Il regime di trasmissione e di deposito degli atti previsto dal d.m. n. 217/2023: punti di forza e criticità nella prospettiva del difensore

24 Giugno 2024

Attraverso l'adozione del d.m. n. 217/2023 è stata regolamentata la nuova forma di trasmissione di atti e documenti tramite il «Portale dei Depositi Penali», accessibile on line dai difensori tramite l'area riservata «portale dei servizi telematici (PST)» del Ministero della giustizia. Molteplici sono le criticità emerse dalle prime applicazioni del Portale, la cui funzionalità è apparsa limitata da una “burocrazia digitale” che rischia di neutralizzare i benefici del nuovo sistema informatico e pregiudicare i diritti e le garanzie difensive.

Introduzione

Con l'adozione del d.m. del 29 dicembre 2023, n. 217, il Ministro della Giustizia ha regolamentato il deposito, con modalità telematica, di atti e documenti e la consultazione e la gestione dei fascicoli informatici nel procedimento penale e civile.

Il decreto ministeriale s'innesta nel solco tracciato dal d.lgs. n. 150/2022 che ha profondamente innovato la forma (ex art. 110 c.p.p.) e il deposito (ex art. 111-bis c.p.p.) degli atti in via telematica unitamente alla costituzione del «fascicolo informatico» (ex art. 111-ter c.p.p.).

Il contributo intende illustrare l'articolato regime transitorio previsto dalla d.m. n. 217/2023, le criticità emerse dalle prime applicazioni dello strumento informatico oltre ai futuri benefici derivanti dalla nuova forma di interlocuzione, da remoto, dei difensori con gli Uffici giudiziari preposti alla ricezione degli atti.

Il regime transitorio previsto dal d.m. n. 217/2023

A partire dal 14 gennaio 2024 è entrato in vigore il regime di esclusività per il deposito di taluni atti e documenti tramite l'utilizzo del «Portale dei Depositi Penali» (di seguito, PDP). Il d.m. n. 217/2023 ha rinviato alla «fase delle indagini preliminari» (ex art. 3, comma 1) per identificare gli atti difensivi depositabili per via telematica. Sono stati, comunque, esclusi dal perimetro di esclusività del deposito telematico le impugnazioni cautelari personali o reali e quelle proposte avverso il decreto di sequestro probatorio. Pertanto, le impugnazioni incidentali potranno essere ancora depositate a mezzo posta elettronica certificata o in formato cartaceo quale modalità – alternativa al PDP – di trasmissione dell'atto.

Allo stesso modo, le istanze di revoca del sequestro preventivo (ai sensi dell'art. 321, comma 3, c.p.p.), di restituzione della cosa sequestrata (ex art. 263, comma 4, c.p.p.) e di revoca e sostituzione della misura cautelare personale (ai sensi dell'art. 299, comma 3, c.p.p.), ancorché proposte nel corso delle indagini preliminari, possono essere depositate, in via alternativa, tramite l'utilizzo del PDP o della posta elettronica certificata oppure in formato cartaceo.

Nel novero del regime esclusivo di deposito tramite il PDP sono espressamente compresi l'atto di nomina, rinuncia o revoca del difensore (ex art. 107 c.p.p.) e tutti gli atti relativi al procedimento di archiviazione (ex artt. 408, 409, 410, 411, 415 c.p.p.) e di riapertura delle indagini (ex art. 414 c.p.p.).

Per quanto concerne le denunce e le querele, la giurisprudenza di legittimità ha, di recente, evidenziato che la presentazione, con modalità telematica, di denunce e querele è esclusivamente riferita alle ipotesi in cui le stesse siano presentate presso la Procura della Repubblica e non per il deposito presso gli uffici delle forze dell'ordine. (v. Cass., sez. II, 3 aprile 2024; 24 maggio 2024, n. 20754, inedita).

