Poteri dell’AGCM: aspetti sostanziali e processuali dei provvedimenti sanzionatori esecutivi

Redazione Scientifica Processo amministrativo
28 Giugno 2024

L'azione svolta dall'AGCM rientra nella categoria dei procedimenti sanzionatori esecutivi ed hanno finalità conformativa dell'attività economica privata, essendo esercizio di un  potere di natura ablatoria personale, volto ad eliminare la turbativa dell'interesse pubblico causato dall'infrazione.

Con la pronuncia in esame il T.a.r. per il Lazio ha svolto considerazioni sul piano giuridico e sostanziale circa la natura del potere esercitato dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM), ai sensi dell'art. 15 l. 287/1990, rubricato “Diffide e sanzioni”.

La controversia riguarda una complessa vicenda processuale, che consta di cinque impugnazioni, tutte aventi ad oggetto il medesimo provvedimento con il quale AGCM ha qualificato alcune clausole di un accordo tra due operatori del settore televisivo e delle telecomunicazioni, stipulato in vista di una gara per l'assegnazione dei diritti di esclusiva di trasmissione in diretta delle partite di calcio di serie A, quale intesa anticoncorrenziale vietata dall'art. 101 del TFUE e ha irrogato una sanzione pecuniaria, nonché la decisione di rigetto della richiesta di revisione della predetta sanzione da parte di uno dei cinque operatori ricorrenti.

Il Collegio richiamando la propria giurisprudenza, ha chiarito che l'azione svolta dall'AGCM rientra nella categoria dei procedimenti c.d. “sanzionatori esecutivi”, visto che tali provvedimenti non hanno solo finalità “retributive o afflittive”, ma soprattutto di conformazione dell'attività economica privata per ristabilire la concorrenzialità del mercato, per cui la sanzione pecuniaria assume un carattere succedaneo ed eventuale.

In tal senso il Tribunale ha affermato che il potere esercitato dell'AGCM ha natura “ablatoria personale”, essendo attribuito per rimuovere la turbativa dell'interesse pubblico causata dall'infrazione che, come nel caso di specie, lede il corretto funzionamento del mercato. Pertanto, ad avviso del Collegio, l'atto conclusivo dell'istruttoria svolta per accertare l'infrazione deve qualificarsi come “ordine repressivo” mediante il quale l'Autorità può imporre le misure ritenute idonee a eliminare le cause e le conseguenze della turbativa dell'interesse pubblico anche tramite la prescrizione di non ripetere la condotta; pertanto, l'intervento dell' AGCM è da qualificarsi di amministrazione attiva, visto che è volto alla cura diretta dell'interesse pubblico alla concorrenzialità del mercato.

Tuttavia, come nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato che laddove il provvedimento conclusivo dell'AGCM contiene anche la comminazione di una sanzione amministrativa pecuniaria riunisce in un unico atto due potestà distinte, entrambe repressive, ossia quella sanzionatoria stricto sensu  e quella ablatoria costrittiva. In tal caso, in capo ai destinatari del medesimo provvedimento si produce la scomposizione di due differenti posizioni giuridiche soggettive, rispettivamente, di diritto soggettivo a fronte dell'esercizio del potere sanzionatorio puro e di interesse legittimo rispetto all'esercizio del potere ablatorio (ordine repressivo) concernente le misure per ripristinare le condizioni di concorrenza effettiva nel mercato.

A sostegno di tale ricostruzione giuridica il Collegio ha richiamato l'art. 133, comma 1, lett. l), c.p.a., che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione su tutti i provvedimenti dell'AGCM, compresi quelli sanzionatori, nonché l'orientamento della giurisprudenza costituzionale che ha affermato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in “particolari materie” in ragione dell'esercizio, anche mediato, di un potere pubblico oppure della commistione in capo al privato di distinte posizione giuridiche soggettive che giustificano la concentrazione legislativa delle tutele presso un unico giudice.

Peraltro, con la pronuncia in esame, il Collegio esaminata la censura in uno dei cinque ricorsi circa il tardivo avvio del procedimento istruttorio, oltre i novanta giorni previsti dall'art. 14, comma 2, L. n. 689/1981, ha precisato che tale termine è riferito alla comunicazione di avvio del procedimento, per cui il dies a quo coincide non con il momento in cui la violazione si verifica, ma con quello in cui l'amministrazione la “accerta”, cioè ha raccolto gli elementi conoscitivi necessarî per formulare la contestazione. Nel caso di specie l'AGCM ha avviato l'istruttoria tempestivamente, dopo 13 giorni dalla data in cui le è stata fornita copia dell'accordo e ha preso piena cognizione del fatto illecito.

Inoltre, ritenuta infondata la doglianza di altro operatore ricorrente avverso la valutazione dell'AGCM di illiceità della condotta in esito all'accertamento svolto, relativa ad alcune clausole contrattuali e non all'intero accordo, ha posto in rilievo che l'indagine dell'Autorità non può che soffermarsi solo sulle pattuizioni lesive della concorrenza e che è inammissibile il riesame nel merito delle risultanze istruttorie dell'AGCM con lo scopo di vietare in radice un accordo tra due operatori concorrenti, essendo impedito al giudice la cognizione nel merito e sostituirsi all'amministrazione.

Il T.a.r. per il Lazio ha accolto parzialmente due dei cinque ricorsi proposti, con l'obbligo dell'Autorità di riavviare il procedimento istruttorio, precisando che il parziale accoglimento non determina l'annullamento ex tunc o ex nunc del provvedimento impugnato, perché la sua rimozione provocherebbe una situazione fattuale contrastante con gli interessi della ricorrente; quindi, l'accoglimento è limitato alla declaratoria del dovere di rinnovazione del procedimento di esercizio del potere, in conformità a quanto statuito nella sentenza, e l'efficacia dell'atto impugnato avrà come termine finale il momento di modifica o di sostituzione del provvedimento da parte dell'Autorità dopo la riedizione del potere.

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