Errore revocatorio: configurabilità nel caso di omessa pronuncia sulla richiesta di rinvio pregiudiziale UE

04 Giugno 2024

La sentenza in commento chiarisce le condizioni per ritenere sussistente un errore revocatorio in caso di mancata pronunzia su una domanda di rinvio pregiudiziale UE, nonché per il rinvio pregiudiziale medesimo.

Massima

Il giudice nazionale di ultima istanza è tenuto a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE e, nel caso in cui ritenga di non operare il rinvio, a motivare sul difetto di rilevanza o sulle altre ragioni di esonero dall'obbligo di rinvio, secondo la consolidata giurisprudenza UE.

In ragione del “sistema di cooperazione tra la Corte di giustizia UE e i giudici nazionali” ex art. 267 TFUE, terzo paragrafo, nonché dell'evoluzione dell'ordinamento europeo, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c. va riferito anche all'istanza di rinvio pregiudiziale esplicitamente avanzata dalle parti, in specie dinanzi al giudice di ultima istanza.

L'omissione di pronuncia sull'istanza di rinvio pregiudiziale è quindi, sotto questo profilo, equiparabile all'omessa pronuncia su domanda o eccezione di parte.

Anche per l'istanza di rinvio pregiudiziale, l'errore revocatorio è configurabile in caso di omessa pronuncia, purché risulti evidente dalla sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame l'istanza medesima, dovendosi trattare di una totale mancanza di esame e/o valutazione dell'istanza.

Il rinvio pregiudiziale può essere omesso anche dal giudice di ultima istanza in caso di irrilevanza della questione.

Il caso

Il giudizio in cui era stato richiesto il rinvio alla Corte UE

Il contenzioso riguardava un ricorso avverso un provvedimento di esclusione di un RTI da una procedura di gara per l'affidamento in concessione delle attività di gestione di alcune tratte autostradali.

L'esclusione si basava sul mancato possesso, da parte del menzionato operatore, dei requisiti prescritti dal bando di gara, nello specifico dei requisiti dell'esecutore, in ragione del fatto che due delle mandanti intendevano eseguire i lavori ed erano in possesso dei relativi requisiti, ma, in base alla predetta lex specialis anche i restanti soggetti costituenti il RTI S. avrebbero dovuto esserne in possesso, e la mandataria in misura maggioritaria, mentre la mandataria S. ne era priva.

La sentenza di primo grado respingeva il ricorso dell'RTI S.

Quest'ultimo proponeva appello che veniva anch'esso ritenuto infondato.

Sempre l'RTI S. proponeva ricorso per revocazione, ex artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4 c.p.c., sulla base di tre motivi in via rescindente ed in via rescissoria.

La sentenza in commento accerta due errori revocatori, e quindi l'ammissibilità di detto ricorso, ma lo respinge nel merito senza necessità di rinvio alla Corte UE o alla plenaria.

La questione

I rapporti tra revocazione e rinvio pregiudiziale

La Sezione competente del Consiglio di Stato esamina preliminarmente il secondo e il terzo motivo di revocazione, e li respinge, il primo in quanto non sarebbe stato sollevato con il ricorso un vizio revocatorio per tale profilo, con conseguente inammissibilità del gravame, il secondo in quanto, pur sussistendo un errore revocatorio nella sentenza revocanda, il motivo erroneamente non esaminato risultava comunque infondato.

Ad avviso della Sezione, infatti, il bando di cui si discorre non limitava la partecipazione soltanto ad operatori tutti in possesso dei requisiti dell'esecutore, ma consentiva di modulare la domanda partecipando come “concessionario”, come “concessionario ed esecutore” o come “concessionario, esecutore e progettista”.

Tuttavia, l'RTI ricorrente ha chiesto di partecipare in tutte e tre le vesti così descritte.

Pertanto, il medesimo non poteva essere considerato, in via emendativa, come partecipante esclusivamente nella qualità di “concessionario” e quindi essere ammesso in tale (sola) qualità alle ulteriori fasi della procedura. A tale soluzione ostava la lex specialis, alla cui stregua la richiesta di partecipare alla gara nell'unica qualità di (mero) “concessionario” - pure ammessa - avrebbe avuto l'effetto di rimettere alla fase esecutiva l'affidamento dei lavori da parte del concessionario a soggetti terzi adeguatamente qualificati. Per tale ragione, vista la latitudine degli effetti che ne derivavano, risultava necessaria una esplicita opzione in tal senso del concorrente.

Infine, viene esaminato il primo motivo di revocazione, col quale si articolano due censure relative alla fase rescindente. La prima attiene alla compatibilità delle prescrizioni nazionali con il diritto UE, la seconda l'omesso rinvio alla Corte UE.