Per tutti gli atti diversi da quelli appartenenti alla suddetta area di esclusività, l'art. 3, commi 2 e 8, del d.m. n. 217/2023 ha previsto un regime transitorio mediante la previsione di termini diversi a seconda dell'Ufficio giudiziario a cui l'atto è indirizzato: sino al 1° gennaio 2025 i difensori sono abilitati al deposito cartaceo o a mezzo posta elettronica certificata, in via alternativa al portale, degli atti destinati alla Procura della Repubblica, alla Procura europea e al Tribunale ordinario, mentre permane sino al 30 giugno 2025 il regime di “facoltatività” del deposito degli atti destinati alla Corte d'appello, alla Procura generale presso la Corte d'appello, alla Procura generale presso la Corte di cassazione e alla Corte di cassazione.

L'utilizzo esclusivo del portale è stato differito al 1° gennaio 2026 per i procedimenti in materia di misure di prevenzione ed alle fasi disciplinate dai libri X e XI del codice di rito nonché per il deposito degli atti della Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, al Tribunale per i minorenni, al Tribunale di sorveglianza e al Giudice di pace.

Per quanto concerne specificamente le impugnazioni, la presentazione dell'atto con modalità telematica - ai sensi degli artt. 582, commi 1, 1-bis e 111-bis c.p.p. - entra in vigore a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti attuativi di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022 ovvero a partire dal diverso termine previsto dal d.m. n. 217/2023 a seconda dell'ufficio giudiziario a cui l'atto è indirizzato.

Di conseguenza, il regime facoltativo introdotto dall'art. 3, commi 2 e 8, del d.m. n. 217/2023 consentirà sino al 30 giugno 2025 la proposizione dell'impugnazione attraverso l'utilizzo della posta elettronica certificata (ai sensi dell'art. 87-bis del d.lgs. n. 150/2022) a cui deve essere allegato uno «specifico mandato ad impugnare» (ex art. 581, comma 1-quater, c.p.p.) nell'eventualità in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato nel corso del giudizio di primo grado.

Gli oneri formali per la corretta presentazione dell'impugnazione a mezzo posta elettronica certificata possono essere così sintetizzati:

a) l'atto deve essere presentato in forma di documento informatico e sottoscritto con firma digitale qualificata (Pades e Cades);

b) gli atti che sono proposti da più soggetti possono essere firmati digitalmente dagli stessi, purché almeno uno sia il depositante;

c) l'impugnazione deve contenere la specifica indicazione degli allegati e gli stessi sono trasmessi per immagini e sottoscritti digitalmente dal difensore per conformità all'originale.

La rimessione in termini prevista dall'art. 175-bis c.p.p.

Attraverso l'introduzione dell'art. 175-bis c.p.p., il d.lgs. n. 150/2022 ha previsto un rimedio restitutorio in favore del pubblico ministero, delle parti private e del difensore, quando il malfunzionamento dei servizi informatici impedisce il deposito dell'atto.

L'inefficace funzionamento del PDP deve essere attestato dal Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia (di seguito, Direttore Generale) con un provvedimento pubblicato nel portale dei servizi telematici che dia conto dell'indicazione delle date (e, ove risulti, dell'orario dell'inizio e della fine) in cui non è stato possibile utilizzare correttamente il PDP.

Nell'eventualità in cui l'inefficienza delle reti informatiche interessi soltanto un ufficio giudiziario, ai dirigenti del circondario o del distretto è riconosciuta la facoltà (ex art. 175-bis, comma 4, c.p.p.), ricorrendone i presupposti, di attestarne il mancato funzionamento.

Per beneficiare della rimessione nei termini, il deposito dell'atto deve essere espressamente previsto a pena di decadenza (e deve coincidere con il periodo di malfunzionamento del PDP) e, nel contempo, le parti sono gravate dell'obbligo di fornire la prova dell'impossibilità di redigere o depositare tempestivamente l'atto in forma di documento analogico con modalità diversa da quella telematica.

Su tale ultimo aspetto, occorre evidenziare che nelle more del malfunzionamento è sempre riconosciuto il diritto delle parti di depositare l'atto in formato cartaceo ai sensi dell'art. 175-bis, comma 3, c.p.p.

