Accesso del terzo al fascicolo telematico: la pronuncia del Consiglio di Stato

La Redazione
31 Maggio 2024

Il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, si è espresso sulla possibilità per il terzo di accedere al fascicolo telematico di un processo di cui non sia già parte, in modo tale da valutare l’opportunità del proprio intervento in giudizio.

Una società presentava istanza di visualizzazione del fascicolo telematico di una causa presso il Consiglio di Stato di cui non era parte processuale, ritenendo che i temi e le questioni affrontate fossero di suo interesse e volendo valutare l'opportunità di un proprio intervento in giudizio.

All'esito della discussione, l'Adunanza plenaria rileva che l'accesso al fascicolo informatico (ai sensi dell'art. 17 del d.P.C.S. del 28 luglio 2021) è consentito:

a) senza formalità (de plano): al presidente o al magistrato delegato per i provvedimenti monocratici, a ciascun componente il collegio giudicante, ai difensori muniti di procura, agli avvocati domiciliatari, alle parti personalmente, agli avvocati e ai procuratori dello Stato rispetto ai «fascicoli dei procedimenti nei quali è parte un soggetto che si avvale o può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato;

b) previa autorizzazione del giudice: agli ausiliari del giudice e a coloro che intendano intervenire volontariamente nel giudizio.

Per quanto concerne la questione sollevata, il Collegio evidenzia come la sesta sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza datata 23 ottobre 2019, n. 7202 abbia ritenuto illegittima la previsione dell'art. 17 comma 3, d.p.c.m. 16 febbraio 2016, n. 40 (recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico) per contrarietà alle norme processuali primarie in materia, coperte da riserva di legge. In particolare, ha affermato che il terzo estraneo al processo può avere accesso agli atti processuali attraverso strumenti alternativi quali: l'intervento in giudizio; l'ordine di esibizione del giudice in cui si deduce uno specifico interesse ad acquisire o conoscere determinati atti o documenti; il consenso di tutte le altre parti.

Tuttavia, i rilievi sopra menzionati possono essere superati, in quanto, quando la Costituzione prevede casi di riserva di legge, quest'ultima non può trasferire liberamente le competenze normative del Parlamento a una fonte di rango secondario. Da ciò discende che la legge debba dettare quantomeno i principi informatori della materia. Nel caso specifico della disciplina processuale, la riserva di legge è prevista in termini “assoluti” e non “relativi”, con un maggiore grado di vincolatività nei confronti dell'attività dell'esecutivo. Tuttavia, anche in questo caso è ammesso che la legge demandi a una fonte secondaria le scelte connotate da mera discrezionalità tecnica (cfr., ex plurimis, le sentenze C. cost., nn. 36 del 1964; 96 del 1964; 26 del 1966; 61 del 1969; 168 del 1971; 113 del 1972; 21 del 1973; 58 del 1975; 108 del 1982; 282 del 1990; 333 del 1991).

Nel caso di specie, occorre, quindi, valutare il rispetto del doppio limite della riserva di legge assoluta e della potestà normativa dell'esecutivo.

Sotto il primo profilo, l'art. 13 comma 1, all. 2, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 rimette al decreto del Presidente del Consiglio di Stato l'adozione delle regole tecnico-operative del PAT, facendo salvi i poteri attribuiti al Collegio in materia di declaratoria di ammissibilità degli interventi in giudizio.

Per quanto concerne, invece, il secondo profilo, il Collegio ritiene che il contenuto dell'art. 17 d.P.C.S. trovi il suo fondamento nel citato art. 13 comma 1, anche nella parte in cui consente l'accesso al fascicolo telematico a «coloro che intendano intervenire volontariamente nel giudizio» subordinatamente all'autorizzazione del giudice.

La disposizione procedimentalizza l'attività di consultazione dei fascicoli di causa la quale, prima dell'entrata in vigore del PAT, si svolgeva informalmente presso le segreterie e, in seguito alla digitalizzazione del processo aveva richiesto necessariamente la mediazione di un atto abilitativo che consentisse al terzo di accedere al sistema informatico. Presupposti e condizioni dell'intervento rimangono invariati, secondo quanto disciplinato dagli artt. 28, 50, 51, 97, 102 comma 2, 109 comma 2, c.p.a.

Non si può dire, dunque, che l'art. 17 d. P.C.S. abbia introdotto una pretesa nuova (l'accesso da parte di un terzo a un fascicolo di una causa pendente inter alios), non contemplata dalla fonte primaria.

La rilevanza giuridica dell'interesse del terzo a inserirsi in un processo già pendente (sia esso parte necessaria pretermessa, controinteressato sostanziale, soggetto che si trovi nelle situazioni previste dall'art. 28 comma 2, c.p.a. o che subisca gli effetti dell'atto impugnato in quanto titolare di un interesse “dipendente”) comporta la necessità prodromica che questi possa accedere al fascicolo della causa, in modo tale da verificare i termini specifici della res litigiosa e valutare l'opportunità del proprio intervento in giudizio. D'altra parte, consentire il solo intervento “al buio” costituirebbe un'ingiustificata ed eccessiva restrizione del diritto di difesa per chi non fosse già parte di un processo, pur sussistendo, almeno in astratto, un suo interesse a intervenire.

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