Decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario: all’Adunanza plenaria la questione della giurisdizione sull’opposizione

29 Maggio 2024

L'ordinanza in commento rimette alla decisione dell'Adunanza plenaria la questione della giurisdizione sul giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso all'ausiliario del giudice.

MASSIMA

1. Vanno deferiti all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato i seguenti quesiti:

a) se appartenga alla giurisdizione del giudice amministrativo il giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso da corrispondere all'ausiliario emanato dallo stesso giudice amministrativo;

b) in caso di risoluzione positiva della questione sub a), quale sia la normativa applicabile, risultando prima facie non compatibile col processo amministrativo il rito di cui all'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, richiamato dall'art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e in particolare se vada seguito il rito in udienza pubblica o in camera di consiglio;

c) ovvero, sempre in caso di risoluzione positiva della questione sub a), se debba essere applicato in quanto compatibile (e nella misura in cui sia compatibile col processo amministrativo) l'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

IL CASO

Il giudizio in cui era stata richiesta la verificazione

Nell'ambito di alcuni giudizi di appello proposti dall'A., dalla Provincia di Mantova e dall'A. della Provincia di Mantova avverso sentenza di prime cure (T.a.r. Lombardia, sez. I, n. 2230/2020), il Consiglio di Stato riteneva indispensabile disporre una verificazione, affidandone l'espletamento ad un organismo individuato (per il tramite del Dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell'Università degli studi di Roma “La Sapienza”) in alcuni docenti universitari.

L'organismo in parola depositava la relazione di verificazione e successivamente chiedeva la liquidazione del compenso per l'attività svolta.

I professionisti evidenziavano di aver calcolato il compenso sulla base di una tabella stipendiale allegata, recante anche le retribuzioni orarie dei docenti in base alle loro classi stipendiali.

Con la sentenza n. 5563 del 6 giugno 2023 la Sezione, oltre a decidere gli appelli (respingendoli previa riunione, con compensazione delle spese di giudizio), poneva a carico delle parti appellanti le spese di verificazione, che liquidava in complessivi euro 5.000, oltre agli oneri di legge, calcolando le spese di verificazione alla stregua del criterio delle “vacazioni sulla base dei tempi lavorativi indicati nell'istanza di liquidazione depositata dall'organismo verificatore, ai sensi dell'art. 12 del d.m. 182/2002 e previo aumento equitativo per il pregio e l'esaustività dell'opera svolta”.

I componenti dell'organismo verificatore depositavano però una “Istanza per la revisione della Sentenza n. 5565/2023 del 6 giugno 2023 per la parte relativa alla liquidazione dei compensi per i verificatori”, chiedendo una nuova valutazione del compenso spettante, dal momento che, a loro avviso, quanto liquidato in sentenza risultava del tutto incongruo in ragione del tempo impiegato, dell'impegno profuso e della rilevanza della materia trattata.

Le parti resistenti e soccombenti si opponevano alle richieste dei componenti dell'organo verificatore.

LA QUESTIONE

Consumazione del potere o procedimento a struttura bifasica?

Il Collegio non nutre dubbi in merito alle norme sostanziali da applicare, che sono notoriamente recate dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (segnatamente dagli articoli: dal 49 al 53 quanto alle forme del compenso e alle modalità della sua determinazione; 83, comma 1, quanto al fatto che l'onorario e le spese sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento; 83, comma 3-bis, quanto al fatto che il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta; 84, quanto alla opposizione avverso il decreto di liquidazione; nonché 170 quanto al procedimento di opposizione).

Invece, il giudicante nutre perplessità sulla circostanza che l'opposizione in parola, anche quando riguardi un decreto emesso dal giudice amministrativo, non sia esperibile innanzi a quest'ultimo.

Con riferimento all'art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, infatti, in generale, la giurisprudenza ha ritenuto che il decreto di liquidazione del compenso non sia revocabile, né modificabile d'ufficio, poiché l'autorità giudiziaria che lo emette, salvi i casi espressamente previsti, consuma il suo potere decisionale e non ha il potere di autotutela tipico dell'azione amministrativa (cfr. Cass. civ., sez. II, ord. 5 gennaio 2024, n. 313), da cui discende l'inammissibilità di una mera istanza al giudice (amministrativo o civile) dell'ausiliario di riesame (o rivalutazione) del compenso già liquidatogli.

Il rimedio corretto sarebbe quello della opposizione al decreto di liquidazione ex art. 170 d.P.R. n. 115 del 2002, ma a tale riguardo, in materia di gratuito patrocinio, si è consolidato un indirizzo giurisprudenziale che riconosce in materia la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di diritti soggettivi, ancorché i decreti opposti siano stati emessi dal giudice amministrativo (cfr. Cass. civ, sezioni unite, ord. 17 luglio 2023, n. 20501, con particolare riferimento all'ipotesi di rigetto della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, T.a.r. Campania, sez. V, 16 gennaio 2023, n. 352).

Tuttavia, tale indirizzo giurisprudenziale non è condiviso dal Collegio della controversia in parola.

A tale proposito, nell'ordinanza in commento si nota che il decreto di liquidazione del compenso agli ausiliari del giudice ha natura giurisdizionale e non amministrativa per cui postulare la giurisdizione del giudice ordinario sull'opposizione al decreto di liquidazione del compenso emanato dal giudice amministrativo in considerazione del fatto che vengono in rilievo diritti soggettivi è tutt'altro che appagante e condivisibile.

