Provvedimenti sanzionatori dell’Autorità antitrust: aspetti sostanziali e novità sulla posizione processuale dei concorrenti-denunzianti

05 Luglio 2024

La sentenza in commento ribadisce il quadro concettuale in cui si inserisce l'attività dell'Autorità antitrust, con profili parzialmente innovativi riguardo alla posizione processuale dei concorrenti-denunzianti.

Massima

L'azione svolta dall'Autorità antitrust, in caso di applicazione degli artt. 2 e 3 della legge 241/1990 e/o degli artt. 101 e 102 TFUE, rientra nella categoria dei procedimenti sanzionatori esecutivi, in quanto i provvedimenti adottati all'esito dell'istruttoria hanno prioritariamente finalità conformativa dell'attività economica privata, con esercizio di un potere di natura ablatoria personale, volto anzitutto ad eliminare la turbativa dell'interesse pubblico causato dall'infrazione.

I provvedimenti de quibus sono atti di amministrazione attiva, finalizzati alla cura dell'interesse pubblico alla concorrenzialità del mercato, rispetto ai quali sia l'impresa direttamente destinataria della decisione sia quelle concorrenti vantano un interesse legittimo azionabile in giudizio.

Il successivo ed eventuale momento retributivo-afflittivo è espressione di un potere sanzionatorio puro, rispetto al quale solo il destinatario della sanzione è titolare di un diritto soggettivo.

L'accoglimento del ricorso presentato da un concorrente-denunziante avverso un provvedimento ex art. 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 non comporta necessariamente l'annullamento ex tunc o ex nunc dell'atto impugnato, in particolare allorquando la sua rimozione creerebbe una situazione fattuale contrastante con gli interessi dello stesso.

Il giudice può limitarsi alla declaratoria del dovere di rinnovazione del procedimento di esercizio del potere, con la conseguenza che l'efficacia dell'atto gravato persisterà fino alla modifica o sostituzione dello stesso da parte dell'Autorità.

Il caso

Il provvedimento dell'Autorità contestato in giudizio

La controversia riguardava l'impugnazione di un provvedimento sanzionatorio dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (“Agcm” o “Autorità”), che contestava una condotta illecita di due società del gruppo D. (ossia D.l. e D.m.s. s.r.l.) e T. consistente nella stipula di alcune clausole contrattuali, contenute nel c.d. deal memo del 27 gennaio 2021, intercorso tra le parti, ed avente ad oggetto i diritti per la trasmissione degli incontri calcistici.

In particolare, l'Autorità ha osservato in premessa che detti diritti costituiscono un contenuto di primissimo rilievo nell'offerta dei servizi audiovisivi, il cui possesso è idoneo a determinare una posizione di assoluto vantaggio concorrenziale in tale mercato, in particolare per l'operatore che abbia la possibilità di associare alle proprie offerte per la connettività online anche la diretta dell'evento sportivo.

In tale contesto, considerato che D. intendeva aggiudicarsi e poi si aggiudicava i diritti sulla predetta trasmissione, le clausole contrattuali del deal memo che riservavano a T. la possibilità di fornire la fruizione dei contenuti calcistici risultavano in grado di escludere gli altri operatori di comunicazioni elettroniche, impediti ad offrire un servizio paragonabili e risultavano quindi contrarie all'art. 101 TFUE.

In aggiunta, l'Agcm ha rilevato come il complesso delle pattuizioni del deal memo avrebbe determinato un'ulteriore restrizione tecnologica, atteso che, da un lato, D. non avrebbe avuto alcun incentivo all'implementazione dell'infrastruttura (provvedendo a ciò in via autonoma T.) e, dall'altro, gli operatori concorrenti non avrebbero avuto interesse a sviluppare proprie soluzioni, essendo loro vietato sia installare sui propri dispositivi l'app D. sia promuovere con offerte ad hoc il servizio D.

Inoltre, l'Autorità ha sottolineato come l'intesa avrebbe radicalmente precluso a D. qualsiasi distribuzione dei propri contenuti sportivi tramite canali differenti da live streaming (es. d.t.h. o d.t.t.) risultando totalmente compresse le opzioni commerciali in relazione ad altre piattaforme tecnologiche.

