Natura dell'atto a contenuto plurimo e sindacato giurisdizionale del G.A: la pronuncia del Consiglio di Stato

Redazione Scientifica Processo amministrativo
06 Giugno 2024

L'atto a contenuto plurimo si caratterizza per la concentrazione delle finalità che normalmente connotano atti distinti in un unico contesto, spesso anche motivazionale per la stretta interconnessione delle diverse scelte della P.A., e non ha necessariamente anche una pluralità di destinatari, come per l'atto plurimo stricto sensu, ove la pluralità dei provvedimenti nasce dalla loro omogeneità di contenuto. 

La sentenza in commento affronta il tema dell'atto con contenuto plurimo, con riferimento ad una ordinanza comunale, che annullava in autotutela una pluralità di titoli, per lo più edilizi, per la realizzazione, già avvenuta molto tempo prima, di un complesso destinato a piscine, nonché esprimeva parere negativo al condono richiesto molti anni prima e ingiungeva la demolizione dell'intero complesso. L'ordinanza veniva impugnata avanti al TAR Lazio, che respingeva il ricorso.

In via preliminare il Collegio ha fornito chiarimenti per la configurazione sul piano ordinamentale dell'ordinanza impugnata, riconducibile al genus dell'atto a contenuto plurimo, che compendia in un unico provvedimento distinti atti afferenti alle rispettive distinte scelte amministrative, non rilevando la molteplicità dei destinatari, che può essere anche unico. Tale modalità dell'agire amministrativo consentita dall'ordinamento risponde ai canoni di economicità e di efficacia di cui all'art. 1, comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, poiché con un unico atto è possibile compendiare decisioni amministrative che sebbene interconnesse tra loro hanno distinte finalità.

Il Collegio ha declinato tali considerazioni anche con riguardo al potere di autotutela, affermando che, stante il principio generale della libertà di forma e, quindi, la mancanza di una norma che impone l'adozione di tanti provvedimenti di annullamento quante sono le determinazioni da caducare, anche l'autotutela può essere esercitata con un unico atto a contenuto plurimo; dunque, è astrattamente legittimo anche il provvedimento di annullamento d'ufficio di più titoli.

Quanto al sindacato giurisdizionale il Collegio ha rilevato che il giudice amministrativo deve esprimersi sulla compatibilità della compresenza di ogni singolo atto nell'unico provvedimento che li contiene e solo dopo sulla correttezza di ciascuno in relazione alla possibilità di esplicare le proprie finalità, senza doverle obbligatoriamente ricavare dai contenuti degli altri. Tale compatibilità è riferita anche ai principi della chiarezza degli atti amministrativi e della trasparenza dell'agire amministrativo, nonché all'obbligo di motivazione, di cui al combinato disposto degli artt. 1 e 3, l. n. 241/1990, che impongono all'Amministrazione una pronuncia espressa, ex art. 2 l. n. 241/1990 e motivata, ma anche, comprensibile, sia per il suo contenuto positivo o negativo, che per le ragioni sottese. L'astratta ammissibilità di provvedimenti a contenuto plurimo, caratterizzati da un'unitarietà solo formale, ma non anche sostanziale, in quanto scindibili in molteplici atti di diverso contenuto e indipendenti l'uno dall'altro, deve essere contemperata col divieto di commistione tra profili incompatibili tra di loro. Quanto più numeroso e variegato è il contenuto di un provvedimento, tanto maggiore deve essere lo sforzo di renderlo intellegibile al destinatario.

Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto illegittima l'ordinanza impugnata, per errore e travisamento dei presupposti e carenza di motivazione non essendo chiaramente percepibile in tale unica ordinanza, né l'oggetto, né le finalità dei provvedimenti che sono stati autorizzati e annullati. Infatti, l'accorpamento nella medesima ordinanza non solo di tre finalità distinte (annullamento d'ufficio, definizione del procedimento di sanatoria e di quello sanzionatorio in ambito), ma addirittura, relativamente alla prima, di otto separate decisioni, per un verso ha confuso l'ambito di ciascuna finalità, per altro ha offuscato le peculiarità dei provvedimenti annullati, non assimilabili tra di loro. Ne è riprova, ad avviso del Collegio, l'errore nel quale è incorso il TAR, che non ha attribuito rilevanza al distinto condono non ancora definito, equiparandolo all'annullamento di  titoli abilitativi già rilasciati in sanatoria, che, dunque, non potevano essere oggetto di autotutela.

In particolare, il Collegio ha evidenziato la mancanza dei presupposti, sostanziali e procedimentali, per l'esercizio dell'autotutela, con riferimento al lasso di tempo tra l'adozione dell'atto impugnato e quella della originaria sanatoria (oltre 25 anni). Sul punto, richiamando i principi affermati dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con sentenza del 17 ottobre 2017, n. 8 il Collegio ha precisato che ai sensi dell'art. 21-novies, l. 7 agosto 1990, n. 241 l'annullamento d'ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, dopo un lasso di tempo considerevole dal provvedimento annullato, deve recare le motivazioni sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale per l'atto di ritiro, considerati anche gli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole.

Ad avviso del Collegio, nel caso di specie dall'atto impugnato non emergono fatti sopravvenuti ostativi alla conoscenza degli atti oppure dei vizi durante un lasso di tempo così considerevole. Non si tratta di un mero ripristino della legalità lesa, come pretenderebbe l'ordinanza impugnata, ma di una approfondita analisi di contesto costituzionalmente orientata secondo i canoni dell'imparzialità e del buon andamento (art. 97 Cost.), nonché i principi generali dell'azione amministrativa di cui all'art. 1 legge n. 241/1990. Occorre dunque considerare la necessaria “proporzionalità” dell'azione amministrativa, come dovere di non comprimere le situazioni giuridiche soggettive dei privati, se non nei casi di stretta necessità ovvero di indispensabilità, procedendo all'annullamento d'ufficio laddove sia necessario per evitare un danno non proporzionato agli interessi dei privati coinvolti nel procedimento.

Il Collegio ha accolto l'appello, nella parte in cui si riferisce all'annullamento d'ufficio e, per l'effetto, in riforma della sentenza del TAR impugnata, ha accolto il ricorso di primo grado ed annullato parzialmente l'ordinanza del Comune.

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