Rito Covid: nuovo concordato in appello e disciplina transitoria
05 Giugno 2024
L'ultrattività delle disposizioni processuali sulla trattazione dell'appello e del giudizio di cassazione già dettate nel periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19 a tutte le impugnazioni proposte fino al 30 giugno 2024 (prorogato, da ultimo, dall'art. 11, comma 7, d.l. “milleproroghe” n. 215/2023, convertito, con modificazioni, in l. n. 18/2024), porta con sé alcuni problemi per coordinare un rito processuale dettato per fronteggiare la pandemia da Coronavirus con gli istituti di nuovo conio od oggetto di interpolazione da parte del d.lgs. n. 150/2022. Tenendo conto che il c.d. rito Covid (delineato dagli artt. 23 e 23-bis d.l. n. 137/2020, convertito in l. n. 176/2020), troverà ancora ampia applicazione (e non sono escluse ulteriori proroghe) almeno a tutte le impugnazioni proposte fino 30 giugno. Tra le modifiche alla disciplina del concordato in appello apportate dalla riforma Cartabia spicca (oltre all'eliminazione delle preclusioni per alcune categorie di reati, prima indicate dall'abrogato comma 2 dell'art. 599-bis c.p.p.) la prevista possibilità, in caso di trattazione scritta del giudizio di appello, qualora i giudici di secondo grado ritengono di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, di disporre che l'udienza si svolga con la partecipazione di queste e indicare se l'appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, secondo le forme previste dall'art. 127 c.p.p. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato alle altre parti. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte in udienza (comma 3 dell'art. 599-bis c.p.p.). Tuttavia, in base alla disciplina transitoria prevista dall'art. 94, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2022, le norme relative alla nuova disciplina del giudizio di appello entreranno in vigore dopo la cessazione del regime processuale introdotto, in via temporanea, dalla normativa emergenziale. In alcuni casi portati dinanzi all'attenzione della Suprema Corte, alla data della pronuncia il novellato art. 599-bis, comma 3, c.p.p. non era vigente e, quindi, la Corte di appello non era tenuta a fissare la discussione orale a fronte del mancato riconoscimento del concordato in appello. La fattispecie in esame era, disciplinata dalla norma previgente, dettata per un sistema che, non contemplava la possibilità della trattazione scritta in alternativa a quella orale e che, di conseguenza, non disciplinava espressamente l'ipotesi in cui nell'udienza fissata per il giudizio di appello ex art. 601 c.p.p. venisse rigettata la richiesta di concordato. Nell'assetto codicistico originario, infatti, la necessaria presenza delle parti rendeva superfluo la fissazione di una nuova udienza nel caso di rigetto della richiesta di concordato, proprio perché le parti erano già presenti in udienza e, quindi, in quella sede avevano la possibilità di interloquire e, eventualmente, rimodulare l'accordo. Tale possibilità è venuta meno nel regime emergenziale in quanto, avendo optato per la trattazione scritta, l'udienza si svolge senza la presenza delle parti e queste non hanno quindi la possibilità di “dialogare” sul rigetto dell'accordo. Proprio per questa ragione, la riforma Cartabia ha ritenuto di prevedere espressamente il rinvio dell'udienza con la partecipazione in presenza, qualora non sia accolto il concordato sui motivi preventivamente formulato. In conclusione, con l'obiettivo di individuare una soluzione idonea a salvaguardare il diritto all'effettiva partecipazione ed allo svolgimento del diritto di difesa con espresso riferimento alla disciplina emergenziale, la Suprema corte ritiene che «la soluzione corretta sia quella di valorizzare la ratio sottesa all'art. 599-bis c.p.p. nella formulazione applicabile ratio temporis, ritenendo che la necessaria citazione dell'imputato a comparire in dibattimento, in seguito al rigetto della richiesta di pena concordata, è dovuta non solo se tale richiesta sia stata formulata prima e fuori dall'udienza fissata ai sensi dell'art. 601 c.p.p., ma anche quando la richiesta è stata proposta nell'ambito del rito a trattazione scritta disciplinato dalla normativa emergenziale» (Cass. pen., sez. VI, n. 37981/2023, ripresa, mutandis mutandis, dalla più recente Cass. pen., sez. II, n. 6585/2024). In entrambi i casi ciò che rileva è che la parte – legittimamente confidando nell'accoglimento della richiesta ex art. 599-bis c.p.p. – non ha la possibilità, in caso di rigetto, né di formulare la richiesta, né di concludere nel merito, eventualmente articolando le difese con la memoria da presentare entro cinque giorni prima dell'udienza. Si tratta, in sostanza, di un'interpretazione adeguatrice del dettato dell'art. 599-bis c.p.p.ante riforma, volta a contemperare le esigenze della difesa con le forme della trattazione cartolare. Negli stessi termini, più di recente, la Cassazione ha ribadito il principio secondo cui è affetta da nullità a regime intermedio la sentenza emessa nell'udienza cartolare prevista dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, dopo il rigetto della richiesta di concordato e senza che sia disposto rinvio per consentire all'imputato la proposizione di un nuovo accordo, qualora l'appellante con le proprie conclusioni scritte, abbia richiesto che venga accolto il concordato in appello, senza concludere anche nel merito, sia pure in via subordinata, nell'ipotesi di rigetto dell'accordo ex art. 599-bis c.p.p. (Cass. pen., sez. II, n. 6585/2024, che si pone nel solco di sez. VI, n. 37981/2023 e sez. II, n. 43198/2022). Laddove, invece, in tema di concordato con rinuncia ai motivi di appello, nel caso in cui la richiesta sia avanzata per iscritto senza che sia stata formulata istanza di trattazione orale, e siano state rassegnate le conclusioni scritte in via subordinata dalle parti nella richiesta di applicazione della pena concordata, il procedimento si celebra con rito cartolare anche nel caso in cui l'anzidetta richiesta sia rigettata, senza che ciò comporti lesione del diritto al contraddittorio e la Corte di appello decide avuto riguardo alle indicate richieste conclusive (Cass. pen., sez. II, n. 23288/2023). |