Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: è nulla la decisione resa in violazione del principio di alternatività tra sede straordinaria e giurisdizionale

13 Giugno 2024

L'Adunanza plenaria si esprime sulla sorte del decreto decisorio del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nell'ipotesi in cui il procedimento straordinario sia pervenuto erroneamente a definizione nonostante la trasposizione ex art. 10 d.P.R. n. 1199/1971.

Massima

L'Adunanza plenaria ha espresso i seguenti principi:

Il ricorso straordinario è un rimedio giustiziale alternativo a quello giurisdizionale, di cui condivide soltanto alcuni profili strutturali e funzionali;

La decisione resa su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, sebbene il giudizio fosse stato ritualmente trasposto in sede giurisdizionale, è nulla ai sensi dell'art. 21-septies c.p.a., in quanto emanata in difetto assoluto di attribuzione.

Il caso

Decisione su un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nonostante l'avvenuta trasposizione in sede giurisdizionale

Con la pronuncia in esame l'Adunanza plenaria ha risposto ai quesiti formulati in sede di remissione dalla VI sezione del Consiglio di Stato, in una vicenda in cui il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto avverso un ordine di demolizione, è stato deciso e accolto, nonostante fosse stato ritualmente trasposto in sede giurisdizionale innanzi al TAR per la Sicilia, mentre il Tribunale amministrativo regionale – con sentenza successiva alla definizione del ricorso straordinario – ha respinto in primo grado la medesima domanda di annullamento, rilevando preliminarmente che: «il decreto presidenziale… è intervenuto dopo la rituale trasposizione del contenzioso innanzi a questo giudice in cui si era radicata definitivamente la giurisdizione e, pertanto, esso non preclude una decisione sul merito nel presente giudizio…».

La questione

Il regime giuridico del decreto decisorio del Presidente della Repubblica

L'Adunanza plenaria ha chiarito il regime giuridico del decreto decisorio del Presidente della Repubblica, reso erroneamente su ricorso straordinario ritualmente e tempestivamente trasposto ex art.10 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199. Essa, in particolare, ha ritenuto che la pronuncia resa sul ricorso straordinario debba essere considerata nulla ai sensi dell'art. 21-septies  legge 7 agosto 1990, n. 241, perché reso in astratta e totale carenza di potere per violazione del principio di alternatività dei rimedi.

La decisione approfondisce inoltre il tema della nullità nell'ambito del processo amministrativo e i presupposti per la sua rilevabilità d'ufficio da parte del giudice. 

Le soluzioni giuridiche

Il contrasto tra sentenza del giudice di primo grado decisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Secondo la plenaria la soluzione del contrasto tra le due statuizioni (del giudice di prime cure e del ricorso straordinario) è strettamente legata al tema della qualificazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e del regime giuridico conseguentemente applicabile al decreto decisorio.

Secondo l'impostazione tradizionale, che vede nel ricorso straordinario un rimedio di natura amministrativa, la fattispecie dovrebbe essere regolata dalle norme che disciplinano l'invalidità dell'atto amministrativo (segnatamente, la nullità per difetto di attribuzione), che in quanto tale sarebbe privo della forza e del valore giuridico per imporsi o condizionare l'accertamento giurisdizionale.

Secondo la tesi che configura il ricorso straordinario come rimedio “sostanzialmente giurisdizionale”, invece, la pronuncia sul ricorso straordinario sarebbe idonea a passare in giudicato (in maniera non dissimile alla sentenza assunta dal giudice amministrativo), soggiacendo al relativo regime processuale. Ciò comporterebbe che la violazione della norma sull'alternatività tra sede straordinaria e giurisdizionale (artt. 8 e 10 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199) si tradurrebbe in un vizio del decreto che andrebbe fatto valere mediante l'impugnazione prevista dalla legge (nella specie, quello «per vizi di forma o di procedimento» di cui all'art. 10, comma 3, d.P.R. n. 1199/1971).

Secondo questa seconda impostazione, in caso di mancata impugnazione, l'esistenza di un precedente decreto decisorio (equiparato alla sentenza) divenuto oramai “stabile”, potrebbe essere rilevata solo mediante l'eccezione di cosa giudicata, che precluderebbe al giudice di giudicare nuovamente la lite già decisa.

Qualora non fosse rilevata l'eccezione di cosa giudicata, né proposta revocazione avverso la seconda sentenza (ai sensi dell'art. 395, n. 5, c.p.c.), si determinerebbe (in caso di difformità tra le due pronunce) un contrasto tra i giudicati, in cui l'ultimo giudicato prevarrebbe su quello precedente (in base alla regola della successione temporale di atti giuridici entrambi validi e muniti di pari efficacia).

