Cessione di alloggi convenzionati: vincolo del prezzo massimo, successivi acquirenti, affrancazione

04 Luglio 2024

L'edilizia convenzionata è una forma particolare di edilizia residenziale che ha lo scopo di soddisfare le esigenze abitative di determinate fasce sociali. La circolazione di alloggi di edilizia convenzionata è regolata da un’articolata disciplina, modificata più volte nel corso degli anni. Il notaio Elisabetta Falco ripercorre i vari aspetti della questione, considerando anche le più recenti pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione. 

1. Introduzione

L'edilizia residenziale pubblica può essere definita come quella branca dell'edilizia realizzata attraverso un contributo diretto o indiretto dallo Stato, direttamente o per il tramite di enti pubblici edilizi creati per questo scopo, o comunque con interventi finanziari o di altro genere da parte di organismi pubblici, allo scopo di realizzare alloggi abitativi per i cittadini con scarso reddito o comunque ad un costo ridotto rispetto al mercato privato, in osservanza del principio costituzionale dell'uguaglianza sostanziale (art. 3 c. 2 Cost.) che si realizza anche attraverso il soddisfacimento dell'esigenza abitativa.

Il contrappeso a questo vantaggio è determinato dalla previsione da parte del legislatore di divieti temporanei di alienazione degli alloggi in questione o la previsione di limiti alla libera circolazione sul mercato immobiliare degli alloggi stessi.

La legislazione in materia è volta alla realizzazione di un duplice scopo: da un lato, evitare fenomeni speculativi legati alla commercializzazione di queste costruzioni, e dall'altro garantire l'effettiva soddisfazione del bisogno e fruizione dell'alloggio così realizzato. In dottrina, per tali ragioni si è escluso che tutta la normativa in questione sia applicabile a immobili con destinazione diversa da quella abitativa, in quanto in caso contrario verrebbe meno la stessa ragione giustificativa del tipico servizio pubblico prestato a favore della collettività (ad eccezione degli immobili ricadenti nei Piani di Insediamenti Produttivi). Solo in quest'ottica si coglie il senso della previsione di divieti di alienazione e di prezzi massimi di cessione, la cui violazione viene colpita dalla sanzione della nullità e/o dell'inefficacia, prevista dal legislatore a tutela di interessi pubblici, come in questo caso quello dell'ottenimento di un alloggio.

In materia suole dividersi la branca dell'edilizia residenziale pubblica in tre rami:

  • edilizia agevolata, caratterizzata dal fatto che gli alloggi sono costruiti da privati con un contributo statale;
  • edilizia convenzionata, in cui gli alloggi sono realizzati da privati in virtù di una Convenzione stipulata col Comune;
  • edilizia sovvenzionata, caratterizzata dal fatto che gli alloggi sono stati costruiti direttamente da enti pubblici preposti al settore edilizio e destinati ai cittadini in precarie condizioni economiche.

Negli ultimi tempi si è andato delineando un quarto ramo dell'edilizia residenziale pubblica, e cioè quella sociale, che è stata riconosciuta dagli artt. 8 e 10 DL 47/2014 conv. in L. 80/2014 e che si caratterizza per la concessione in locazioni temporanee per almeno otto anni (con patto di riscatto) di unità immobiliari ad uso residenziale realizzate o recuperate anche da soggetti privati (e dunque non esclusivamente operatori pubblici), al fine di ridurre il disagio abitativo di soggetti svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato.

2. Edilizia convenzionata

Tra le diverse branche dell'edilizia residenziale pubblica, l'edilizia convenzionata è quella che è stata letteralmente travolta da maggiori approfondimenti, modifiche normative ed evoluzioni giurisprudenziali.

Nell'ambito dell'edilizia convenzionata, bisogna distinguere tra le convenzioni:

  • c.d. PEEP (cioè convenzioni di piani di zona per l'edilizia economica popolare) disciplinate dall'art. 35 L. 865/1971;
  • c.d. Bucalossi disciplinate in origine dagli artt. 7 e 8 L. 10/1977 e oggi dagli artt. 17 e 18 del DPR 380/2001.

Mentre le convenzioni PEEP sono convenzioni urbanistiche, in quanto finalizzate a concedere al costruttore (in diritto di superficie o in proprietà) le aree su cui edificare gli alloggi, le convenzioni Bucalossi sono convenzioni edilizie, in quanto stipulate al fine di ottenere il rilascio in capo al costruttore del titolo edilizio a condizioni di favore.