Dunque, per ottenere la rimessione nei termini per il deposito non è sufficiente documentare il malfunzionamento del PDP tramite l'allegazione del provvedimento reso dal Direttore generale, ma il difensore dovrà fornire la prova di non aver potuto «per caso fortuito o forza maggiore», provvedere all'adempimento «con modalità non telematiche».

Si tratta di un onere particolarmente gravoso per il difensore che rischia di pregiudicare i diritti e le garanzie difensive rispetto ad un evento – il malfunzionamento delle reti informatiche – per cui l'indagato-imputato risulta evidentemente incolpevole.

Il c.d. atto abilitante

Il deposito telematico di atti, documenti, richieste e memorie presso gli Uffici di segreteria e cancelleria tramite il PDP deve essere preceduto dall'inoltro dell'atto di nomina e dall'allegazione del c.d. «atto abilitante».

L'atto abilitante è richiesto soltanto prima della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari (ai sensi dell'art. 415-bis c.p.p.) ed è funzionale ad attestare la formale conoscenza del procedimento: ad esempio, la comunicazione dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato ex art. 335, comma 3, c.p.p.

Occorre, preliminarmente, evidenziare che il surplus documentale richiesto obbligatoriamente al difensore per poter depositare l'atto di nomina (e gli eventuali successivi atti difensivi) non è contemplato dal codice di rito.

Secondo quanto stabilito dall'art. 96, comma 2, c.p.p. il rapporto fiduciario si cristallizza attraverso la sottoscrizione ed il deposito dell'atto di nomina.

Tale disposizione non ha prescritto particolari formalità per la redazione dell'atto che deve contenere esclusivamente una dichiarazione resa all'Autorità procedente da cui si evinca la scelta fiduciaria dell'indagato-imputato di farsi assistere e rappresentare al massimo da due difensori di fiducia tra gli avvocati iscritti nell'albo professionale.

Allo stesso modo, la persona offesa dal reato (ai sensi dell'art. 101 c.p.p.), per l'esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa attribuiti, ha sì la facoltà di nominare un solo difensore di fiducia, ma con le medesime forme previste dall'art. 96, comma 2, c.p.p.

Dunque, il rapporto fiduciario instauratosi a seguito del rilascio e del deposito dell'atto di nomina, tanto per l'indagato quanto per la persona offesa, non è subordinato, secondo l'indicazione contenute nell'art. 96 c.p.p., all'allegazione dell'atto «abilitante» per documentare la conoscenza del procedimento.

Prima dell'entrata in vigore del regime di esclusività del PDP, la disposizione di cui all'art. 96 c.p.p. – non interessata dalle modifiche introdotte dal d.m. n. 217/2023 – ha previsto esclusivamente che l'atto fosse correttamente indirizzato all'Autorità procedente.

La necessaria allegazione dell'atto abilitante rappresenta un incombente non previsto dal codice di rito che potrebbe paralizzare l'attività difensiva.

Se l'indagato è in possesso dell'atto abilitante quando sceglie e nomina il proprio difensore di fiducia, la persona offesa potrebbe essere a conoscenza dell'esistenza del procedimento – per aver, ad esempio, sporto denuncia-querela – ed avvertire l'esigenza di depositare una memoria difensiva o una consulenza tecnica.

Per la persona offesa l'unico atto che lo abiliterebbe ad una legale interlocuzione con il pubblico ministero procedente è rappresentato dalla comunicazione dell'iscrizione della notizia di reato che, a seconda dell'organizzazione interna dell'ufficio, è rilasciato in un lasso di tempo più o meno lungo.

Nelle more della ricezione del certificato di cui all'art. 335, comma 3, c.p.p., la persona offesa non è in condizione di depositare l'atto di nomina e, di conseguenza, offrire il proprio apporto difensivo all'attività investigativa in corso, vieppiù in considerazione del progressivo incremento delle previsioni codicistiche finalizzate ad accentrare la figura della persona offesa nella fase delle indagini preliminari.

La certificazione dell'avvenuto deposito

Gli atti e i documenti in forma di documento informatico s'intendono validamente depositati sul PDP a seguito dell'avvenuta trasmissione della «ricevuta di accettazione» generata automaticamente dal sistema.

