Caso Ilva: in base alla Direttiva emissioni industriali, in caso di rischi gravi e significativi per l’ambiente e la salute, l’esercizio dell’installazione dev’essere sospeso

01 Luglio 2024

La CGUE (25 giugno 2024, C-626/22), sull'interpretazione della Direttiva 2010/75/UE nel caso dell'acciaieria Ilva di Taranto, ha chiarito che gli Stati UE devono tenere in conto la valutazione preventiva degli effetti dell'attività dell'impianto sull'ambiente e sulla salute umana nel corso delle procedure di rilascio o di riesame dell'autorizzazione; l'autorità competente deve considerare tutte le sostanze inquinanti oggetto di emissioni riconosciute come nocive; la direttiva osta a una normativa nazionale che ha ripetutamente prorogato il termine concesso al gestore per conformarsi alle misure di protezione dell'ambiente e della salute umana. In presenza di tali rischi, l'art. 8, comma 2, § 2 della direttiva impone la sospensione dell'esercizio dell'impianto.

In data 25 giugno 2024, la Grande Sezione della Corte di giustizia ha affermato, nella causa C-626/22, che la Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, sulle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), letta alla luce dell'art. 191 TFUE e degli artt. 35 e 37 CDFUE, deve essere interpretata nel senso che:

1) gli Stati membri sono tenuti a prevedere che la valutazione preventiva degli effetti dell'attività dell'impianto interessato sull'ambiente e sulla salute umana debba costituire parte integrante delle procedure di rilascio o di riesame di un'autorizzazione ad operare tale impianto ai sensi di tale direttiva;

2) nel senso che, ai fini del rilascio o del riesame di un'autorizzazione all'esercizio di un impianto ai sensi di tale direttiva, l'autorità competente deve prendere in considerazione, oltre alle sostanze inquinanti prevedibili tenuto conto della natura e del tipo dell'impianto industriale attività interessata, tutte quelle sostanze inquinanti oggetto di emissioni scientificamente riconosciute come nocive che potrebbero essere emesse dall'impianto interessato, comprese quelle generate da tale attività e che non sono state valutate nel corso della procedura di autorizzazione iniziale di tale impianto;

3) osta ad una normativa nazionale secondo la quale il termine concesso al gestore di un impianto per conformarsi alle misure di protezione dell'ambiente e della salute umana previste dall'autorizzazione all'esercizio di tale impianto è stato ripetutamente prorogato, mentre gravi e significativi sono stati individuati rischi per l'integrità dell'ambiente e per la salute umana.

Qualora l'attività dell'impianto interessato presenti siffatti rischi, l'art. 8, comma 2, § 2 di tale direttiva impone, in ogni caso, la sospensione dell'esercizio di tale impianto.