Peraltro, l'opposizione de qua non introduce neppure un giudizio di impugnazione: come rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza 24 aprile 2020, n. 80 (sia pur a proposito del decreto di revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con considerazioni estensibili all'opposizione al decreto di liquidazione del compenso agli ausiliari) giacché il procedimento di liquidazione del compenso ha in realtà struttura bifasica. La prima – sostanzialmente senza contraddittorio – si conclude con il decreto di pagamento (comunque di natura giurisdizionale), mentre la seconda è introdotta proprio dall'opposizione con un giudizio a contraddittorio pieno, il cui esito costituisce in definitiva l'unico provvedimento giurisdizionale definitivo sul compenso, provvedimento che è espressamente definito dallo stesso legislatore non impugnabile.

Una simile ricostruzione evidenzia, ad avviso del Collegio rimettente, l'insanabile contraddittorietà ed irragionevolezza di ritenere sussistente la giurisdizione del giudice ordinario anche sull'opposizione al decreto di liquidazione del compenso emesso dal giudice amministrativo.

LE SOLUZIONI GIURIDICHE

La necessità dell'intervento della plenaria

Nello scenario sopra descritto vengono individuate le seguenti questioni da risolvere in sede plenaria:

a) l'appartenenza alla giurisdizione del giudice amministrativo, anche in considerazione della accennata sua natura bifasica, del giudizio di cui trattasi;

b) in caso di risoluzione positiva della questione sub a), quale sia l'individuazione della normativa applicabile, dal momento che non risulta prima facie compatibile col processo amministrativo il rito di cui all'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, richiamato dall'art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e in particolare se vada seguito il rito in udienza pubblica o in camera di consiglio;

c) ovvero, sempre in caso di risoluzione positiva della questione sub a), se debba essere applicato in quanto compatibile (e nella misura in cui sia compatibile col processo amministrativo) l'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

Da notare che l'ordinanza sottolinea la rilevanza delle suddette questioni, osservando che nel caso di specie l'istanza di riesame (qualificata come opposizione al decreto di liquidazione del compenso) è da ritenersi tempestiva ed ammissibile.

OSSERVAZIONI

Una questione di principio

La decisione in commento pone una questione di estrema delicatezza, considerando la necessità sempre più sentita in dottrina e in giurisprudenza di dare ingresso nel processo amministrativo a forme di istruttoria che offrano al giudicante gli elementi tecnici per esercitare la sua funzione in maniera piena, ed alla conseguente necessità di riconoscere un equo compenso per tali attività.

Al riguardo, può notarsi che argomenti importanti potrebbero essere ricavati dai principi del processo amministrativo, artt. da 1 a 3 c.p.a., sotto il profilo dell'effettività, del giusto processo, della ragionevole durata, nonché dal rinvio esterno a c.p.c. recato dall'art. 39c.p.a.

Deve infatti notarsi che tali principi sembrano delineare un sistema processuale autonomo e autosufficiente nella definizione di ogni aspetto della questione controversa, compresi gli incidenti processuali. Sotto tale profilo se l'organo verificatore è consulente del giudice nell'esercizio della funzione, ed all'opera dello stesso sono intimamente interessate precipuamente le parti processuali, considerando anche il tenore dell'art. 66, comma 4, c.p.a., sarebbe ragionevole attendersi che sia il giudice che ha conferito l'incarico e che ne ha utilizzato i risultati ad essere nella migliore posizione per apprezzare il lavoro svolto. Oltretutto non vi sarebbe motivo per coinvolgere un altro giudice, anche alla luce del principio di scarsità della risorsa giustizia (implicata i.a. dall'art. 3, comma 2, c.p.a.). Pertanto, dovrebbe trovare conferma la tesi della natura bifasica e interamente giurisdizionale del procedimento di liquidazione del compenso, peraltro radicalmente differente sotto il profilo soggettivo da quello relativo al gratuito patrocinio.

In senso contrario potrebbe invece sostenersi la maggiore indipendenza di giudizio che sarebbe assicurabile dal giudice ordinario, in quanto scevro dalla prevenzione derivante dalla precedente decisione (argomento che tuttavia troppo dimostrerebbe, implicando lo spostamento continuo da un plesso giurisdizionale ad un altro), e la necessità di applicare un parametro normativo (i.e. il ripetuto d.P.R.) su cui avrebbe maggiore dimestichezza detto giudice. Inoltre, ammettere la giurisdizione amministrativa comporterebbe una diminuzione di tutela in quanto, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 2, contro le decisioni dei giudici amministrativi il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Sotto il profilo della posizione giuridica soggettiva del verificatore, sembra di poter dire che la stessa precipita dal giudizio in cui tale figura professionale viene evocata, sicché in giudizi che abbiano ad oggetto interessi legittimi o materie di giurisdizione esclusiva affidati al g.a. non vi è motivo di ritenere che possano configurarsi interessi legittimi o diritti soggettivi non attratti a tale giurisdizione.

La stessa natura della verificazione, ausilio tecnico al g.a. da parte di soggetti appartenenti alla P.A. senza che essi debbano prestare giuramento, nel caso di specie (inoltre) svolta da docenti universitari in virtù di assegnazione del giudice ad un Dipartimento Universitario, potrebbe far propendere per la qualificazione della vicenda alla stregua di una controversia assegnata alla giurisdizione esclusiva del g.a., in quanto inerente (in ultima analisi) al “rapporto di lavoro dei professori e dei ricercatori universitari” la cui cognizione spetta appunto alla predetta giurisdizione.

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