Viepiù, l'Autorità ha evidenziato come solamente il proprio tempestivo intervento nel luglio del 2021 avrebbe evitato conseguenze pregiudizievoli per la concorrenza. Particolarmente rilevanti, in tale contesto, sarebbero stati sia la parziale sospensione dell'efficacia delle clausole di esclusiva, sia il divieto di ulteriori partnership con operatori telefonici concorrenti di T.

Pertanto, secondo l'Agcm, l'intesa illecita avrebbe avuto una durata limitata all'agosto 2021, con effetti per lo piú potenziali, sterilizzati in massima parte dall'attuazione spontanea delle misure presentate durante il sub-procedimento cautelare.

La questione

Il quadro concettuale e le diverse posizioni dei ricorrenti

Sollevavano censure avverso il menzionato provvedimento sia D. nella suddetta doppia veste, sia T., nonché, per motivi opposti, gli operatori concorrenti Sky e Fastweb, che richiedevano di valutare le predette condotte in una più severa ottica.

Per inquadrare le opposte domande, in premessa, il Tribunale esprime alcune considerazioni di ordine generale sul potere esercitato dall'Autorità per mezzo del provvedimento gravato, chiarendo che l'azione svolta dall'Agcm ai sensi dell'art. 15 l. n. 287/1990 rientra nella categoria dei procedimenti c.d. «sanzionatori esecutivi». Difatti, i provvedimenti dell'Autorità non hanno solamente finalità lato sensu retributive (o afflittive), bensí anche di conformazione dell'attività economica privata, risultando anzi quest'ultimo scopo addirittura prioritario (in quanto l'art. 15 l. n. 287/1990 indica prioritario il ristabilire la concorrenzialità del mercato), mentre la sanzione pecuniaria assume invece carattere succedaneo ed eventuale. Pertanto, l'atto conclusivo dell'istruttoria deve qualificarsi (anche) come «ordine repressivo»: difatti, una volta accertata la menzionata infrazione, l'Agcm potrà imporre (rectius, ordinare) quelle misure reputate idonee a rimuovere le cause (nonché le conseguenze) della turbativa, anche mediante la semplice prescrizione di non ripetizione della condotta.

Nel momento in cui, poi, venga anche comminata una sanzione pecuniaria, il provvedimento conclusivo riunisce in un unico atto l'esercizio di due distinte potestà, ambedue repressive: da un lato quella sanzionatoria stricto sensu (o pura); dall'altro, quella ablatoria costrittiva.

In tale contesto, oltre alle interessanti tematiche evidenziate dalle imprese sanzionate al fine di ottenere l'annullamento della sanzione (con particolare riguardo agli aspetti “pro-competitivi” dell'intesa in parola), si poneva la questione della ammissibilità dei ricorsi delle imprese denunzianti-concorrenti rispetto al provvedimento emanato dall'Autorità, ritenuto non sufficientemente favorevole, sia quanto al profilo sanzionatorio sia quanto a quello ablatorio-costrittivo.

Le soluzioni giuridiche

La definizione del gravame, la legittimazione e l'interesse dei concorrenti

Le doglianze delle società ricorrenti sanzionate (le due D. e T.) venivano respinte in quanto, in sintesi estrema:

i) era reputata tempestiva l'azione dell'Agcm che iniziava il procedimento 13 giorni dopo avere acquisito il deal memo (per cui non era necessaria una sospensione impropria del processo in attesa del pronunciamento della Corte di giustizia UE investita da TAR Lazio, sez. I, ord., 1° agosto 2023, n. 12962 – causa C-511/23, della questione relativa alla applicabilità del termine decadenziale di novanta giorni di cui all'art. 14 l. 689/1981 ai procedimenti antitrust);

ii) l'intesa era stata correttamente qualificata dall'Autorità come restrittiva per oggetto, atteso che lo scopo precipuo dell'accordo era pacificamente quello di escludere una serie di concorrenti sia dal mercato delle pay tv sia da quello delle comunicazioni elettroniche, e comunque si puntava ad un notevole incremento della domanda di connessioni internet in fibra ultraveloce a danno dei concorrenti negli altri settori;

