Traslatio iudicii: la rinuncia al ricorso del meccanismo non priva il G.A. dell’autonoma decisione in punto di giurisdizione

Redazione Scientifica Processo amministrativo
31 Maggio 2024

L’omessa tranlastio iudicii entro il termine perentorio di tre mesi determina il passaggio in giudicato della declinatoria della giurisdizione e l’instaurazione di un giudizio autonomo.

Il caso in esame riguarda l'impugnazione da parte di Roma Capitale della sentenza del T.a.r. Lazio che condannava il medesimo Comune a provvedere alla manutenzione della condotta idrica e al risarcimento dei danni subiti dal proprietario di un immobile adibito ad attività imprenditoriale che si era allagato per la rottura di una condotta idrica.

La vicenda trae origine dalla sentenza del Tribunale civile che accoglieva la domanda risarcitoria solo per i danni conseguenti all'allagamento dell'immobile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., ma dichiarava inammissibile la pretesa risarcitoria per i danni derivanti dall'inagibilità dell'immobile, rilevando in merito il proprio difetto di giurisdizione a favore della giurisdizione esclusiva del g.a. ai sensi dell'art. 133, co. 1, lett. f), c.p.a., perché riconducibile all'omesso esercizio di funzioni pubblicistiche di governo del territorio comunale e relativi poteri.

L'imprenditore, appellato, non impugnava tale declaratoria della giurisdizione sulla domanda risarcitoria, sulla quale era soccombente, né si avvaleva della translatio iudicii, di cui all'art. 59 della l. n. 69/2009 e all' art. 11 c.p.a., preferendo sollecitare Roma Capitale in via amministrativa per disporre l'adeguamento in sicurezza della condotta idrica. Solo molto tempo dopo, a fronte dell'inerzia del Comune, il proprietario dell'immobile ha introdotto il giudizio avanti al T.a.r. Lazio per la condanna di Roma Capitale a provvedere sull'istanza e al risarcimento del danno da ritardo, ai sensi dell'art. 2-bis della l. n. 241/1990, nonché al rispristino a titolo di risarcimento in forma specifica dello status quo ante, ai sensi dell'art. 30, comma 2, c.p.a. Il T.a.r. Lazio dichiarava inammissibile la domanda avverso il silenzio e per il risarcimento del danno da ritardo perché volta a provocare l'esercizio di poteri pubblicistici su atti generali di pianificazione del territorio e programmazione delle opere pubbliche per cui non riteneva sussistente la legittimazione del ricorrente e perché l'esecuzione di un'attività materiale non può essere sollecitata con l'azione avverso il silenzio ai sensi dell'art. 31 c.p.a.

Sulla complessa vicenda processuale, il Collegio, dovendo pronunciarsi sul difetto di giurisdizione eccepito dall'appellante, ha evidenziato che la decisione di non impugnare il capo della sentenza del Tribunale civile declinatoria della giurisdizione sulla domanda risarcitoria per i danni derivanti dall'inagibilità e di non provvedere entro il termine perentorio di tre mesi alla translatio iudicii, costituiscono autonome scelte processuali.

In proposito il Collegio, sulla base della consolidata giurisprudenza, chiarisce che la translatio iudicii riscontra le esigenze di coordinamento tra le diverse giurisdizioni nel rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale e  consente, a seguito di declinatoria della giurisdizione, di riproporre la domanda originaria innanzi al giudice indicato come munito di giurisdizione, che, a sua volta, può sollevare d'ufficio il conflitto di giurisdizione davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, se non condivide la decisione in punto di giurisdizione del precedente giudice.  Quindi, se l'imprenditore appellato avesse provveduto alla translatio iudicii  con la riproposizione della domanda e se il g.a. avesse sollevato il conflitto davanti alle Sezioni Unite della Corte di cassazione ne sarebbe conseguita una pronuncia definitiva sulla giurisdizione con il vincolo endoprocessuale. Invece l'appellato ha scelto di instaurare, solo dopo qualche anno dalla intervenuta declinatoria della giurisdizione, un giudizio innanzi al  T.a.r., che ad avviso del Collegio pur essendo del tutto autonomo, non esclude il potere/dovere del g.a. di decidere sulla questione di giurisdizione, restando, tuttavia,  preclusa la possibilità di sollevare il conflitto di giurisdizione ai sensi dell'art. 11, comma 3, c.p.a.

In ogni caso la richiamata autonomia dei due giudizi, ad avviso del Collegio, impedisce che dal primo possano derivare preclusioni processuali riferibili al secondo.

Peraltro, la sentenza del Tribunale civile, nella parte in cui ha ritenuto inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda risarcitoria per i danni derivanti dall'inagibilità dell'immobile non può vincolare il Consiglio di Stato nel giudizio in corso.

D'altra parte, il Collegio ha precisato che sulla menzionata domanda risarcitoria dichiarata inammissibile dal Tribunale civile non vi è stata alcuna statuizione di merito perché il processo si è chiuso con una pronuncia in rito e non è configurabile alcun giudicato esterno sulla giurisdizione. Perciò, il Collegio ha esaminato ex novo la questione della riconducibilità o meno alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla menzionata pretesa risarcitoria. In particolare, il Collegio, nel caso di specie, ha osservato che l'appellato ha chiesto la condanna di Roma Capitale a titolo di risarcimento in forma specifica a provvedere alla manutenzione della condotta idrica ossia ad un'attività di facere materiale.

Quindi, il Collegio, sulla base della consolidata giurisprudenza richiamata, non ha ravvisato la spendita di poteri pubblicistici, ma l'inosservanza da parte del Comune di regole tecniche e dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione di un proprio bene, che non riguarda scelte ed atti autoritativi, ma un'attività soggetta al principio del neminem laedere, ai sensi dell'art. 2043 c.c., che può essere esaminata dal g.o.

Infine, il Collegio ha precisato che non sia possibile ipotizzare che danni-conseguenza tra loro diversi ma pur sempre derivanti dal medesimo evento, ovvero la rottura della condotta idrica, siano ricondotti a giurisdizioni diverse, in quanto, la giurisdizione ordinaria si distingue da quella amministrativa non per il tipo di danno-conseguenza, ma per l'esistenza di poteri autoritativi.

Conseguentemente, il Collegio, ha escluso la giurisdizione del g.a. sia di legittimità, rilevando diritti soggettivi e non interessi legittimi, sia esclusiva, ai sensi dell'art. 133, lett. f), c.p.a., relativa a provvedimenti, atti, o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio del potere pubblicistico.

Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e ha dichiarato inammissibili per difetto di giurisdizione il ricorso introduttivo proposto in primo grado dal proprietario dell'immobile allagato e ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, indicato che la giurisdizione è del giudice ordinario.

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