La ricevuta è idonea ad attestare l'avvenuto deposito e a documentare la tipologia di atto (e gli eventuali allegati) che sono stati “caricati” sul portale dal difensore.

L'inoltro dell'atto è preceduto dall'indicazione del numero di procedimento relativo all'iscrizione nel registro delle notizie di reato, ai dati anagrafici della parte processuale rappresentata, dalla corretta indicazione dell'Ufficio giudiziario a cui l'atto è indirizzato e dalla preventiva allegazione della nomina e dell'atto abilitante.

Qualora fossero riscontrante una o più inesattezze tra i suddetti elementi identificativi, l'atto viene «rifiutato» e l'errore viene riportato nel testo della ricevuta che il difensore visualizza sul portale.    

Con la circolare del 9 febbraio 2024 il Ministero ha individuato le seguenti, tassative, ipotesi per cui l'atto può essere rifiutato: «difensore non costituito»; «numero di registro o procedimento non identificabile nell'atto»; «nomi parti processuali rappresentate incoerenti nell'atto»; «ufficio destinatario errato».

Secondo quanto previsto dalla summenzionata circolare, al di fuori delle specifiche casistiche sopra enucleate, il deposito dell'atto o del documento non può essere rifiutato, ma resta «impregiudicata ogni valutazione che il magistrato sarà tenuto a compiere circa l'ammissibilità del deposito dell'atto o del documento».

Il vulnus per il terzo interessato

Non è stata, inoltre, contemplata dal sistema informatico l'attività difensiva prestata in favore del terzo interessato: ed in particolare, nel “menù a tendina” visualizzabile sul PDP tra i «soggetti rappresentati» è possibile indicare l'indagato, l'imputato, la persona offesa, le parti eventuali, e la società indagata-imputata dell'illecito amministrativo da reato.

Ma il deposito telematico dell'atto di nomina rilasciato dal terzo interessato è propedeutico alla successiva, legale, interlocuzione con l'autorità giudiziaria procedente.

Sin dalla fase delle indagini preliminari, sono molteplici le attività processuali previste dal codice di rito per il terzo interessato: non sono infrequenti, ad esempio, le istanze di revoca del sequestro preventivo (ex art. 321, comma 3, c.p.p.) e/o di restituzione di cosa sequestrata (ex art. 263, comma 4, c.p.p.).

Orbene, se da un lato, il d.m. n. 217/2023 ha previsto un regime transitorio di “facoltatività” per la trasmissione delle istanze di revoca e di restituzione, dall'altro, la nomina rilasciata ai sensi dell'art. 96 c.p.p. anche al difensore dal terzo interessato deve essere, in via esclusiva, depositata tramite il PDP.

Allo stato, però, la trasmissione della nomina per il terzo interessato non è stata “programmata” sul PDP.

Di conseguenza, l'atto dovrà essere depositato in formato cartaceo o a mezzo posta elettronica certificata, ma in violazione dell'art. 3, comma 8, del d.m. n. 217/2023 che ha previsto, come innanzi detto, il deposito obbligatorio della nomina tramite il PDP.

La costituzione delle altre parti private

È, inoltre, facoltà del difensore (sino al 1° gennaio 2025) depositare, per via telematica, l'atto di costituzione per le parti eventuali.

La disposizione regolamentare ha sì abilitato il difensore alla costituzione in favore della parte civile, del responsabile civile e del civilmente obbligato per la pena pecuniaria, ma il legislatore non ha chiarito se il deposito telematico dell'atto debba intendersi «fuori udienza».

In tale ipotesi, in assenza di una espressa modifica alle norme che disciplinano la costituzione in giudizio delle altre parti private, l'atto andrebbe, prima dell'udienza, notificato alle altre parti e depositato sul PDP.

Diversamente, se il deposito telematico fosse equiparato alla costituzione in udienza, l'omessa, preventiva, notifica della dichiarazione di costituzione, non consentirebbe alle altre parti di conoscerne il contenuto.