iii) l'Agcm aveva comunque fornito piena prova anche degli effetti (quanto meno potenziali) di natura anticoncorrenziale dell'intesa, risultando irrilevante che in concreto le conseguenze economiche non sarebbero state favorevoli alle parti dell'intesa nella misura attesa;

iv) ferma la legittimità delle clausole contrattuali finalizzate a tutelare un particolare alleato commerciale che fornisce o ha fornito la provvista economica indispensabile per l'aggiudicazione di un diritto di privativa industriale o commerciale, va osservato come nel caso in esame esse erano finalizzate all'esclusione dal mercato di tutti gli altri concorrenti sia dell'aggiudicatario, sia del partner, realizzando la possibilità di offrire un servizio non replicabile;

v) l'analisi controfattuale proposta dalle società ricorrenti non inficerebbe il provvedimento gravato perché, se è plausibile che in assenza dell'accordo T.-D., la gara per i diritti tv sarebbe stata nuovamente vinta da Sky, tuttavia in tale ipotesi il quadro regolamentare avrebbe impedito di accentrare in tale operatore tutta la trasmissione dei contenuti calcistici, mentre con la condotta sanzionata si mirava sostanzialmente alla traslazione di una posizione dominante da Sky a D. e T.;

vi) l'attuazione di (efficaci) misure volontarie a seguito del procedimento cautelare dell'Agcm confermerebbe il suvvisto quadro, essendo state individuate soluzioni tecniche adeguate alle incrementali richieste di trasmissione dati che in origine le società sanzionate non consideravano rilevanti, in quanto si supponeva che i dati transitassero in gran parte sull'infrastruttura gestita da T.;

vii) T. non poteva considerarsi quale unico soggetto avvantaggiato dall'intesa, in quanto D. risultava essere la società che otteneva il vantaggio economico maggiore;

viii) non poteva applicarsi l'esenzione prevista dal regolamento UE in materia di restrizioni verticali perché l'intesa era da qualificare quale orizzontale, operando sia D. sia T. nel mercato della fornitura dei servizi audiovisivi; in ogni caso, le restrizioni poste dal deal memo non avrebbero potuto giustificare un'esenzione ai sensi del regolamento europeo, perché nel mercato della connettività T. detiene una quota superiore al 40%; nemmeno poteva applicarsi l'esenzione individuale ex art. 101, par. 3 TFUE perché non sussisteva la condizione della riserva agli utilizzatori di una parte dei benefici ottenuti grazie all'intesa, visto che le possibili combinazioni di fruizione sarebbero comunque risultate ridotte rispetto al periodo precedente;

ix) non sussistevano i presupposti per accogliere le censure di D. e T. avverso i criteri individuati dall'Autorità ai fini sanzionatori.

Esaurito l'esame dei ricorsi di D. e di T., il Collegio passa allo scrutinio di quelli di Sky e Fastweb.

A tale riguardo, procedendo nella presente sede alla ricognizione sommaria della sentenza, può evidenziarsi che:

i) è dichiarata inammissibile la richiesta di rideterminazione in peius della sanzione pecuniaria irrogata a T. e D., perché trattasi di domanda afferente all'esercizio del potere sanzionatorio puro (ossia meramente afflittivo) a fronte del quale il sanzionato è titolare di una posizione giuridica di diritto soggettivo e l'interesse del segnalante è di mero fatto, insuscettibile di tutela giurisdizionale, oltre che sguarnito di interesse immediato diretto e attuale;

ii) per i restanti motivi di doglianza i ricorsi vengono considerati ammissibili, avendo le predette società partecipato al procedimento amministrativo e sussistendo un interesse differenziato al corretto esercizio del potere repressivo, che è manifestazione di una potestà di cura diretta dell'interesse pubblico da cui consegue che la posizione sia dei destinatari dell'ordine sia delle società concorrenti risulta qualificabile come interesse legittimo (sebbene mirante a beni della vita contrapposti);

iii) sono reputate infondate le censure volte a dichiarare l'illiceità dell'intero accordo e non di singole clausole dello stesso, in quanto di per sé un accordo volto a partecipare a una gara per ottenere un diritto esclusivo non può essere considerato illecito, mentre è vietata la condotta che vada oltre il menzionato obiettivo;