2.1. CONVENZIONI BUCALOSSI

La normativa relativa agli alloggi assoggettati al regime delle c.d. Convenzioni Bucalossi ha subito minori interventi legislativi rispetto a quella relativa agli alloggi PEEP. L'art. 8 L. 10/1977 confluito nell'art. 18 DPR 380/2001, prevede quale unico limite alla circolazione di tali alloggi quello del prezzo massimo di cessione, stabilendo espressamente che la durata della validità della convenzione (e dunque del vincolo del prezzo massimo di cessione) è compresa tra i 20 e i 30 anni. Le convenzioni PEEP possono essere trasformate in convenzioni Bucalossi mediante una convenzione ad hoc, proprio come quelle stipulate ai sensi della L. 865/1971 dopo il 1° gennaio 1997. Le convenzioni PEEP convertite in Bucalossi ex art. 31 c. 46 L. 448/1998 hanno durata di 20 anni diminuita del tempo trascorso fra la data di stipula della convenzione originaria e quella di stipulazione della nuova convenzione.

2.2. CONVENZIONI c.d. PEEP

Nell'ambito delle c.d. convenzioni PEEP bisogna distinguere tra convenzioni aventi ad oggetto l'assegnazione dell'alloggio in diritto di superficie su area comunale e quelle aventi ad oggetto l'assegnazione dell'alloggio in piena proprietà. Ancora, nel caso delle convenzioni PEEP in piena proprietà, bisogna distinguere tra quelle disciplinate dalla legge n. 865/1971 fino al 1997 e dalla L. 10/1977 (oggi DPR 380/2001) e convenzioni Bucalossi in origine disciplinate dagli artt. 7 e 8 L. 10/1997 poi confluiti negli artt. 17 e 18 del DPR 380/2001.

L'art. 35 c. 8 L. 865/1971 ha sempre previsto un limite di prezzo massimo di cessione degli alloggi, mentre per gli alloggi in proprietà l'art. 35 L. 865/1971 (commi 15 - 19) e gli artt. 7 e 8 L. 10/1977 prevedevano dei limiti alla circolazione (divieto di alienazione decennale degli alloggi e successivamente la determinazione di un prezzo massimo di cessione a pena di nullità). I commi da 15 a 19 dell'art. 35 L. 865/1971 sono stati abrogati dall'art. 23 c. 2 L. 179/1992; pertanto a partire dal 15 marzo 1992 (entrata in vigore della L. 179/1992) le alienazioni di tali alloggi sono libere. 

È importante precisare che le convenzioni PEEP in proprietà stipulate ai sensi della L. 865/1971 successivamente al 1° gennaio 1997, per effetto dell'entrata in vigore della L. 662/1996, sono assoggettate al medesimo regime vincolistico previsto per le convenzioni Bucalossi (artt. 7 e 8 L. 10/1977, oggi DPR 380/2001).

Prima dell'entrata in vigore del DL 70/2011 conv. in L. 106/2011, autorevole dottrina (Rizzi) non dubitava dell'eliminazione dei vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione contenuti nelle convenzioni PEEP in proprietà di cui all'art. 35 L. 865/1971, in base alla lettera dell'art. 23 L. 179/1992.

Con l'entrata in vigore del DL 70/2011 conv. in L. 106/2011 (cioè dal 14 maggio 2011) - che non ha esplicitamente reintrodotto il limite di prezzo massimo di cessione degli alloggi - sono sorti dubbi in relazione alla conciliabilità con l'art. 23 L. 179/1992 che in modo molto chiaro ha abrogato i commi da 15 a 19 dell'art. 31 L. 865/1971. Infatti, il DL 70/2011 ha introdotto il comma 49-bis all'art. 31 L. 448/1998 riportato qui sotto.

Art. 31 c. 49 bis L. 448/1998 (introd. dal DL 70/2011 conv. in L. 160/2011)

I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà o per la cessione del diritto di superficie possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari

Pertanto fa riferimento ai soli vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione contenuti nelle convenzioni di cui all'art. 35 L. 865/1971 (e non anche agli altri limiti previsti) per la cessione del diritto di proprietà stipulate in data anteriore al 15 marzo 1992 ovvero per la cessione del diritto di superficie, così modificando l'art. 31 L. 448/1998, che disciplina le convenzioni modificative delle Convenzioni originariamente stipulate ai sensi della L. 865/1971 e L. 10/1977 stipulate prima della L. 179/1992.

