La forte conflittualità tra i figli giustifica la nomina di un terzo estraneo quale amministratore di sostegno del genitore
02 Luglio 2024
Massima In tema di nomina dell’amministratore di sostegno, qualora sia accertato che sussista un conflitto endo-familiare che, in quanto fonte di stress e di disagi, non garantisca un’adeguata rete protettiva per il beneficiario, diretta a preservarne gli interessi personali e patrimoniali, trova fondamento la nomina, quale amministratore, di un estraneo al nucleo familiare il cui compito primario consisterà nella ricostituzione della necessaria rete protettiva, in funzione della migliore cura degli interessi del beneficiario. Il caso Tizio ha proposto reclamo avverso il decreto del giudice tutelare del Tribunale di Ragusa che ha rigettato l'istanza di nomina di un amministratore di sostegno in favore della madre ultranovantenne. La Corte d'Appello di Catania ha accolto il gravame disponendo a favore della signora - affetta da problemi di deambulazione e patologie che ne limitavano la capacità di gestire autonomamente il suo ingente patrimonio mobiliare e la rendevano parzialmente incapace di provvedere alla cura dei propri interessi – l'apertura dell'amministrazione di sostegno, nominando quale amministratore a tempo indeterminato una persona esterna alla rete familiare. La Corte d’Appello aveva rilevato l'esistenza di una radicata conflittualità tra i due figli della donna, appurando che detta conflittualità era stata la causa del forte stress della madre implicando la mancanza di una rete di protezione, spontanea e disinteressata, in suo favore. La donna e l'altro figlio hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo, tra i motivi di impugnazione, la piena capacità cognitiva di quest’ultima, l’erroneità della decisione dei Giudici di merito nell’aver ritenuto il conflitto tra fratelli la causa della mancanza di una rete familiare a tutela della madre giusta anche la procura generale da lei conferita al figlio minore per gestire il suo patrimonio nonché il contrasto tra la nomina dell’ADS con la volontà della stessa. La Suprema Corte di cassazione, con ordinanza n. 13612/2024 ha dichiarato inammissibile il ricorso rilevando che, qualora dovesse essere accertata la sussistenza un conflitto endo-familiare che non garantisca un’adeguata rete protettiva per il beneficiario, diretta a preservarne gli interessi personali e patrimoniali, è giustificata la nomina, quale amministratore, di un soggetto estraneo al nucleo familiare. La questione La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, affronta in modo analitico i presupposti per l’applicazione della misura dell’amministrazione di sostegno esaminando in particolar modo il caso del nucleo familiare conflittuale. Le soluzioni giuridiche 1. I presupposti per la nomina dell'amministrazione di sostegno. La ratio della normativa . L'art. 404 c.c. disciplina la misura di protezione dell'amministrazione di sostegno (introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6) prevedendo la sua applicazione nei confronti della persona «che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi». Occorre dunque un duplice requisito per l'applicazione della misura: a) un requisito soggettivo che si manifesta nella sussistenza di un'infermità fisica o psichica e perciò la compromissione del normale funzionamento dell'organismo. La formulazione dell'art. 404 c.c. è volutamente ampia, in modo da ricomprendere qualsiasi patologia fisica o psichica, come pure qualsiasi condotta (es. abuso di sostanze) tale da rendere opportuna la nomina di un amministratore di sostegno. Ciò trova conferma alla luce delle peculiarità della misura che si presenta meno invasiva rispetto agli altri istituti normativamente previsti (interdizione e inabilitazione), in quanto il beneficiario conserva per tutti gli atti per i quali il giudice non imponga la rappresentanza o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno, la piena capacità di agire. b) un requisito oggettivo che riguarda l'incidenza della predetta menomazione sulla capacità del soggetto di provvedere ai propri interessi da intendersi come attitudine a curare adeguatamente i propri affari patrimoniali e personali. Deve sussistere, pertanto, un nesso di interdipendenza e causalità tra la menomazione e l'impossibilità di provvedere ai propri interessi. Solo sussistendo, infatti, una tale correlazione (causa-effetto) potrà essere disposta l'apertura dell'Amministrazione di Sostegno, evitando così applicazioni generalizzate della disciplina che certamente non corrispondono allo spirito della legge la quale ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. L'ordinanza in commento chiarisce, infatti, che la misura dell'ADS non richiede che il soggetto versi in uno stato di incapacità di intendere e volere essendo sufficiente che sia priva in tutto o in parte di autonomia, a causa di una menomazione di natura mentale o solo fisica (anche del tutto temporanea) che le precluda di provvedere ai propri interessi (Cfr. Cass. 12998/19; Cass. 13929/2014). Al contrario è da escludersi il ricorso alla misura laddove la persona, pur affetta da una menomazione fisica, sia capace di autodeterminarsi. 