Project financing: nessun risarcimento del danno se la proposta non viene inclusa nella programmazione triennale
28 Giugno 2024
Il caso. La società ricorrente aveva presentato alla pubblica amministrazione una proposta di project financing relativa alla progettazione, realizzazione e successiva gestione in concessione di un'opera ai sensi dell'art. 183, comma 15, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. L'amministrazione aveva provveduto, quindi, a inserire la proposta nel programma triennale delle opere pubbliche affermando che tale inserimento doveva intendersi “quale atto di indirizzo per l'ufficio tecnico di predisposizione di tutti gli atti amministrativi propedeutici all'avvio del procedimento”. A tale atto di indirizzo, tuttavia, non era seguito alcun adempimento e, su sollecitazione della società, l'amministrazione aveva replicato che la proposta di project financing non era stata inclusa nel programma triennale delle opere pubbliche in quanto l'amministrazione, nell'esercizio della propria discrezionalità amministrativa, aveva ritenuto opportuno optare per soluzioni diverse. La società ha, dunque, proposto ricorso chiedendo il risarcimento dei danni subiti ritenuta lesiva la condotta tenuta dall'amministrazione e contraria alle regole della buona fede precontrattuale. La soluzione. Il Collegio ha ritenuto infondato il ricorso. In applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, nella sentenza si ribadisce il principio secondo cui un'aspettativa giuridicamente rilevante per il promotore si può configurare solo in seguito alla scelta di addivenire all'affidamento del contratto. Ciò comporta, peraltro, che l'amministrazione non è tenuta a motivare il ripensamento sulla proposta progettuale, dando conto del contemperamento tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato. La scelta di dar corso ad una procedura di project financing e di affidarne la realizzazione ad un determinato promotore costituisce, infatti, espressione di discrezionalità amministrativa, poiché implica approfondite valutazioni in merito all'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, che rientrano nella competenza esclusiva dell'Amministrazione e non possono essere sindacate in sede giurisdizionale. Tale discrezionalità si esaurisce solo quando l'amministrazione si risolva ad attivare la procedura di gara e a concluderla con l'aggiudicazione. In particolare, gli adempimenti previsti dall'art. 183, comma 15, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 non configurano un impegno vincolante dell'amministrazione nei confronti del proponente essendo la prima libera – fino all'eventuale aggiudicazione – di rimeditare le proprie scelte di pianificazione delle opere pubbliche. Ne consegue, dunque, che, secondo il Collegio, nessuna ragionevole aspettativa alla conclusione favorevole della iniziativa può essere riconosciuta in capo alla ricorrente, neppure in dipendenza di una iniziale approvazione di massima del progetto e suo inserimento nel programma delle opere pubbliche. In tal senso, nella sentenza si legge che anche le spese sostenute per l'esame di fattibilità e relativa fase progettuale costituiscono altrettanti oneri che la parte proponente deve assumere a suo carico, quale condizione per rendere effettivo l'avvio del procedimento e consentire all'amministrazione una compiuta valutazione di merito. |