Per le convenzioni PEEP in proprietà successive alla L. 179/1992 i vincoli sono pacificamente venuti meno e pertanto non vi sono limiti da rimuovere; per tali convenzioni nessuna convenzione modificativa sarà pertanto stipulabile.

Alla luce di tale quadro normativo, una parte della dottrina ha sostenuto che il DL 70/2011 non avesse una portata reintroduttiva dei limiti alla circolazione degli alloggi PEEP in proprietà e che, pertanto, tutte le alienazioni di alloggi in proprietà di edilizia convenzionata avvenute successivamente all'entrata in vigore della L. 179/1992 fossero libere.

Secondo un diverso orientamento, prevalentemente giurisprudenziale, il DL 70/2011 ha portata reintrodduttiva del solo limite di prezzo massimo di cessione che deve valere, quindi, solo per le convenzioni stipulate prima del 15 marzo 1992, ritenendo quindi che l'abrogazione dei vincoli riguardi solo le convenzioni stipulate dopo tale data. In altri termini, secondo questo orientamento, anche dopo l'entrata in vigore della L. 179/1992, sono ancora vigenti i limiti alla determinazione del prezzo massimo di cessione degli alloggi costruiti sulla base di convenzioni per la cessione di aree in diritto di superficie ovvero per la cessione di aree in diritto di proprietà se stipulate queste ultime prima dell'entrata in vigore della L. 179/1992. Pertanto, secondo l'orientamento della giurisprudenza (Cass. SU 6 luglio 2022 n. 21348), tutti i limiti citati nelle convenzioni PEEP anteriori al 15 marzo 1992 sono stati abrogati ad eccezione del limite del prezzo massimo di cessione che limita la libertà dei privati nella determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, contenuto nell'art. 35 c. 16 L. 865/1971, in quanto reintrodotto dal comma 49-bis dell'art. 31 L. 448/1998. Secondo la Cassazione (Cass. SU 6 luglio 2022 n. 21348) la tesi dell'implicita reintroduzione dei limiti ad opera del DL 70/2011 deriva dal fatto che se non si ritenessero reintrodotti i limiti in questione per le convenzioni precedenti al 15 marzo 1992 il DL 70/2011 sarebbe privo di significato. Ciò però determina la necessità di comprendere la portata retroattiva del DL 70/2011 (art. 31 c. 49 L. 448/1998) in relazione agli alloggi PEEP in piena proprietà nonostante l'abrogazione operata dalla L. 179/1992.

Sull'argomento, a seguito dell'introduzione dell'articolo 25-undecies DL 119/2018 conv. in L. 136/2018 si è espressa anche la Corte Costituzionale (C.Cost. 22 settembre 2021 n. 210). L'art. 25-undecies DL 119/2018 conv. con modif. in L. 136/2018 ha modificato l'art. 31 L. 448/1998, riscrivendone il comma 49-bis e aggiungendovi il comma 49-quater. Il comma 49-bis era stato inserito − insieme al comma 49-ter, lasciato intatto dalla riforma in esame – nel corpo dell'art. 31 L. 448/1998 dall'art. 5 c. 3-bis DL 70/2011 conv., con modif., in L. 106/2011, e che nella formulazione originaria prevedeva che il prezzo massimo di cessione potesse essere rimosso a richiesta del solo titolare dell'alloggio, trascorsi cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica soggetta a trascrizione e dietro versamento di un importo, proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato dal Comune. L'art. 25-undecies DL 119/2018 conv. in L. 136/2018 ha modificato il regime dell'affrancazione così definito dal DL 70/2011, estendendo la legittimazione all'affrancazione alle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, pertanto consentendo che, in pendenza della procedura di rimozione del vincolo, da definirsi mediante la stipula di una convenzione per atto pubblico o scrittura privata autenticata, il contratto di trasferimento dell'alloggio non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato (art. 31, c. 49-quater L. 448/1998). In questo modo, può essere bloccata dal venditore l'eventuale pretesa di rimborso avanzata dall'acquirente in ordine all'eccedenza di prezzo, attraverso la rimozione del vincolo secondo le modalità previste e possono essere eliminati anche i vincoli di natura soggettiva attraverso la convenzione di affrancazione (art. 31 c. 49-quater L. 448/1998). La determinazione del corrispettivo per l'affrancazione (ai sensi dell'art. 31 c. 49-bis L. 448/1998) doveva essere stabilita da un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 18 gennaio 2019 - che è stato poi emesso (Decreto ministeriale 28 settembre 2020 n. 151) -, previa conferenza unificata ai sensi dell'art. 9 D.Lgs. 281/1997, e, dunque, non più dai Comuni (come precedentemente stabilito dall'art. 29 c. 16-undecies DL 216/2011 conv. con modif. in L. 14/2012.