2. L'accertamento che deve compiere il Giudice I due requisiti, soggettivo e oggettivo, sopra indicati devono coesistere ed essere accertati dal Giudice. L'ordinanza in commento chiarisce infatti che “le caratteristiche dell'istituto impongono, in linea con le indicazioni provenienti dall'art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge sia compiuto in maniera specifica e focalizzata rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario e anche rispetto all'incidenza di tali condizioni sulla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi, perimetrando i poteri gestori dell'amministratore in termini direttamente proporzionali a entrambi i richiamati elementi, di modo che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona. In tale quadro, le dichiarazioni del beneficiario e la sua eventuale opposizione, soprattutto laddove la disabilità si palesi solo di tipo fisico, devono essere opportunamente considerate, così come il ricorso a possibili strumenti alternativi dallo stesso proposti, ove prospettati con sufficiente specificità e concretezza” (cfr. Cass. civ. n. 10483/2022). 3. Il diritto del beneficiario di esprimere la propria opinione Partendo dal dato normativo nazionale (art. 407, comma 2, c.c.) e sovranazionale (artt. 1 e 2 l. 3 marzo 2009, n. 18, di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata a New York del 13.12.2006) l'audizione personale del beneficiario dell'amministrazione di sostegno rappresenta un adempimento essenziale della procedura in esame, non solo perché rispettoso della dignità della persona che vi sia sottoposta in ragione di una qualche disabilità, ma anche perché funzionale alla realizzazione dello scopo dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, che è quello di accertare la ricorrenza dei relativi presupposti in maniera specifica e circostanziata, sia rispetto alle concrete – e attuali – condizioni di menomazione fisica o psichica del beneficiario, sia rispetto alla loro incidenza sulla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, al fine di perimetrare i poteri gestori dell'amministratore in termini direttamente proporzionati ad entrambi i menzionati elementi, dovendo la misura risultare funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona. È dunque evidente che a tali fini va accertata la volontà del beneficiario, le cui dichiarazioni, opposizioni o preferenze devono essere scrupolosamente registrate e valutate dal giudice (Cfr. Cass. civ. sez. I, 19 gennaio 2023, n. 1667; Cass. civ. sez. un., 30 luglio 2021, n. 21985; Cass. civ. sez. I, 31 marzo 2022, n. 10483; Cass. civ. sez. I, 1 settembre 2022, n. 25855). Nell'ordinanza in commento la Corte di cassazione ribadisce l'importanza che l'interessato possa esprimere il suo punto di vista chiarendo altresì che il suo diritto di essere informato e di manifestare la sua opinione costituisce uno “spazio di libertà incomprimibile” anche nei casi in cui venga fortemente limitata la sua incapacità. D'altronde l'audizione è funzionale allo scopo dell'istituto, che consiste anche nel perimetrare i poteri gestori alle effettive esigenze del beneficiario dell'amministrazione. Solo così il Giudice potrà stabilire quali provvedimenti adottare e come circoscrivere i poteri gestori dell'amministratore. Infatti, la misura dei poteri dell'amministratore va graduata in modo proporzionale alle necessità dell'amministrato, altrimenti essi si tradurrebbero in un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona. A tale scopo, è, quindi, dirimente accertare la volontà del beneficiario e le sue dichiarazioni di opposizione e/o preferenza (Cass. 21887/2022; Cass. 10483/2022). L'art. 407 commi 2 e 3 c.c. dispone l'audizione del beneficiario, nonché l'assunzione delle informazioni necessarie e prevede che siano sentiti i soggetti indicati dall'art. 406 c.c. (ossia il coniuge, il convivente, i familiari entro il quarto grado, gli affini entro il secondo). Tale disposizione è in linea con quanto disposto dalla Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità (art. 12.4) che reca come scopo la promozione e la protezione del pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, rispettando la loro dignità personale. 4. La nomina di un terzo quale ADS in caso di accertato conflitto endofamiliare Il diritto dell'interessato di esprimere le proprie volontà deve comunque essere sempre controbilanciato con la necessità di trovare una soluzione che sia realmente rivolta al suo benessere e non semplicemente alla migliore amministrazione dei suoi beni. La Corte di Cassazione chiarisce, infatti, nell'ordinanza in commento che la nomina dell'amministratore non è preclusa dalla circostanza che sia stato in precedenza nominato un rappresentante volontario, dovendo in tali casi il giudice valutare attentamente se sia preferibile, nell'interesse del beneficiario, assecondare comunque la sua precedente volontà, mantenendo ferma la scelta della persona cui egli ha affidato la cura dei propri interessi, oppure scegliere una persona diversa, avendo l'onere, in tale ultima ipotesi, di offrire una motivazione rafforzata inerente alle ragioni