Chiarimenti dalla Cassazione sul diritto al cognome del figlio nato fuori dal matrimonio e riconosciuto tardivamente
10 Giugno 2024
Questo il principio di diritto che si trae dalla pronuncia in esame e che ha portato la Suprema Corte a cassare con rinvio il decreto impugnato. Il caso . La Corte di appello aveva respinto il reclamo proposto avverso il decreto del Tribunale che, decidendo sulla richiesta avanzata da una madre ex art. 262, secondo comma, c.c., di attribuzione al figlio minore del solo cognome paterno, a seguito del riconoscimento della paternità effettuato diversi anni dopo la nascita da parte del padre, aveva stabilito che al nome del minore venisse aggiunto il cognome paterno posponendolo a quello materno, già attribuitogli dalla nascita. La madre, quindi, decideva di impugnare tale decisione lamentando, tra gli altri, il radicale travisamento, da parte della Corte di appello, dell'effettiva questione controversa in ordine all'assunzione del cognome del genitore che ha riconosciuto tardivamente il figlio nato fuori dal matrimonio e l'erroneità dell'interpretazione del dato normativo come integrato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.131/2022 nelle more del giudizio di merito in sede di reclamo. La pronuncia della Corte Costituzionale . Come noto, la Consulta con la sentenza n. 131/2022 si è pronunciata in relazione alla fattispecie disciplinata dal primo comma dell'art. 262 c.c., riguardante il riconoscimento del figlio effettuato contemporaneamente dai genitori non coniugati, e ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede, con riguardo all'ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che assuma i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. Quanto, invece, all'ipotesi disciplinata dai commi secondo, terzo e quarto dell'art. 262 c.c., nel presupposto che il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo, avente copertura costituzionale assoluta, l'individuazione del cognome che il minore va ad assumere non è connotata da automatismo, ma è rimessa al prudente apprezzamento del giudice che deve avere riguardo al modo più conveniente di individuazione per il fanciullo, in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte del padre, prescindendo, anche a tutela dell'eguaglianza fra i genitori, da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome. Di conseguenza, nel caso del minore, la disposizione dettata dall'art. 262, quarto comma, c.c., demanda al giudice la decisione relativa all'assunzione del cognome del genitore, trattandosi di un potere la cui attribuzione trova la sua giustificazione nel difetto di capacità del minore, al quale peraltro è riconosciuto (nella formulazione di tale disposizione, introdotta dal d.lgs. n. 154/2013) il diritto di essere ascoltato, qualora abbia compiuto dodici anni o anche se sia in età inferiore, a condizione, in quest'ultimo caso, che risulti capace di discernimento. La soluzione. Ciò premesso, secondo la Cassazione, la Corte di appello erroneamente ha ritenuto di applicare i principi espressi dalla Corte Costituzionale alla fattispecie in esame, del tutto diversa, ricadente nell'ambito applicativo dell'art. 262, secondo, terzo e quarto comma, c.c. Così ragionando, infatti, il giudice di secondo grado ha esorbitato dall'ambito di efficacia della sentenza di parziale illegittimità costituzionale, riguardante il primo comma della disposizione di cui si discute e, astenendosi da qualsiasi valutazione, ha applicato impropriamente il criterio automatico previsto per il caso del figlio riconosciuto alla nascita da entrambi i genitori non coniugati, in assenza di differente accordo, come formulato dalla Consulta. (Fonte: Diritto e Giustizia) |