Reclamo contro la decisione del Magistrato di sorveglianza: quando è valida la notifica via PEC?

La Redazione
18 Giugno 2024

La vicenda oggetto di esame da parte della Corte di Cassazione origina dal rigetto del Tribunale di sorveglianza della richiesta di concessione di liberazione anticipata da parte del ricorrente, in quanto l'atto, pervenuto in via telematica, era stato trasmesso su casella di posta elettronica "non dedicata".

L'occasione offre il destro alla Corte pronunciarsi sul reclamo contro il provvedimento di rigetto del magistrato di sorveglianza. A tal proposito, il Collegio rileva che ai sensi dell'art. 87-bis, comma 7, lett. c), d.lgs. 150/2022, «fermo restando quanto previsto dall'art. 591 c.p.p., nel caso di proposizione dell'atto ai sensi del comma 3 del presente articolo l'impugnazione è altresì inammissibile: c) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio competente a decidere il riesame o l'appello».

La norma in esame consente quindi il «deposito con valore legale dell'atto di impugnazione mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministero della Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44», precisando che tale deposito deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari, indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici.

Pertanto, in caso di violazione dei provvedimenti organizzativi adottati dal dirigente dell'ufficio giudiziario in ordine alla destinazione dei singoli indirizzi di posta elettronica certificata (PEC) assegnati all'ufficio medesimo, per il deposito degli atti difensivi, «non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione cautelare, in quanto tale sanzione processuale è prevista, esclusivamente, per il caso del mancato rispetto delle indicazioni contenute nel provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia e, dunque, solo in caso di utilizzo di indirizzi PEC di destinazione non ricompresi nell'All. 1 del citato provvedimento direttoriale, dal quale risulta che è diverso l'indirizzo di posta elettronica certificata indicato nel provvedimento del Direttore generale dei Sistemi informativi Automatizzati del Ministero».

Ciò posto, nel caso di specie l'indirizzo a cui è stato inoltrato il reclamo risulta ricompreso nell'elenco All. 1 citato: pertanto, la declaratoria di inammissibilità, proveniente peraltro dallo stesso giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, risulta adottata in violazione di legge. La parola, dunque, passa nuovamente al Tribunale di sorveglianza.

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

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