Mediazione, affare concluso e provvigione

La Redazione
05 Luglio 2024

La Cassazione interviene ancora in merito al diritto alla provvigione da parte del mediatore ribadendo che tale diritto sorge per la conclusione dell’affare anche se questo ha ad oggetto la cessione delle quote sociali anziché l’originario trasferimento del diritto di proprietà dell’immobile della società conferente l’incarico.

Con la pronuncia in oggetto la Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto:

Cass. 20 giugno 2024 n. 16973
Il mediatore ha diritto alla provvigione ove le parti concludano l’affare, senza che possa assumere rilievo la veste giuridica da costoro prescelta, ma solo il raggiungimento dello scopo economico, per perseguire il quale esse avevano dato incarico al mediatore.

Ribadisce, dunque, la Suprema Corte che il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell'affare, mentre non rileva che questo sia concluso dalle medesime parti ovvero da parti diverse da quelle cui è stato proposto, purché vi sia un legame, anche se non necessariamente di rappresentanza, tra la parte originaria - che resta debitrice nei confronti del mediatore, per avere costei avuto rapporti con lo stesso - e quella con cui è stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell'ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell'affare su un altro soggetto.

Per altro verso, la parte che abbia chiesto l'opera del mediatore è tenuta a corrispondere a quest'ultimo il previsto compenso "se l'affare è concluso per effetto del suo (del mediatore) intervento". Non a caso l'art. 1755 c.c. parla di "affare" e non di "contratto", stante che il diritto al compenso non è condizionato dalla esatta corrispondenza formale tra il contratto prospettato con l'incarico (nella specie la vendita) e quello attraverso il quale si è reso possibile il regolamento dei privati interessi (nella specie cessione delle quote sociali, che si risolve esclusivamente nella cessione dell'immobile), bensì dal raggiungimento dello scopo economico per la persecuzione del quale la parte aveva dato incarico al mediatore.

Inoltre, sottolinea che per "affare" si intende qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti: pertanto, la condizione perché il diritto alla provvigione sorga è l'identità dell'affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale, e la conclusione dell'affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione.

In sintesi, sono 3 le condizioni poste alla base del diritto alla provvigione da parte del mediatore:

  1. il raggiungimento dello scopo economico in virtù del quale era stato dato incarico al mediatore: infatti l’art 1755 c.c. parla di "affare" e non di contratto, sicché il diritto al compenso sorge anche se non c’è perfetta corrispondenza tra il contratto concluso e quello prospettato con l’incarico;
  2. il c.d. nesso di causalità, ossia il collegamento dello scopo con l’efficacia dell’intervento del mediatore;
  3. la continuità tra il soggetto che ha conferito l’incarico e quello che ha stipulato il contratto.
Caso concreto 
  • Una società di mediazione riceve incarico da una società venditrice (Alfa) per la vendita di un immobile per un prezzo non inferiore a €1.100.000.
  • Tizia presenta una proposta di €1.040.000 che tuttavia viene rifiutata dalla società proprietaria Alfa.
  • I soci della società Alfa, su sollecitazione di Tizia, cedono il patrimonio della stessa società alla società di nuova costituzione Beta (il cui amministratore è cognato di Tizia) per €1.040.000.
  • La società di mediazione e la sua amministratrice citano in giudizio i soci di Alfa, la stessa società Alfa e la società Beta per il pagamento della provvigione.
  • Il Tribunale rigetta la domanda perché l'affare concluso è diverso da quello per cui era stato dato l'incarico.
  • La Corte d'Appello, al contrario, accoglie il gravame e condanna del legale della società Alfa (prima proprietaria dell'immobile) al pagamento della provvigione.
  • La Cassazione ribadisce che il diritto del mediatore alla provvigione nasce per il semplice fatto che è concluso l’affare senza che rilevi il mutamento soggettivo delle parti.

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