L'art. 25-undecies c. 2 DL 119/ 2018 conv. in L. 136/2018 prevede espressamente che le nuove disposizioni si applicano anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge di conversione.

Ebbene, secondo la sentenza della Corte Costituzionale (C.Cost. 22 settembre 2021 n. 210), ai fini della conformità a Costituzione di norme retroattive, è necessario che la retroattività non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti. In altri termini, vi sono dei limiti all'efficacia retroattiva delle leggi attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali e di altri valori di civiltà giuridica, tra i quali sono ricompresi “il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario”.

La Corte Costituzionale afferma che, in uno Stato di diritto, il principio della certezza del diritto non impedisce che il legislatore possa introdurre disposizioni peggiorative per gli interessati purché esse non si scontrino con l'affidamento dei cittadini venutosi a creare su situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti. In definitiva, la legge può intervenire in senso sfavorevole su assetti regolatori precedentemente definiti solo in presenza di posizioni giuridiche non riconducibili a un legittimo affidamento. Assumono rilevanza, pertanto, il tempo trascorso tra il momento della definizione del quadro normativo originario e quello in cui esso viene mutato con efficacia retroattiva – e, dunque, il grado di consolidamento della situazione soggettiva originariamente riconosciuta e poi travolta dall'intervento normativo retroattivo e peggiorativo – nonché la prevedibilità della stessa modifica retroattiva. Peraltro, anche in presenza di tali condizioni, interessi pubblici sopravvenuti possono comunque esigere interventi normativi che incidano su posizioni consolidate, purché nei limiti della proporzionalità dell'incisione rispetto agli obiettivi perseguiti. La Corte Costituzionale giunge a escludere che il legislatore abbia operato, nel caso in esame, una scelta irragionevolmente lesiva dei principi evocati, in quanto, da un lato, la possibilità di affrancazione risponde al principio generale di non perpetuità dei vincoli, e dall'altro, la modifica dell'art. 25-undecies è avvenuta nel 2018 mentre risale al 2015 la pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. SU 16 settembre 2015 n. 18135) intervenuta a comporre il complesso quadro normativo che si era venuto a creare a seguito del DL 70/2011, stabilendo che il vincolo di prezzo massimo, in assenza di una convenzione modificativa ad hoc, segue il bene nei successivi passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con naturale efficacia indefinita.

Le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. SU 6 luglio 2022 n. 21348), da ultimo, in modo lapidario, affermano che il DL 70/2011 non è una norma interpretativa ma ha comunque efficacia retroattiva, in virtù della portata dell'art. 25-undecies c. 2 DL 119/2018 (conv. in L. 136/2018) che ha esteso le affrancazioni del limite di prezzo massimo anche agli atti stipulati prima del DL 119/2018. In altri termini, secondo la lettura della Cassazione a Sezioni Unite, i vincoli di prezzo massimo di cessione esistono ma possono essere eliminati pagando un corrispettivo.

L'art. 25-undecies c. 2 DL 119/2018 rappresenta un momento importante nel quadro normativo complessivo, in quanto amplia la platea dei soggetti legittimati a richiedere l'affrancazione di tutte le convenzioni dell'articolo 35 L. 865/1971, al fine di evitare una "speculazione inversa" da parte dell'acquirente che avrebbe potuto assicurarsi un arricchimento contrario al generale principio di buona fede nell'esecuzione del contratto ai sensi dell'art. 1375 c.c., attraverso la possibilità, da un lato, di recuperare la differenza di prezzo fra quello pattuito in atto e quello massimo di cessione e, dall'altro, in quanto divenuto proprietario, di rimuovere il vincolo di prezzo massimo con una convenzione ad hoc. In argomento, già il Tribunale di Roma con l'ordinanza del 17 aprile 2018 (quindi ben prima della modifica legislativa) aveva evidenziato i profili dell'abuso del diritto nella richiesta di rimborso dell'eccedenza del prezzo da parte dell'acquirente. La possibilità che l'acquirente, pur potendo affrancare il bene in quanto proprietario, eserciti un suo diritto, ma determinando un sacrificio ingiustificato e sproporzionato dell'interesse della controparte, si configura come un vero e proprio abuso del diritto, non meno biasimevole del comportamento del proprietario che potrebbe vendere a prezzo superiore a quello consentito.