Dopo tale premessa l'Adunanza plenaria conclude che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica deve essere considerato come rimedio giustiziale di tipo amministrativo, alternativo a quello giurisdizionale.

In tal senso osserva che la definizione più attendibile di “attività giurisdizionale” non è di tipo ontologico, ma di tipo soggettivo. La giurisdizione è l'attività di accertamento e decisoria che l'ordinamento imputa ai “giudici”, individuati dalle norme costituzionali sulla competenza (art. 101, 102, 103), quali sono: l'autorità giudiziaria ordinaria, le sezioni specializzate per determinate materie da istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari e gli altri organi di giurisdizione contemplati nella Costituzione, tra cui i TAR e il Consiglio di Stato.

Osservazioni

La natura del ricorso al Presidente della Repubblica come un rimedio di tipo giustiziale e amministrativo

Con la decisione in commento la plenaria ha espresso il principio che il d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199configura il ricorso al Presidente della Repubblica come un rimedio amministrativo.

Tale conclusione giunge al culmine di una compiuta analisi dei diversi orientamenti affermatisi nel corso del tempo sia in dottrina, che in giurisprudenza.

In particolare è stato osservato che sino al 2009, l'orientamento prevalente nella giurisprudenza amministrativa (se si eccettua una risalente pronuncia che lo qualificava come rimedio giurisdizionale: cfr. Cons. Stato, Ad. gen., 16 gennaio 1908) intendeva il ricorso straordinario come un rimedio contenzioso di natura amministrativa. In tal senso si erano espressi, a più riprese, sia la Corte costituzionale, al fine di negare alle sezioni consultive del Consiglio di Stato la legittimazione a sollevare l'incidente di costituzionalità (Corte cost., 21 luglio 2004, n. 254, in Foro it., 2005, I, 1662), sia le sezioni unite della Corte di cassazione, per escludere l'ottemperabilità delle decisioni rese su ricorso straordinario e la loro ricorribilità per motivi di giurisdizione (Cass., sez. un., 18 dicembre 2001, n. 15978, in Foro it. 2002, I, 2448).

Successivi interventi legislativi hanno rivitalizzato la discussione. In particolare l'art. 69 legge 18 giugno 2009, n. 69 del 2009 il quale ha modificato: l'art. 13 d.P.R. n. 1199/1971, prevedendo che la sezione consultiva «se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale» (comma 1); nonché l'art. 14 d.P.R. n. 1199/1971, che ha eliminato la potestà del governo di deliberare in senso difforme rispetto al parere espresso dal Consiglio di Stato (comma 2).

Il Codice del processo amministrativo, di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, ha stabilito che il ricorso straordinario è ammissibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (art. 7, comma 8); ed ha riconosciuto (pur non esplicitamente) la possibilità di azionare il giudizio di ottemperanza per l'esecuzione del decreto presidenziale (art. 112); ha generalizzato la facoltà di opposizione di cui all'art. 10 d.P.R. n. 1199/1971 in favore di tutte le parti nei cui confronti sia stato proposto il ricorso straordinario (art. 48, comma 1).

Sulla base delle predette disposizioni, la Corte di cassazione ha riconosciuto l'ammissibilità dell'azione di ottemperanza per l'esecuzione dei decreti resi su ricorsi straordinari.

Diverso è invece il tenore delle pronunce della Corte costituzionale, secondo cui le innovazioni intervenute con la citata legge n. 69/2009, pur avendo determinato l'ampliamento delle garanzie e degli strumenti di tutela a disposizione di chi si avvale di tale rimedio, non hanno comportato alcuna “giurisdizionalizzazione” dell'istituto, al quale va riconosciuta una natura “giustiziale” che differisce da quella giurisdizionale (sentenze 4 febbraio 2023, n. 23, in Foro it., 2023, I, 2320), per quanto ad esso assimilabile ai fini della legittimazione a sollevare questione di costituzionalità.

In sede consultiva il Consiglio di Stato, con pareri della sez. I n. 2848 del 12 novembre 2019 e n. 2935 del 22 novembre 2019, pur riconoscendo che il ricorso straordinario «ha perso la sua connotazione, tipicamente ed esclusivamente, di rimedio amministrativo», ha concluso che «non vi è coincidenza tout court con gli altri rimedi giurisdizionali sul piano dei principi applicabili» e che l'atto conclusivo della procedura va qualificato come provvedimento amministrativo, «solo per certi aspetti equiparato» ad una sentenza.

Guida all'approfondimento

A. TRAVI, Ricorso straordinario al Capo dello Stato, in Dig. disc. pubbl., Torino, 1997, p. 430.

A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli,1989, p. 1265.

A. POZZI, Riflessioni sulla c.d. giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, in giustamm.it.

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