Con specifico riferimento alla costituzione di parte civile, com'è noto il d.lgs. n. 150/2022 ha “rafforzato” l'esercizio dell'azione civile nel processo penale: ed in particolare, ai sensi dell'art. 78, comma 1, lett. d), c.p.p. la costituzione di parte civile deve contenere, come innanzi detto, l'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda.

L'importanza che riveste la corretta elaborazione della dichiarazione di costituzione di parte civile è stata evidenziata dalla Suprema Corte che ha ritenuto l'atto funzionalmente collegato all'art. 573, comma 1-bis, c.p.p. (Cfr. Cass., sez. un., 25 maggio 2023, n. 38481).

Secondo quanto stabilito dalla suddetta disposizione, quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione del giudizio al giudice civile competente che decide sulla questione civile, utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.

L'unicità del giudizio declamato dalla Suprema Corte – cominciato in sede penale e proseguito in sede civile – è rappresentato dal regime di utilizzabilità previsto dal citato art. 573, comma 1-bis, c.p.p., secondo il quale il giudice civile utilizza, ai fini della decisione, le prove già acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.

Di conseguenza, al fine di poter compiutamente interloquire sul rispetto dei requisiti formali dell'atto, tra cui - ai sensi dell'art. 78, comma 1, lett. d), c.p.p. - la corretta esposizione delle ragioni che giustificano la domanda agli effetti civili (c.d. causa petendi), sarebbe, indispensabile introdurre un meccanismo informativo – oppure un diverso termine per la costituzione telematica – finalizzato a rendere conoscibile alle parti, prima dell'udienza, il contenuto della dichiarazione di costituzione di parte civile.

L'accesso "da remoto" al fascicolo informatico

Nonostante l'espressa previsione regolamentare abiliti i difensori ad estrarre copia, con modalità telematiche, degli atti contenuti nel fascicolo informatico, la consultazione, da remoto, dei fascicoli del pubblico ministero e del dibattimento stenta ad avviarsi.

Per un'apprezzabile semplificazione della quotidiana attività difensiva risulta indispensabile, quanto prima, abilitare i difensori nominati ad accedere, da remoto, ai suddetti fascicoli al fine di consentire agli stessi di prendere visione ed estrarre copia degli atti ivi contenuti, previa corresponsione dei relativi diritti tramite il sistema «PagoPa».

L'accesso da remoto al fascicolo (informatico) del pubblico ministero dovrebbe essere autorizzato quando è intervenutala discovery (anche parziale) degli atti di indagine o, al più tardi, con la notifica all'indagato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Ad esempio, nel corso dell'incidente cautelare, gli atti d'indagine trasmessi dall'Ufficio del pubblico ministero al Tribunale del riesame (ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p.) potrebbero essere agevolmente consultati da remoto (ovvero tramite il PDP) dal difensore dall'indagato.

Allo stesso modo, l'accesso del difensore nominato, tramite il PDP, agli atti contenuti nel fascicolo (informatico) del dibattimento eviterebbe un inutile dispendio di tempo e risorse non soltanto per il difensore, ma anche per il personale di cancelleria e segreteria.

Conclusioni

La ratio efficientista sottesa alla c.d. riforma Cartabia ha investito anche la forma e il deposito degli atti, trasformando il modello processuale “cartaceocentrico” in un sistema digitalizzato.

Ma se la trasformazione digitale è sicuramente in grado di migliorare lo standard qualitativo del processo penale, le dirompenti novità previste dal modello organizzativo digitale necessitano, in primis, di un coordinamento tra regole tecniche e norme processuali oltre ad un adeguamento delle reti e delle infrastrutture tecnologiche deputate alla raccolta degli atti.

Dunque, l'attuale regime transitorio previsto dal d.m. n. 217/2023 è funzionale ad implementare le funzionalità del PDP e apportare i necessari correttivi per non pregiudicare le garanzie difensive e i principi che governano l'accertamento penale.

A tali condizioni, non si può, comunque, dubitare che l'utilizzo dello strumento informatico potrà in futuro rappresentare, anche per la difesa, un vantaggio irrinunciabile. 

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