie di clienti o di contratti, maggiorando la quota da recuperare sui clienti toccati dall'intervento. 4. Comunicazione relativa allo ius variandi Come detto, il giustificato motivo deve essere esplicitato nella comunicazione scritta al cliente con cui la banca propone la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali (pur in assenza di espressi riferimenti normativi al riguardo). Tale comunicazione, recante ben evidente l'indicazione “Proposta di modifica unilaterale del contratto”, deve obbligatoriamente essere inviata al cliente con un preavviso di almeno due mesi, e si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate (art. 118 c. 2 TUB). Nella realtà, praticamente mai il cliente è in condizione di recedere dal contratto, che significherebbe, ad esempio, restituire in unica soluzione il finanziamento concesso: la scelta non è, infatti, tra accettare o rifiutare la ‘proposta' di modifica unilaterale ma tra accettare o recedere dal contratto (la circostanza avvalora l'importanza del giustificato motivo). Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni dell'art. 118 TUB sono inefficaci, se sfavorevoli al cliente (art. 118 c. 3 TUB). L'inserimento, nella comunicazione di variazione unilaterale della condizione contrattuale da parte dell'intermediario, dell'espressa formula “Proposta di modifica unilaterale del contratto” intende palesemente evitare che tale avviso possa passare inosservato, in quanto confuso con le altre comunicazioni che periodicamente vengono inviate al cliente dall'intermediario, riguardanti l'andamento del rapporto nel periodo trascorso (es. estratti conto trimestrali), o la sintesi delle condizioni in essere. La comunicazione relativa allo ius variandi - evidentemente chiara e comprensibile riguardo ai suoi contenuti - deve avvenire per iscritto « o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente » (art. 118 c. 2 TUB), intendendosi per « supporto durevole » qualsiasi strumento che permetta al cliente di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente recuperate durante un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni stesse e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate (ad es. la posta elettronica). Le proposte di modifica unilaterale del contratto bancario costituiscono atti recettizi . Perciò, di fronte a una contestazione del cliente, che neghi di avere ricevuto la comunicazione, è onere della banca provare di avere correttamente assolto il relativo dovere di comunicazione. Quando l'onere di comunicazione non viene assolto dalla banca o, ciò che è lo stesso, non vi è prova che lo sia stato, consegue l'inefficacia della modifica contrattuale; continuano, quindi, ad applicarsi le condizioni preesistenti, e le somme addebitate devono essere ripetute ( Collegio di coordinamento ABF 26 ottobre 2012 n. 3499, 12 maggio 2015 n. 3724, ABF Roma 10 novembre 2010, ABF Milano 1 ottobre 2010; ABF Roma 30 settembre 2010, ABF 20 gennaio 2014 n. 324, ABF Roma 22 settembre 2017 n. 11607 e 19 maggio 2016 n. 4605; ABF Palermo 22 dicembre 2017 n. 17715 ). Nei rapporti al portatore, le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali sono comunicate alla clientela, rispettando il medesimo termine, con strumenti di comunicazione impersonale facilmente accessibili presso le dipendenze dell'intermediario (es. cartello esposto nei locali aperti al pubblico) e, contestualmente, pubblicando la notizia sul sito internet, ove esistente (così Banca d'Italia, Disposizioni di “Trasparenza bancaria”). Ai sensi dell'articolo 127 bis , comma 1, TUB, le comunicazioni relative alle modifiche unilaterali sono sempre gratuite per il cliente. 5. Nuovo articolo 118 bis TUB A decorrere dall'11 gennaio 2024 è entrato in vigore il nuovo art. 118 bis TUB (Variazione sostanziale o cessazione di un indice di riferimento), che disciplina le modalità attraverso cui le banche e gli intermediari finanziari devono attuare, e comunicare periodicamente alla clientela, i Piani di Sostituzione nel caso di sostanziali variazioni di un indice di riferimento o qualora lo stesso cessi di essere fornito. La previsione normativa mira a introdurre un meccanismo di regolazione preventiva dei rapporti contrattuali per gestire l’eventuale variazione sostanziale o cessazione di un indice di riferimento, al fine di offrire, al verificarsi di tali eventi, un rimedio che consenta l’adeguamento del contratto secondo parametri predeterminati (c.d. clausole di fallback), evitando così incertezze circa la validità e/o eseguibilità dello stesso. Per variazione sostanziale di un indice di riferimento si intende una variazione qualitativa che incide sulla metodologia utilizzata dal fornitore per la determinazione dell’indice di riferimento applicato al contratto. L’evento che integra la fattispecie di cessazione di un indice è, invece, il venire meno, in modo permanente o temporaneo della rilevazione o determinazione del parametro da parte dell’ente preposto a tale scopo. Le disposizioni in esame si applicano ai contratti aventi a oggetto operazioni e servizi disciplinati ai sensi del Titolo VI del TUB (operazioni e servizi bancari e finanziari, credito al consumo e servizi di pagamento) sottoposti alle regole in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti. La variazione sostanziale o la cessazione dell’indice di riferimento deve essere comunicata al cliente entro trenta giorni, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro due mesi dalla ricezione della comunicazione. In caso di recesso il cliente ha diritto, in sede di liquidazione del rapporto, all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate, anche con riferimento al tasso di interesse e tenendo conto, ove necessario, dell'ultimo valore disponibile dell’indice di riferimento. Le modifiche o la sostituzione dell’indice di riferimento per le quali non siano state osservate le prescrizioni dettate dall’art. 118 bis TUB sono inefficaci. In definitiva, l’articolo in commento introduce, riguardo ai contratti bancari che prevedono un tasso di interesse indicizzato, un’ulteriore ipotesi di modifica unilaterale (secondo parametri predeterminati: clausola di fallback) del tasso di interesse in caso di variazione sostanziale o di cessazione dell’indice di riferimento. 6. Conclusioni Le disposizioni dell'art. 118 TUB riguardano lo ius variandi, ossia la facoltà degli intermediari creditizi di modificare unilateralmente le condizioni economiche e regolamentari del contratto. È fondamentale distinguere tra contratti a tempo indeterminato e di durata determinata (specialmente se stipulati con consumatori e micro-imprese). Le modifiche unilaterali devono essere sempre supportate da un giustificato motivo, il quale deve essere verificabile e comunicato in modo trasparente al cliente. La proposta di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere predisposta nel rispetto di specifici obblighi (preavviso di 60 giorni; forma e contenuto della comunicazione) che gravano sulle banche. Il nuovo art. 118 TUB disciplina le modalità di gestione delle variazioni sostanziali o della cessazione degli indici di riferimento nei contratti bancari, introducendo clausole di fallback per garantire la stabilità contrattuale. |