Con riguardo all'omesso rinvio, nella pronunzia in commento, si osserva che, essendo stato esaminato, nella sentenza revocanda, il motivo che esponeva la doglianza sulla quale si innestava la questione della compatibilità del quadro giuridico nazionale con quello unionale, sembrerebbe controvertibile la riconducibilità del lapsus del giudice all'errore revocatorio sul contenuto dell'atto di parte circa la richiesta di rinvio pregiudiziale. Tuttavia, è possibile risolvere la questione alla luce del risalente orientamento giurisprudenziale che ammette il rimedio della revocazione nel caso in cui la violazione del principio tra chiesto e pronunciato sia riconducibile ad un errore revocatorio (cfr. Adunanza plenaria n. 3/1997, e quanto alla questione di legittimità costituzionale Cons. Stato, sez. V, 11 settembre 2023, n. 8265), e considerando l'orientamento della Corte UE sulla natura del rinvio pregiudiziale e sull'obbligo di rinvio da parte del giudice di ultima istanza (sentenze 6 ottobre 1982, “Cilfit” in C-283/81; 6 ottobre 2021, “Consorzio Italian Management”, in C-561/19).

Le soluzioni giuridiche

L'equiparazione tra richiesta di rinvio e domanda di parte

Secondo la sentenza in esame, alla stregua della sopra citata giurisprudenza UE, dovendo il giudice pronunciarsi sulla richiesta di rinvio e, nel caso in cui ritenga di non rinviare, motivare sul difetto di rilevanza o sulle altre ragioni di esonero dall'obbligo di rinvio, secondo consolidata giurisprudenza della Corte UE, si può affermare che il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c. vada riferito anche all'istanza di rinvio pregiudiziale esplicitamente avanzata dalle parti, in specie dinanzi al giudice di ultima istanza.

Conseguenzialmente, tale profilo è equiparabile all'omessa pronuncia su domanda o eccezione di parte, con l'ulteriore corollario che anche a tale caso deve applicarsi la giurisprudenza amministrativa sulla rilevanza del processo causale che determina l'omessa pronuncia e sulle condizioni per configurare l'omissione di pronuncia non ex se, ma come risultato di un vizio dovuto ad errore di fatto revocatorio.

La predetta modalità di errore viene quindi ritenuta sussistente, e da ciò deriva l'apertura della fase rescissoria consistente nella decisione sull'istanza di rinvio pregiudiziale, per come testualmente proposta, ovvero basata sulla pretesa illegittimità di disposizioni (normative o recate dai bandi di gara) suscettibili di determinare, per oggetto o per effetto, una restrizione delle condizioni di partecipazione.

In tale ottica, il giudizio da operare sarebbe, in essenza, quello richiesto dall'art. 26, § 2, direttiva “concessioni”, corrispondente all'art. 19, § 2, direttiva “appalti”, che sono da interpretare nel senso che, in relazione alla singola procedura, è consentito alle amministrazioni aggiudicatrici prevedere dei requisiti speciali per gli RTI purché ciò risponda ai criteri di attinenza, ragionevolezza e proporzione, riferiti alla specifica gara (cfr. CGUE, in C-642/20, cit.).

Nel caso di specie, tuttavia, la lex specialis aveva imposto taluni requisiti all'esecutore per la qualificazione del RTI partecipante come “concessionario-esecutore” al fine di garantire che l'aggiudicatario avesse una determinata qualificazione (anche per ragioni di sicurezza), dal momento che erano ricompresi nell'oggetto della concessione lavori di rilevante importo e di particolare delicatezza.

Tali argomenti non sarebbero sindacabili nel giudizio di revocazione, nemmeno ai fini del rinvio pregiudiziale, una volta escluso che l'illegittimità della legge di gara derivi direttamente dall'applicazione di una norma o da più norme nazionali contrastanti con la direttiva.

Infatti, il bando di gara non riproduceva pedissequamente norme di legge che si potessero assumere, in sé, contrarie al diritto UE né si può ritenere che la “costruzione” del bando di gara così come regolante la procedura de qua, per le clausole in contestazione, fosse imposta dall'ordinamento nazionale.

In una situazione siffatta, per fare valere il contrasto col diritto UE delle norme interne come interpretate ed applicate nel bando di gara o della lex specialis in sé, anche sotto il profilo della violazione dei principi di obiettività e di proporzionalità dei requisiti di partecipazione, occorreva impugnare il bando di gara in parte qua e per il profilo evidenziato, cosa non avvenuta né in via principale, né (ipotizzato dubitativamente che ciò fosse ammissibile) in via incidentale.

Pertanto, escluso un contrasto tra la normativa nazionale vigente in tema di gare di concessione contenuta nel Codice del 2016 e la direttiva 2014/23/UE, la concreta applicazione dei principi UE nelle previsioni relative al possesso dei requisiti speciali di partecipazione non era rilevante nel caso di specie, a causa appunto della menzionata mancata specifica impugnazione del bando di gara sotto questo profilo.

La sentenza in commento dichiara dunque la sussistenza delle condizioni di esonero dall'obbligo del rinvio ex art. 267 TFUE, a guisa della richiamata sentenza della CGUE, in C-561/19, cit.

Osservazioni

Due questioni risolte e due aperte

La decisione in commento appare condivisibile tanto nella parte rescissoria quanto nella parte rescindente.