3. Il vincolo del prezzo massimo di cessione

Per le convenzioni PEEP di cui alla L. 865/1971 in diritto di superficie il vincolo non può che avere una durata limitata allo stesso diritto di superficie e cioè 99 anni, mentre per le convenzioni Bucalossi di cui alla L. 10/1977 (oggi DPR 380/2001), la legge prevede espressamente che non può avere una durata inferiore a 20 anni e non superiore a 30 anni e deve essere riportato nella convenzione, analogamente a quanto previsto per le convenzioni ex lege Bucalossi a far data dal 1° gennaio 1997.

Secondo la recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 2022 (Cass. SU 6 luglio 2022 n. 21348), alla luce della complessa evoluzione normativa, le convenzioni PEEP e le convenzioni Bucalossi hanno percorso un ideale cammino verso una progressiva parificazione di effetti e per entrambe il vincolo di prezzo massimo di cessione permane anche per le vendite successive alla prima fino a quando il vincolo non venga eliminato con la procedura di affrancazione. Pertanto, secondo la Cassazione, contrariamente a quanto tradizionalmente sostenuto in dottrina, a seguito della introduzione dell'art. 31 c. 49-ter L. 448/1998, - a norma del quale le disposizioni di cui al comma 49-bis si applicano anche alle convenzioni previste dall'art. 18 DPR 380/2001 - (anche) il vincolo di prezzo massimo relativo alle Convenzioni Bucalossi non si applica solo al primo assegnatario-costruttore che, nel caso delle Convenzioni Bucalossi, ha goduto della riduzione del contributo concessorio. In definitiva, anche le cessioni successive alla prima, di alloggi rientranti nell'ambito di applicazione delle Convenzioni Bucalossi sono soggetti al vincolo di prezzo massimo di cessione, e ciò nella logica delle finalità dell'edilizia residenziale pubblica, il cui obiettivo è quello di soddisfare per le categorie meno abbienti la primaria necessità di acquistare un'abitazione a prezzi ragionevoli. Le Sezioni Unite del 2022 estendono anche alle Convenzioni Bucalossi lo stesso trattamento delle convenzioni PEEP, e cioè l'applicazione retroattiva dell'art. 25-undecies DL 119/2018 conv. in L. 136/2018 in tema di affrancazioni dei limiti di prezzo massimo.

Il prezzo massimo di cessione degli alloggi in regime di edilizia agevolata è quello massimo consentito, sebbene non sia l'unico possibile convenuto fra le parti, in quanto lo scopo della normativa in materia è assicurare l'alloggio alle fasce più deboli della popolazione. In altri termini, il prezzo massimo rappresenta il perimetro entro il quale l'autonomia contrattuale delle parti può muoversi, ben potendo concordare un prezzo inferiore a quello massimo stabilito nella Convenzione stipulata tra Comune e costruttore.

Ad ogni modo, non è consentito alle parti di ignorare il prezzo massimo di cessione, che permarrà comunque come vincolo reale e potrà incidere sulla futura circolazione immobiliare degli alloggi che ne sono gravati. In altri termini, non è escluso che i privati possano anche stabilire un prezzo inferiore a quello massimo, ma ciò non esclude l'operatività dell'intera disciplina e dunque del limite stesso, laddove l'acquirente intenda successivamente rivendere a sua volta l'immobile ad un prezzo superiore a quello massimo.