della diversa scelta (Cass., n. 3600/2024). La legge, all'art. 408 c.c., è chiara nell'affermare che l'Amministratore di sostegno deve essere scelto con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi del beneficiario. La norma citata indica altresì i criteri a cui il Giudice deve fare riferimento per la scelta dell'Amministratore di sostegno: -nomina espressa dallo stesso interessato, mediante designazione anticipata; -preferenza da accordare, ove possibile, ai familiari, indicati nei seguenti soggetti: il coniuge non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il 4° grado, il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata; -solo ove ricorrano gravi motivi, la nomina di una persona esterna alla cerchia familiare. Riguardo alla nomina dei familiari, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che non vi sia tra i soggetti elencati un ordine preferenziale, atteso che la legge riconosce al Giudice un'ampia discrezionalità nella scelta della persona più idonea a svolgere le funzioni di Amministratore di sostegno. Tuttavia è innegabile che nell'applicazione di tali criteri la scelta del Giudice deve essere sempre orientata a garantire la migliore tutela del soggetto amministrato. Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha ritenuto che la nomina quale ADS della donna di persona estranea alla famiglia, vista la conflittualità radicata tra i figli, non contrastasse con il disposto dell'art. 408 c.c. né tanto meno rappresentasse una violazione del suo diritto all'autodeterminazione trattandosi di soluzione funzionale ad apprestare la migliore tutela all'amministrata. Osservazioni La pronuncia in commento è condivisibile in ragione delle peculiarità dell'istituto dell'amministrazione di sostegno nonché della ratio per cui tale istituto è stato previsto dal legislatore. In primo luogo la Corte ha fatto corretta applicazione dei principi in materia richiamati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità. È stato stabilito che anche il semplice deficit della memoria semantica e dichiarativa della persona,pur in assenza di una compromissione delle sue facoltà cognitive, può giustificare il riconoscimento in suo favore della misura dell'amministrazione di sostegno. Tale impostazione non pare censurabile tenuto conto che i deficit della memoria implicano anche difficoltà a gestire in sicurezza gli interessi di natura personale e anche patrimoniale per la dimenticanza di scadenze importanti o magari anche per la duplicazione di operazioni già eseguite. La Corte di cassazione ha ribadito inoltre che nella scelta del soggetto al quale demandare la cura degli interessi del beneficiario deve essere sempre tenuto in debita considerazione il contesto familiare. L'elenco dei soggetti individuati dall'art. 408 c.c. che possono ricoprire l'incarico di amministratore di sostegno non può, quindi, ritenersi tassativo potendo la scelta ricadere non solo tra quelle persone che sono legate affettivamente al beneficiario, ma anche su professionisti esterni al nucleo familiare laddove ricorrano gravi motivi come ad esempio la sussistenza di conflitti endofamiliari che alimentano all'interno del nucleo familiare un clima di quotidiana tensione, stress e di diminuzione dell'armonia. La nomina di un terzo pare certamente ragionevole in tali casi posto che la scelta dell'Amministratore di sostegno avviene con esclusivo interesse alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Obiettivo questo che sarebbe difficilmente perseguibile dal familiare invischiato in conflitti all'interno della famiglia. L'animosità fra i familiari può compromettere, infatti, sin dal momento della nomina, la serenità e l'indipendenza delle scelte dell'amministratore di sostegno, qualora fosse individuato all'interno del nucleo. Una volta accertata la presenza di accesa conflittualità interna alla famiglia, la soluzione che consenta di amministrare gli interessi del beneficiario con la dovuta imparzialità non può, quindi, che essere rappresentata dalla nomina quale ADS di una persona terza. Del resto, tale impostazione ha già trovato più volte avvallo da numerose pronunce della giurisprudenza di legittimità secondo cui quando il nucleo familiare è contrassegnato da lacerazioni interne che causano una rottura delle relazioni, delle comunicazioni famigliari, nonché danno luogo a una cultura del “sospetto” che, spesso, ricade attorno ai patrimoni dei congiunti, la nomina non può che ricadere su un amministratore esterno pur essendovi diversi familiari disponibili (Cfr. Cass. civ., sez. I, n. 14190/2013; Cass. civ. sez. I, n, 19971/2008; Cass. civ., sez. I n. 19596/2011, Cass. civ. sez. I. n. 6861/2013; Trib. Varese sent., 28 giugno 2012). Solo quest'ultimo, in tali casi, può efficacemente garantire la tutela degli interessi, delle necessità e dei bisogni del beneficiario che potrebbero altrimenti essere messe in secondo piano dal contrasto fra i familiari. È raccomandabile, in conclusione, proprio in virtù della natura stessa dell'istituto, che la scelta dell'ADS da parte del Giudice tenga conto delle specificità del caso concreto e dei bisogni dell'interessato che si tratta di soddisfare. |