Offerta con prevalenza di prodotti originari di Paesi extra UE: ai fini dell'ammissibilità non rileva l’ideazione nel territorio UE

27 Giugno 2024

Nelle controversie relative all'ammissibilità delle offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi (ex art. 137, co. 2, d.lgs. n. 50/2016), al fine di determinare l'origine di un prodotto è irrilevante che il processo ideativo del medesimo sia avvenuto in un Paese membro dell'Unione Europea, dovendosi dare prevalenza, piuttosto, al luogo in cui questo è stato realizzato.

La fattispecie. Durante una gara pubblica per l'acquisto di alcune forniture, la stazione appaltante respingeva l'offerta di un operatore economico, ai sensi dell'art. 137, co. 2 e 3, del d.lgs. n. 50/2016, in quanto ad avviso dell'amministrazione l'offerta presentata aveva ad oggetto prodotti originari di Paesi terzi che superavano la soglia del 50% del valore totale dell'offerta.

Avverso tale esclusione, l'operatore economico ricorreva dinanzi al TAR Lazio.

Secondo la tesi sostenuta della ricorrente, il prodotto offerto in gara dovrebbe considerarsi di origine europea in quanto il processo ideativo è avvenuto in Francia, mentre il fatto che sia stato materialmente assemblato e confezionato in Cina avrebbe rilievo marginale con una incidenza minima sul valore finale del prodotto.

La soluzione del TAR Lazio. In primo luogo, il TAR Lazio ricorda che, ai sensi dell'art. 137, co. 2, del d.lgs. n. 50/2016ratione temporis applicabile, “qualsiasi offerta presentata per l'aggiudicazione di un appalto di forniture può essere respinta se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta.”

La ratio della norma -in linea di continuità con l'art. 234 del previgente d.lgs. 163/2006- si rinviene nella sua funzione di “tutela della produzione comunitaria e, in primo luogo a tutela dell'occupazione nell'UE, che può subire compromissioni per effetto dei meccanismi della cd. globalizzazione dell'economia; essa è, dunque, posta a protezione di valori fondamentali, quali la tutela dei lavoratori europei e dei loro standard di occupazione, sicurezza e retribuzione che, se violati, con conseguente maggiore convenienza dei prodotti aventi costi di produzione inferiore, costituiscono forme di concorrenza sleale compromettenti valori fondamentali della persona, inammissibili nel nostro sistema europeo” (cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 2015, n. 2800).

Ciò posto, la tesi della ricorrente non ha persuaso il Collegio.

Ad avviso del giudice amministrativo la tesi per cui la parte dei prodotti originari di Paesi terzi non supererebbe il 50% del valore totale dell'offerta per essere svolta in Europa la relativa attività di ideazione, da un lato, risulta “di per sé di non facile interpretazione e del tutto equivoca in ordine alla pretesa quantificazione dell'incidenza della detta fase sul valore del prodotto”, dall'altro, nel caso di specie “è rimasta del tutto sfornita di prova.”

Anche alla luce di tali motivazioni, il TAR Lazio rigettava il ricorso.

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