Danno da mancata aggiudicazione: profili processuali e sostanziali dell’azione risarcitoria
05 Luglio 2024
La fattispecie. Un'impresa, illegittimamente pretermessa dall'aggiudicazione di un contratto di fornitura di beni, agisce in giudizio per il riconoscimento dei danni derivanti dai provvedimenti di esclusione e di aggiudicazione in favore di altro operatore, annullati con pronuncia del Consiglio di Stato che aveva riconosciuto la titolarità della ricorrente alla aggiudicazione della commessa. L'azione risarcitoria, comprendente la richiesta del riconoscimento del lucro cessante, del danno emergente, del danno curricolare, del danno all'immagine e del danno per altre voci (nella specie, veniva chiesta la restituzione delle spese legali), viene ad essere radicata a valle della intervenuta pressoché completa esecuzione della fornitura in capo all'aggiudicatario controinteressato, vale a dire nella impossibilità (materiale) di un subentro della interessata nel contratto. La decisione. La pronuncia del TAR Lazio qui in esame si connota per una ampia e approfondita ricostruzione dei presupposti processuali e sostanziali dell'azione risarcitoria da mancata aggiudicazione. Nel respingere, in primo luogo, l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Amministrazione resistente, che contestava alla ricorrente di avere omesso di agire per ottenere, in sede di ottemperanza, la pronuncia di illegittimità della nota con cui la Stazione Appaltante aveva reso noto di non poter disporre il subentro (perché il contratto illegittimamente aggiudicato ad altri era stato medio tempore eseguito), il TAR rammenta che nella materia dei contratti pubblici vige l'ordinario principio dispositivo, in forza del quale è rimessa all'impresa pregiudicata la opzione tra tutela in forma specifica e tutela per equivalente. Il che, nel caso all'esame del Tribunale, implica che, a fronte della esecuzione integrale della commessa, alla ricorrente non restava altra opzione che l'azione per il ristoro economico per equivalente, da ritenersi, per tale ragione, correttamente interposta. Quanto al merito della domanda: il TAR richiama e assume a propri gli insegnamenti della recente pronuncia del Consiglio di Stato (sez. V, 2 gennaio 2024, n. 26), rammentando che: a) nel danno da mancata aggiudicazione non vi è necessità di valutare la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, trattandosi di responsabilità di tipo “funzionale compensativo-surrogatoria”; b) il danneggiato ha l'onere di dimostrare i presupposti della richiesta, sia nell'an che nel quantum e ciò perché opera con pienezza il principio dispositivo; c ) il danno emergente, di regola (vale a dire salvo le ipotesi di trattative inutili), non è riconoscibile perché le spese sostenute per la partecipazione alla gara restano a carico della parte che decida di concorrere (il relativo riconoscimento concretizzerebbe un'ipotesi di arricchimento senza causa); d ) quanto al lucro cessante, in esso sono da ricomprendersi il mancato profitto, da calcolarsi muovendo dall'offerta concretamente predisposta dall'operatore illegittimamente pretermesso dall'aggiudicazione (senza, dunque, la possibilità di ricorrere a riconoscimenti fortettari, prospettabili unicamente in caso di oggettiva impossibilità o estrema difficoltà di dimostrare il concreto ammontare del danno) e dando la prova della immobilizzazione di mezzi e personale in altri lavori. Ove, infatti, manchi tale prova, vale la presunzione per cui chi partecipa alle gare non tiene per tal ragione ferme tutte le proprie risorse, sicché nel computo mancato profitto è da decurtarsi quanto percepito o ipoteticamente percepibile altrove; e) anche il danno curricolare, inteso come danno all'immagine e al prestigio professionale, deve essere rigorosamente dimostrato; f ) infine, il danno da mancata aggiudicazione è da considerarsi debito di valore, soggetto a rivalutazione monetaria e interessi legali. I principi così richiamati, applicati al caso di specie, conducono il TAR al parziale accoglimento della domanda attorea. Muovendo dalla constatazione che il fatto costitutivo dell'illecito sussiste perché era stata definitivamente accertata in sede giurisdizionale la illegittimità della esclusione e della aggiudicazione ad altra impresa; e preso atto che tale fatto è in rapporto di causalità diretta con la mancata aggiudicazione della commessa alla ricorrente, la quale, peraltro, si era sempre tempestivamente attivata per evitare il danno (atteso il ricorso alla tutela giurisdizionale anche di tipo cautelare), il Tribunale riconosce dovuto il danno da lucro cessante, ma in un ammontare diverso da quanto oggetto di domanda. Interessante è l'apprezzamento svolto dal Giudice sulla relazione peritale asseverata prodotta dall'interessata a comprova dell'ammontare dell'utile che avrebbe ritratto se avesse eseguito il contratto: il TAR considera non soddisfatto, suo tramite, l'onere della prova per la inattendibilità dei costi indicati nella relazione, riportati senza alcuna spiegazione della loro origine e senza che nessuna documentazione contabile fosse stata prodotta a supporto delle cifre esposte. Inoltre, il Tribunale rileva la mancata considerazione delle spese generali e la mancata prova circa la immobilizzazione del personale e dei mezzi. Il che conduce il Giudicante alla rideterminazione del danno, in una somma equitativamente liquidata nel quaranta per cento dell'utile che l'interessata avrebbe potuto trarre. Infine, il Collegio respinge la richiesta di rifusione delle spese legali, perché esse erano state compensate nei corrispondenti gradi di giudizio, che costituisco l'unica sede ove tali questioni possano trovare definizione); e parimenti respinta è la domanda di danno curricolare e all'immagine (quest'ultimo, puntualizza il TAR, da intendersi quale voce ricompresa nel primo) per carenza di prova, essendosi l'interessata limitata a domandarne la liquidazione in via equitativa. |