iv) viene ritenuto invece sussistente il vizio di contraddittorietà (quale figura sintomatica dell'eccesso di potere) del provvedimento impugnato, atteso il contrasto tra la comunicazione delle risultanze istruttorie e la decisione finale, ritenendo la prima che l'intesa vietata abbia inciso sul mercato dal 27 gennaio 2021 al 4 agosto 2022, mentre il provvedimento finale circoscrive l'infrazione al periodo che va dal 1° luglio 2021, data in cui ha avuto inizio la commercializzazione dei diritti sulla base del deal memo, sino all'agosto 2021, data in cui sono state implementate le misure adottate spontaneamente da T. e D. nell'ambito del sub-procedimento cautelare; difatti, elevare a noyau dur della violazione l'esclusiva in favore di T. imporrebbe logicamente di considerare l'infrazione sussistente per tutto il tempo in cui essa è rimasta in vigore, e fintantoché sono rimaste perduranti le criticità tecniche che potevano determinare una discriminazione tra gli operatori dei mercati considerati.

A tale riguardo, secondo la sentenza in commento, l'Autorità non ha chiarito se il contegno mantenuto da T. nell'autunno 2021 potesse considerarsi puntuale implementazione delle misure volontarie (conclusione che contrasterebbe con la comunicazione delle risultanze istruttorie).

Similmente, non è stato specificato se il mancato rispetto delle misure volontarie sarebbe stato o meno idoneo a garantire il corretto svolgimento della concorrenza nel mercato.

Osservazioni

Profili parzialmente innovativi e questioni teoretiche

La decisione in parola è ampiamente e pregevolmente motivata.

Vista la sua complessità non è possibile in questa sede esprimere un commento funditus, può soltanto notarsi sinteticamente, ab externo e in chiave meramente elucubrativa, quanto segue.

Qualche interrogativo suscita la qualificazione della contraddittorietà del provvedimento alla stregua di un elemento sintomatico dell'eccesso di potere, trattandosi piuttosto, almeno nella misura in cui si risolva anche in un elemento irragionevole ed in una carenza di motivazione (come appunto viene riconosciuto in sentenza), di una violazione di legge (art. 97 Cost., artt. 1 e 3 l. n. 241/1990).

Il riconoscimento della legittimazione al ricorso delle imprese concorrenti rispetto ad un provvedimento che comunque accerta una infrazione appare parzialmente innovativo, seppure in linea con il diritto unionale e coerente con i precedenti giurisprudenziali. Difatti, per lo più questi ultimi afferivano a fattispecie in cui era contestata una archiviazione operata dall'Autorità o comunque un provvedimento totalmente o parzialmente assolutorio, in cui le parti lesive dell'interesse dei concorrenti-denunzianti erano chiaramente scindibili da quelle con le quali veniva accertata una infrazione (e.g. Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2022, n. 538).

Il carattere qualificato e diversificato che caratterizza la posizione dei concorrenti potrebbe forse essere argomentato anche nell'ottica della pienezza e della effettività della tutela exartt. da 1 a 3 del c.p.a. ed alla luce del privilegio probatorio che gli accertamenti dell'Autorità hanno nei giudizi risarcitori.

Infatti, la rilevanza dell'interesse ad un successivo risarcimento (anche in altra sede) nell'ambito della valutazione dell'interesse al ricorso, lungi dall'essere un elemento “impuro” del giudizio di legittimità presso il giudice amministrativo, rientra nella fisiologia dello stesso (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 13 luglio 2022, n. 8).

La ragione della rilevata discrasia tra comunicazione risultanze istruttorie e provvedimento finale quanto alla durata dell'intesa può forse ipotizzarsi che trovasse fondamento, agli occhi dell'Autorità ed a prescindere dalla correttezza o meno di questa prospettiva, nella considerazione (probabilmente rimasta implicita o non pienamente esplicitata e coerente nelle motivazioni del provvedimento) che l'intesa realizzava comunque un obiettivo meritevole di tutela, ossia il superamento della posizione di vantaggio “storica” di Sky.

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