Con riferimento alla violazione di tale limite, l'art. 8 L. 10/1977 (oggi art. 18 c. 5 DPR 380/2001), stabilisce che ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione è "nulla per la parte eccedente", trattandosi pertanto di una nullità parziale (ai sensi dell'art. 1419 c. 2 c.c.). La legge 865/1971 non prevede una sanzione specifica per la violazione dei relativi limiti di prezzo massimo di cessione. Tuttavia, secondo la Cassazione (da ultimo Cass. del 10 aprile 2024 n. 9675 e n. 9719) le alienazioni a prezzo superiore a quello massimo sono nulle ai sensi del combinato disposto degli artt. 1339 e 1419 c.c., in quanto gli atti amministrativi del Comune finalizzati alla determinazione del prezzo massimo di cessione sono dotati del carattere di imperatività e pertanto la conseguenza tipica della difformità di una clausola negoziale rispetto a una norma imperativa è la sanzione della nullità della clausola stessa che non comporta nullità dell'intero contratto quando essa venga sostituita di diritto da norme imperative. Tuttavia, il nuovo comma 49-quater dell'art. 31 L. 448/1998, chiarisce testualmente che "In pendenza della rimozione dei vincoli di cui ai commi 49-bis e 49-ter, il contratto di trasferimento dell'immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato. L'eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza, a qualunque titolo richiesto, si estingue con la rimozione dei vincoli secondo le modalità di cui ai commi 49-bis e 49-ter. La rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione comporta altresì la rimozione di qualsiasi vincolo di natura soggettiva." Si tratta di una soluzione legislativa volta a mantenere comunque in vita il contratto, spostando sul piano degli effetti del contratto (che appunto rimane in essere) le conseguenze negoziali della violazione. La condicio iuris in questione peraltro non è destinata a investire l'intera efficacia del contratto ma solo la clausola relativa al prezzo eccedente quello massimo consentito.

La stipula della convenzione di affrancazione viene quindi a qualificarsi come evento dedotto in condizione, rimesso all'iniziativa di una delle due parti e non completamente dipendente da elementi estranei alla volontà delle parti. Conseguentemente, chi vuole vendere l'immobile a prezzo di mercato può farlo solo attraverso al procedura di affrancazione pagando una somma per lo svincolo in modo da restituire all'immobile il suo pieno valore di mercato, con una convenzione modificativa stipulata ai sensi dell'art. 31 c. 45 e s. L. 448/1998, nonché secondo le procedure e i criteri di cui al DL 77/2021 e dal DL21/2022.

4. Conclusioni

Alla luce del quadro normativo complessivo e del lavoro interpretativo della Cassazione, si può conclusivamente affermare che le convenzioni PEEP e Bucalossi, dopo un lungo inseguimento da parte di queste ultime nei confronti delle prime, sono sovrapponibili e soggette alla medesima disciplina in materia di vincoli di prezzo massimo (e di canone massimo di locazione).

In questo ambito fondamentale è il ruolo del giurista, in primis del notaio, il quale avrà l'obbligo di informare adeguatamente le parti in ordine alla sussistenza dei limiti (anche pattizi) che regolano la circolazione di tali immobili. L'art. 28 L.Not. che vieta al notaio di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge non pare trovare applicazione nel caso in esame in quanto in presenza di contratti contenenti clausole affette da nullità parziale (come previsto dall'18 c. 5 DPR 380/2001) non vi è proibizione riferita all'intero contratto, anche perché in virtù del meccanismo sostitutivo dell'art. 1339 c.c. il contratto privo della clausola nulla è perfettamente valido ed efficace. Inoltre anche la possibilità prevista dallo stesso legislatore di utilizzare lo strumento delle convenzioni modificative volte alla graduale eliminazione del vincoli in esame, indipendentemente dal meccanismo sostitutivo, condurrebbe alla conclusione di escludere sanzioni disciplinari per il notaio. In giurisprudenza (Cass. 7 novembre 2005 n. 21493), tuttavia, è stato stabilito che, sebbene sul piano privatistico e sostanziale la sostituzione automatica della clausola nulla determini che fin dal suo momento genetico il contratto debba essere considerato valido, sul piano disciplinare ai fini dell'art. 28 L.Not. si configura comunque la consumazione dell'illecito di cui all'art. 28 L.Not. nel preciso istante in cui venga adottata la clausola nulla.  

Guida all'approfondimento

Giurisprudenza

  • C. Cost. 5 novembre 2021 n. 210
  • Cassazione SU 16 settembre 2015 n. 18135
  • Cassazione 4 dicembre 2017 n. 28949, in Rivista del notariato n. 2/2018, p. 289 e ss., con commento di Maurizio Gugliotta e Maurizio Fusco, La Cassazione torna a pronunciarsi sulla vendita degli alloggi di edilizia convenzionata con vincolo sulla determinazione del prezzo: riflessioni a margine di un orientamento da meditare
  • Cassazione SU 6 luglio 2022 n. 21348, in Rivista del notariato n. 1/2023 p. 156 e ss, con commento di Alessandro Torroni, Le Sezioni Unite portano a compimento il percorso interpretativo sull'opponibilità agli aventi causa dal costruttore del prezzo massimo nell'edilizia convenzionata

Dottrina

  • Giovanni Casu, L'edilizia residenziale pubblica - Risposte a problemi concreti, Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 172-2008/C, pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 3/2008, p. 1050
  • Giovanni Rizzi, Studio n. 521- 2011/C La disciplina sull'edilizia residenziale convenzionata dopo il decreto sullo sviluppo 2011 approvato dalla Commissione studi civilistici del C.N.N. il 20 ottobre 2011, pubblicato in CNN Notizie del 26 gennaio 2012;
  • Giovanni Rizzi, Studio 521-2011/C-Integrazione Ulteriori considerazioni in tema di edilizia residenziale convenzionata (ad integrazione dello studio 521-2011/C approvato dalla Commissione studi civilistici del C.N.N. il 17 gennaio 2013, pubblicato in CNN Notizie del 14 maggio 2013
  • Giovanni Rizzi, Le novità in materia di edilizia residenziale convenzionata, pubblicato il 15 gennaio 2019 su Federnotizie
  • Massimo Caccavale, Acchiapp' a PEEP!, pubblicato l' 8 luglio 2022 su Federnotizie
  • Roberto Ferrazza, Le Sezioni Unite sull'edilizia residenziale convenzionata, pubblicato l'8 febbraio 2023 su Federnotizie
  • Giovanni Maria Plasmati, La determinazione del prezzo di cessione degli alloggi e relative sanzioni in caso di inosservanza, in Rivista del Notariato n. 2/2015, p. 411 e ss.
  • Roberto Ferrazza, Convenzioni con diritto di superficie e convenzioni con diritto di proprietà, pubblicato il 24 gennaio 2018 su Federnotizie
  • Roberto Ferrazza, Edilizia convenzionata “Peep”: spunti di riflessione sulla Legge 136/2018, pubblicato il 17 aprile 2019 su Federnotizie
  • Roberto Ferrazza, Vincolo di prezzo massimo di cessione e convenzioni ex art. 35 L. 865/1971 con dirittto di proprietà stipulate entro il 31.12.1996, pubblicato il 18 settembre 2017 su Federnotizie
  • Roberto Ferrazza, Edilizia Convenzionata: Note di commento alla ordinanza del Tribunale di Roma del 17.04.2018, pubblicato il 23 maggio 2018 su Federnotizie
  • Massimo Saraceno, Dalla nullità all'inefficacia parziale delle vendite di immobili di edilizia residenziale pubblica a prezzo eccedente quello massimo: un'ipotesi applicativa, pubblicato il 16 febbraio 2022 su Federnotizie
  • Giovanni Rizzi, Non c'è pace per l'edilizia convenzionata, pubblicato il 27 maggio 2022 su Federnotizie
  • Clara Trimarchi, Pubblicato il Regolamento per la rimozione dei vincoli di prezzo sugli immobili in regime di edilizia convenzionata, pubblicato il 23 maggio 2018 su Federnotizie
  • Giovanni Rizzi, Nuova pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione in tema di edilizia convenzionata, in Notariato 5/2022, p. 490 e ss.
  • Sergio Sideri, Edilizia, Urbanistica e circolazione immobiliare nell'attività notarile, Giuffré Francis Lefebvre, 2022
  • Gian Marco Antonelli, L'edilizia residenziale pubblica. Schemi e soluzioni operative, Editoriale Scientifica, 2020
  • Gian Marco Antonelli, La circolazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica. Cacucci editore Bari, 2022
  • Gian Marco Antonelli, L'edilizia convenzionata alla luce dell'ultimo intervento delle Sezioni Unite della Cassazione, in Notariato 1/2023, p. 16 e ss.
  • Gian Marco Antonelli, Affrancazione degli alloggi di edilizia convenzionata. Una nuova svolta, in Notariato 4/2022, p. 331 e ss.

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