Un primo punto convincente è l'equiparazione della richiesta di rinvio pregiudiziale ad una domanda di parte (in un certo senso) autonoma rispetto al motivo cui afferisce. In tale ottica è chiaro che si ampliano le ipotesi di rilevabilità di un vizio revocatorio.

Un secondo punto di un certo rilievo è il riferimento ad una “consolidata” giurisprudenza della Corte UE, che sembrerebbe indicare il superamento, almeno per certi profili, delle criticità emerse in varie sedi rispetto agli indirizzi UE in tema di obbligo di rinvio e di esonero dallo stesso. Sull'oggettivamente complessa tematica, nella sentenza in commento, non sono espresse insoddisfazioni.

Rimane incerta la soluzione della questione qualora il motivo di ricorso (e/o di appello) venga esaminato e respinto anche nella sua dimensione unionale ma la sentenza ometta di pronunziarsi compiutamente sulle ragioni del mancato rinvio ex art. 267 TFUE (in tal senso appare orientarsi Cons. Stato, IV, 26 aprile 2018, n. 2532, in cui però il giudice d'appello aveva espressamente denegato il rinvio e la sentenza revocanda si era espressa sul motivo unionale: cfr. sent. 29 febbraio 2016, n. 813).

Qualche dubbio potrebbe altresì porsi qualora si volesse intendere la pronunzia in esame nel senso della sussistenza di un onere specifico per la parte processuale di richiedere il rinvio pregiudiziale in forma di motivo di ricorso ed eventualmente con le preclusioni previste dal c.p.a. nei ricorsi di legittimità.

In effetti nella giurisprudenza unionale il principio dispositivo è riconosciuto ma nei limiti della effettività della tutela, e non mancano, seppure in taluni settori (e.g. tutela del consumatore) forti accenti in favore dell'intervento d'ufficio, per cui non può escludersi che, anche in presenza di un argomento a sostegno di un motivo di ricorso, o di una controdeduzione, oppure (ancor più facilmente) di una eccezione, emerga la necessità di esaminare la questione e di valutare se sussistono le condizioni per omettere il rinvio.

Del resto, la stessa sentenza in commento sembra ritenere che non possa essere implicito nel rigetto del motivo il rigetto della domanda di rinvio che sul primo si innesti, ed esamina in ogni caso il quadro normativo nazionalee la sua compatibilità con quello UE per accertare comunque e in concreto la rilevanza della questione.

Nel caso di specie, la lex specialis era esplicitamente impugnata solo e soltanto per contrarietà all'art. 95 del regolamento ll. pp., sicché emergeva uno iato notevole tra motivo di ricorso e domanda di pregiudiziale.

Tuttavia, (per esempio) con un motivo più articolato o con un motivo che contestasse la contrarietà di una norma di gara rispetto ad una disposizione nazionale configurabile quale predicato o corollario di una disposizione o di un principio UE la soluzione del caso avrebbe forse potuto essere diversa.

Guida all'approfondimento

G. TULUMELLO, Recenti sviluppi del dialogo fra Consiglio di Stato e Corte di Giustizia sull'obbligo “flessibile” di rinvio pregiudiziale da parte dei giudici nazionali di ultima istanza, in giustizia-amministrativa.it.

N. CATALANO, La pericolosa teoria dell'”atto chiaro”, in Giust. civ., I, 1983, p. 12 ss.

K. LENAERTS, La modulation de l'obligation de renvoi préjudiciel, in Cahiers de droit européen, 1983, p. 471 ss.

G. BEBR, The Rambling Ghost of “Cohn-Bendit”: Acte Clair and the Court of Justice, in Comm. Market Law Rev., 1983, p. 439 ss.

F. FERRARO, Corte di giustizia e obbligo di rinvio pregiudiziale del giudice di ultima istanza: nihil sub sole novum, in giustiziainsieme.it.

G.L. BARRECA, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea e l'obbligo di rinvio del giudice nazionale di ultima istanza, in giustizia-amministrativa.it.

G. TULUMELLO, Il rinvio pregiudiziale fra mito e realtà (brevi note a primissima lettura della sentenza della Corte di Giustizia dell'U.E., Grande Sezione, 6 ottobre 2021 in causa C-561/19, Consorzio Italian Management - Catania Multiservizi SpA/Rete Ferroviaria Italiana), in Giust. Amm., n. 10, 2021.

G.L. TOSATO E D. ALIOTTA, Corte di Giustizia e Consiglio di Stato sulla dottrina dell'Acte Clair, in Giornale di diritto amministrativo, n. 3/2022, p. 355 ss.

P. DE PASQUALE, La (finta) rivoluzione dell'avvocato generale Bobek: i criteri CILFIT nelle conclusioni alla causa C-561/19, in dirittounioneeuropea.eu.

F. LIGUORI, Sulla riformulazione dei criteri CILFIT: le Conclusioni dell'A.G. Bobek nel caso Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, in europeanpapers.eu.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario