La Corte EDU interviene nuovamente sulla legittimità delle operazioni di intercettazione: l’ampliamento degli spazi di tutela individuale previsti dall’art. 8 CEDU

07 Giugno 2024

Con la sentenza in commento (Corte EDU 28 maggio 2024, nn. 72039/17 e 25237/18) la Corte EDU, a distanza di pochi giorni dall'ulteriore decisione sull'Affaire Contrada c. Italia, ha ritenuto sussistente la violazione dell'art. 8 CEDU lamentata dai ricorrenti sia in relazione alla disciplina delle captazioni delle comunicazioni telematiche tra soggetti privati introdotta dal Parlamento polacco il 15 gennaio 2016, sia in relazione alla normativa sulle captazioni delle comunicazioni introdotta dalla legge antiterrorismo polacca, anch'essa introdotta nel 2016, che determinava un ulteriore aggravamento del rischio che la sfera privata degli individui fosse soggetta, direttamente o indirettamente, a gravi e ingiustificate ingerenze.

Secondo la Corte EDU, la violazione dell'art. 8 CEDU derivava dall'ampiezza delle misure previste dalla legislazione polacca in materia di intercettazione delle comunicazioni telematiche dei soggetti privati, alla quale non corrispondeva un controllo efficace da parte delle persone sottoposte a captazione, che non erano messe nelle condizioni di contestare le modalità con cui erano state effettuate le registrazioni. L'ampiezza delle misure investigative previste dalla normativa in questione, quindi, era tale che la vigenza della legislazione censurata dai ricorrenti costituiva, in quanto tale, un'ingerenza ingiustificata delle prerogative riconosciute dall'art. 8 CEDU, i cui diritti venivano irragionevolmente limitati.

La Corte EDU, dunque, ha ritenuto che l'attuale normativa polacca non prevedesse garanzie adeguate contro gli eventuali abusi investigativi collegati a un utilizzo massiccio o indebito dello strumento delle intercettazioni delle comunicazioni telematiche tra soggetti privati, che determinava un'ingiustificata interferenza con la sfera degli individui, che, pur essendo garantita dalla previsione dell'art. 8 CEDU, non era tutelata dagli attuali meccanismi di controllo giurisdizionale.

Ad analoghe censure venivano sottoposte le disposizioni, relative alle intercettazioni tra comunicazioni telematiche intervenute tra soggetti privati, che erano state introdotte dalla recente legislazione polacca in materia di antiterrorismo, che, sebbene astrattamente applicabile ai soli stranieri, determinavano un'ulteriore, ingiustificata, compressione delle prerogative individuali riconosciute dall'art. 8 CEDU anche nei confronti dei cittadini polacchi.

In queste ipotesi, infatti, i poteri riconosciuti all'Agenzia per la sicurezza nazionale erano ancora più incisivi, atteso era prevista la possibilità di intercettare gli stranieri sospettati di commettere reati di terrorismo, che consentiva di registrare anche le comunicazioni intercorse tra questi soggetti e i cittadini polacchi che entravano in contatto, anche occasionalmente, con gli individui sottoposti a intercettazione.

Nella stessa direzione, si muoveva la possibilità di sottoporre a intercettazione le comunicazioni telematiche di soggetti sospettati di commettere reati di terrorismo per un periodo di tre mesi senza alcun controllo da parte di un organismo giurisdizionale, autonomo e indipendente, rispetto agli organi investigativi che avevano disposto le captazioni.  

La Corte strasburghese, infine, ha evidenziato che le norme dell'ordinamento polacco, laddove obbligavano i gestori di tecnologie dell'informazione e della comunicazione a conservare i dati relativi alle comunicazioni, in modo generale e indiscriminato, per un possibile utilizzo investigativo da parte delle autorità nazionali competenti, erano incompatibili con il diritto degli individui a vedere riconosciuta l'integrità della loro sfera privata, che costituiva una prerogativa indispensabile in una società democratica, al quale doveva assicurarsi la più ampia tutela nel rispetto dell'art. 8 CEDU.

La vicenda processuale e l'ampliamento degli spazi di tutela previsti dall'art. 8 CEDU

Occorre premettere che, nel 2016, il Parlamento polacco aveva introdotto alcune disposizioni normative, con una legge approvata il 15 gennaio dello stesso anno, che avevano modificato la disciplina delle intercettazioni delle comunicazioni telematiche, intervenute sia nelle ipotesi di reati ordinari sia nei casi in cui si procedeva nei confronti di soggetti sospettati di contiguità con le organizzazioni terroristiche.

Tali leggi, fin da subito, venivano sottoposte critiche severe da parte della società civile polacca con argomenti, incentrati sull'incompatibilità di tali disposizioni con il diritto alla riservatezza degli individui, ripresi dagli odierni ricorrenti, che sono un avvocato e quattro dipendenti di organizzazioni non governative.

Nel 2017, in particolare, i ricorrenti avevano denunciato l'illegittimità della normativa sulle intercettazioni, introdotta l'anno precedente, alle autorità politiche e giudiziarie polacche, evidenziando che, per effetto di tali disposizioni, le autorità investigative avrebbero potuto monitorare le comunicazioni di tutti i cittadini e raccogliere dati che li riguardavano a loro insaputa.

Si denunciava, al contempo, che le autorità investigative non erano tenute a informare i soggetti sottoposti a intercettazione a conclusione delle attività di captazione telematica e che la mancanza di informazioni relative allo svolgimento dello svolgimento di tali operazioni era incompatibile con la previsione dell'art. 51 della Carta costituzionale polacca. Tale incompatibilità, costituzionale e sovranazionale, era ulteriormente accentuata dall'assenza di adeguati controlli giurisdizionali, che rendevano l'intera disciplina in esame incompatibile con uno Stato di diritto, che doveva ispirarsi a esigenze irrinunciabili di tutela della sfera privata degli individui.

Tuttavia, tali doglianze rimanevano insoddisfatte, atteso che, secondo le autorità polacche, più volte sollecitate, le attività di intercettazione delle comunicazioni telematiche tra soggetti privati dovevano ritenersi legittimate dalla vigente disciplina nazionale, che riconosceva la possibilità di eseguire tali forme di captazione in ossequio a esigenze di sicurezza interna, rispetto alle quali le istanze di tutela della sfera privata individuale apparivano recessive.

Per queste ragioni, i ricorrenti proponevano ricorso alla Corte EDU, deducendo che l'attuale disciplina delle intercettazioni delle comunicazioni telematiche dei soggetti privati vigente in Polonia si poneva in contrasto con l'art. 8 CEDU, non consentendo agli individui coinvolti di venire a conoscenza di captazioni eseguite nei loro confronti e di censurare, sul piano giurisdizionale, l'eventuale illegittimità di tali attività investigative.

La disciplina delle intercettazioni delle comunicazioni telematiche vigente nell'ordinamento polacco a seguito delle modifiche normative introdotte nel 2016

Come si è premesso, la Corte EDU ha ritenuto fondate le doglianze sulla violazione dell'art. 8 CEDU proposte dagli odierni ricorrenti in relazione alla disciplina delle intercettazioni, approvata dal Parlamento polacco il 15 gennaio 2016.

Secondo la Corte strasburghese, innanzitutto, la violazione dell'art. 8 CEDU discendeva dal fatto che nell'ordinamento polacco, allo scopo di individuare gli autori di un reato o di prevenirne la commissione, era possibile intercettare le comunicazioni telematiche di tutti i cittadini, senza che i destinatari dei relativi provvedimenti fossero informati a conclusione delle relative attività investigative che li aveva interessarti.

A fronte di tali ampi poteri investigativi, sul piano giurisdizionale, nessun rimedio effettivo era riconosciuto ai soggetti sottoposti a intercettazione, con la conseguenza che era possibile che un individuo subisse una significativa compressione della sua sfera privata senza venirne a conoscenza e, quand'anche ne fosse venuto a conoscenza, anche in modo casuale, non gli era comunque possibile tutelarsi sul piano giurisdizionale con strumenti adeguati.

In questa, non contestata, cornice, la Corte EDU ha ritenuto che l'ampiezza dei poteri riconosciuti alle autorità investigative polacche e la correlata assenza di adeguati strumenti di tutela giurisdizionale dei soggetti sottoposti a intercettazione imponeva di ritenere le norme censurate violative della disposizione dell'art. 8 CEDU, a prescindere dalla possibilità che i ricorrenti avessero subito, in concreto, un pregiudizio del diritto all'intangibilità della loro sfera privata.

Ne discendeva che, pur essendo stata la normativa sulle intercettazioni introdotta nell'ordinamento polacco per il soddisfacimento di esigenze legittime di tutela della sicurezza pubblica e di prevenzione dei reati, non disconosciute dai Giudici strasburghesi, questa disciplina determinava una compressione della sfera privata degli individui talmente invasiva da porsi in termini incompatibili con la previsione dell'art. 8 CEDU.

Né i presupposti legittimativi delle intercettazioni potevano ritenersi idonei a garantire le esigenze di tutela della sfera privata degli individui, essendo tali presupposti connotati da genericità e non garantendo conseguentemente che lo strumento captativo attivato fosse utilizzato solo laddove “necessario in una società democratica”.

Si è evidenziato, in proposito, che la procedura di autorizzazione attualmente esistente non era adeguata e necessitava di efficaci poteri di controllo giurisdizionale sui presupposti fattuali legittimanti l'intervento captativo, attualmente insussistenti, attributi a un organismo giurisdizionale autonomo e indipendente.

Si è evidenziato, al contempo, che la normativa polacca non prevedeva alcun obbligo di informare la persona interessata da una misura captativa, trascorso un determinato periodo di tempo, laddove tali informazioni non compromettevano gli obiettivi investigativi, di volta in volta, perseguiti nei confronti del soggetto intercettato; il che appariva in contrasto con i principi affermati dalla Corte EDU in materia di tutela dei terzi non coinvolti da attività di intercettazione (tra le altre, Corte EDU, Versini c. Francia, 16 giugno 2016, n. 49176/11, § 21; Corte EDU, Zakharov c. Russia, 12 gennaio 2016, n. 47143/06, §§ 229-236).

La Corte EDU, infine, censurava le modalità con cui i dati telematici acquisiti nel corso delle operazioni di captazione telematiche rimanevano a disposizione dell'autorità investigativa, per essere utilizzati, senza adeguate limitazioni di sorta, per ulteriori e differenti attività investigative, in linea con quanto affermato dagli stessi Giudici strasburghesi in materia di conservazione degli esiti delle intercettazioni in due note pronunce (tra le altre, Corte EDU, Centrum för rättvisa c. Svezia, 25 maggio 2021, n. 164/2021, §§ 46-51; Corte EDU, Big Brothers Watch e altri c. Regno Unito, 25 maggio 2021, nn. 58170/13, 62322/14 e 24960/15, §§ 34-42).

Sotto quest'ultimo profilo, la Corte EDU, ponendosi nel solco tracciato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea in tema di acquisizione dei dati relativi alle comunicazioni elettroniche (tra le altre, Grande Sezione, 2 marzo 2021, C-746/18,  U.K. c. Prokuratuur; Grande Sezione, 6 ottobre 2020, La Quadrature du net e aa., C-511/18, C-512/18, C-520/18; Grande Sezione, 6 ottobre 2020, Privacy International C-623/17), ha affermato che l'esigenza di assicurare un costante equilibrio tra gli interessi pubblici sottesi all'impiego di tali strumenti e la tutela della riservatezza delle comunicazioni e della vita privata e familiare può essere assicurata soltanto dall'intervento di un organo terzo e imparziale che ne autorizzi l'impiego ovvero ne verifichi ex post la legittimità.

La disciplina delle intercettazioni delle comunicazioni telematiche introdotta dalla legge antiterrorismo polacca del 2016

La Corte EDU, al contempo, ha osservato che disciplina delle intercettazioni delle comunicazioni telematiche introdotta dalla legge antiterrorismo del 2016, sebbene astrattamente applicabile ai soli cittadini stranieri, ne comportava l'applicazione anche ai cittadini polacchi, consentendo all'Agenzia per la sicurezza nazionale di monitorare, direttamente e indirettamente, le comunicazioni di tutti i soggetti sospettati di attività terroristiche.

Si è, in proposito, evidenziato che l'Agenzia per la sicurezza nazionale operava sotto il controllo diretto del Procuratore generale dello Stato e del Ministro dei Servizi Speciali dello Stato, con la conseguenza che l'attivazione di un servizio di captazione telematica, per i primi tre mesi, non era soggetto ad alcun controllo giurisdizionale e, nella sostanza, veniva esercitato in modo del tutto discrezionale.

Tutto questo, tra l'altro, discendeva dal fatto che l'intervento dell'autorità giudiziaria era previsto soltanto nel caso della proroga della misura captativa successiva al periodo trimestrale iniziale.

La fase iniziale di questo procedimento, quindi, veniva avviata al di fuori del controllo dell'autorità giurisdizionale, rendendo i soggetti coinvolti dalle captazioni, direttamente o indirettamente, sprovvisti di una tutela adeguata a proteggerli da eventuali abusi investigativi. I soggetti sottoposti a controllo, infatti, non disponevano di strumenti processuali idonei a contrastare la legittimità di un provvedimento pur fortemente invasivo della loro sfera privata, anche tenuto conto del fatto le persone sottoposte a captazione non venivano mai informate delle indagini che le riguardavano, in evidente contrasto con quanto, da anni, ripetutamente affermato dalla Corte EDU (Corte EDU, Pruteanu c. Romania, 3 febbraio 2015, n. 30181/05, cit.).

Anche in questo, inoltre, la Corte strasburghese censurava le modalità con cui i dati telematici acquisiti nel corso delle captazioni disposte nei confronti dei soggetti sospettati di terrorismo rimanevano a disposizione dell'Agenzia per la sicurezza nazionale, per potere essere utilizzati, al di fuori di ogni, pur necessario, controllo giurisdizionale per lo svolgimento di ulteriori attività investigative (Corte EDU, Big Brothers Watch e altri c. Regno Unito, 25 maggio 2021, cit.; Corte EDU, Centrum för rättvisa c. Svezia, 25 maggio 2021, n. 164/2021, cit.).

In questa cornice, infine, deve rilevarsi conclusivamente che, all'esito del giudizio, non avendo i ricorrenti formulato richieste di risarcimento dei danni, la Corte EDU condannava la Polonia al pagamento delle spese sostenute da tre delle parti impugnanti, che venivano quantificate in 2.602,92 euro, 252,58 euro e in 300,00 euro.

Conclusioni

A distanza di pochi giorni dall'ulteriore decisione sull'Affaire Contrada contro Italia (Corte EDU, Contrada c. Italia, 23 maggio 2024, n. 2517/19, §§ 17, 18, 19, 69, 70, 71, 93, 94) la Corte EDU ritorna sulla questione della tutela della persona contro gli abusi investigativi connessi all'impiego dello strumento delle intercettazioni, rappresentati, in questo caso, dalle captazioni telematiche.

Le due pronunce, invero, appaiono strettamente collegate, essendo evidente che il nucleo essenziale delle questioni affrontate dalle decisioni in questione è costituito dal controllo sulla legittimità delle captazioni – telematiche in questo caso, telefoniche nel caso dell'Affaire Contrada contro Italia – eseguite nei confronti di un soggetto che non è stato messo a conoscenza delle attività d'indagine svolte nei suoi confronti.

Occorre, in proposito, precisare, che, anche in questo caso, la Corte strasburghese non ha censurato l'attivazione dello strumento captativo nei confronti di un soggetto non sottoposto a indagini, che, in quanto tale, deve ritenersi pienamente legittimo e giustificato da irrinunciabili istanze di tutela dell'ordine pubblico, in conformità dei parametri consolidati della giurisprudenza strasburghese (Corte EDU, Versini c. Francia, 16 giugno 2016, cit.; Corte EDU, Zakharov c. Russia, 12 gennaio 2016, n. 47143/06, cit.), quanto, piuttosto, la mancata conoscenza dello svolgimento di attività di intercettazione telematica da parte dei soggetti interessati, che assume un rilievo ancora più problematico – come nel caso delle captazioni svolte per i sospettati di terrorismo – quando l'individuo è coinvolto soltanto indirettamente dalle attività d'indagine.

Sotto altro profilo, con particolare riferimento alla legislazione antiterrorismo polacca del 2016, la Corte EDU ha segnalato un ulteriore elemento di criticità, rappresentando che, per i primi tre mesi, l'Agenzia per la sicurezza nazionale, istituzionalmente competente, operava al di fuori del controllo giurisdizionale e che, anche dopo periodo iniziale, tale controllo era insufficiente a garantire un'adeguata tutela della sfera privata dei soggetti coinvolti da intercettazioni, in contrasto con la previsione dell'art. 8 CEDU. Senza considerare che l'Agenzia per la sicurezza nazionale polacca operava sotto il controllo diretto del Procuratore generale dello Stato e del Ministro dei Servizi Speciali dello Stato, con tutto quello che ne conseguiva in termini di autonomia e indipendenza delle scelte investigative compiute.

Quello che, in ogni caso, appare evidente è che con tale pronuncia della Corte strasburghese viene messo irrimediabilmente in crisi il controllo di legalità sugli strumenti captativi – attivati sia nei procedimenti ordinari sia nei procedimenti instaurati nei confronti di soggetti sospettati di terrorismo – introdotti in Polonia con la legislazione del 2016, che appaiono in contrasto con i principi sovranazionali richiamati nella pronuncia commentata, derivanti dalla previsione dell'art. 8 CEDU, con esiti ermeneutici e ordinamentali che, quantomeno nell'immediato, appaiono difficilmente prevedibili.

Merita, infine, di essere segnalata la censura, riguardante entrambe le tipologie di procedimenti intercettativi, sulle modalità con cui, nell'ordinamento polacco, i dati telematici acquisiti nel corso delle operazioni di captazione rimangono a disposizione dell'autorità investigativa, per potere essere utilizzate, senza limiti adeguati, in linea con quanto affermato dalla Corte EDU in tema di conservazione dei risultati delle intercettazioni (Corte EDU, Big Brothers Watch e altri c. Regno Unito, 25 maggio 2021, cit.; Corte EDU, Centum för rättvisa c. Svezia, 25 maggio 2021, n. 164/2021, cit.).

Guida all'approfondimento

Riferimenti giurisprudenziali

Sentenze della Corte EDU

Corte EDU, Contrada c. Italia, 23 maggio 2024, n. 2517/19, §§ 17, 18, 19, 69, 70, 71, 93, 94; Corte EDU, Thevenon c. Francia, 13 settembre 2022, n. 46061/21, §57; Corte EDU, Leotsakos c. Grecia, 4 ottobre 2018, n. 30958/13, §§ 34-36; Corte EDU, Centrum för rättvisa c. Svezia, 25 maggio 2021, n. 164/2021, §§ 46-51; Corte EDU, Big Brothers Watch e altri c. Regno Unito, 25 maggio 2021, nn. 58170/13, 62322/14 e 24960/15Corte EDU, Brazzi c. Italia, 27 settembre 2018, n. 57278/11, §§ 46-51; Corte EDU, Versini c. Francia, 16 giugno 2016, n. 49176/11, § 21; Corte EDU, Zakharov c. Russia, 12 gennaio 2016, n. 47143/06, §§ 229-236; Corte EDU, Pruteanu c. Romania, 3 febbraio 2015, n. 30181/05, § 50; Corte EDU, Ammanni c. Svizzera, 16 febbraio 2000, n. 27798/95, § 25-28; Corte EDU, Malone c. Royaume-Uni, 2 agosto 1984, n. 82/1980, § 68.

Sentenze della CGUE

CGUE, Grande Sezione, 2 marzo 2021, C-746/18, U.K. c. Prokuratuur; CGUE, Grande Sezione, 6 ottobre 2020, La Quadrature du net e aa. (C-511/18, C-512/18, C-520/18); CGUE, Grande Sezione, 6 ottobre 2020, Privacy International (C-623/17); CGUE, Grande Sezione, 2 ottobre 2018, Ministerio Fiscal (C-207/16); CGUE, Grande Sezione, 21 dicembre 2016, Tele 2 Swerige AB e a. (C-203/15 e C-698/15).

Sentenze della Corte di cassazione

Cass. pen., Sez. V, 12 marzo 2021, n. 20639, in Cass. C.E.D., n. 281257-01; Cass. pen., Sez. III, 20 ottobre 2016, n. 48595, in Cass. C.E.D., n. 268752-01; Cass. pen., Sez. I, 24 giugno 2015, n. 30130, in Cass. C.E.D., n. 264489-01; Cass. pen., Sez. II, 19 ottobre 2012, n. 40657, in Cass. C.E.D., n. 253679-01; Cass. pen., Sez. VI, 5 febbraio 2007, n. 5904, in Cass. C.E.D., n. 236179-01; Cass. pen., Sez. III, 17 aprile 1994, n. 29433, in Cass. C.E.D., n. 255903-01; Cass. pen., Sez. V, 26 gennaio 1994, n. 378, in Cass. C.E.D., n. 197277-01.

Riferimenti normativi

Artt. 7 e 8 CEDU

Artt. 21, 24, 25 Cost.

Artt. 266, 268, 269, 270, 271 c.p.p.

Sul tema, si rimanda alla Giurisprudenza commentata di A. CENTONZELa Corte EDU e il nuovo affaire Contrada c. Italia: la legittimità delle perquisizioni e delle intercettazioni nei confronti dei soggetti non sottoposti a indagini, nonché alla News: Intercettazioni telefoniche e privacy: viola l'art. 8 CEDU una normativa che non prevede la tutela giurisdizionale per l'intercettato non coinvolto nel processo penale